Un attacco frontale, senza precedenti: Procura della Repubblica contro Tar. Sullo sfondo «un insieme di relazioni tra i vari attori privati e istituzionali che getta una luce opaca sull'intera vicenda Tuvixeddu». Il sostituto Daniele Carìa in 24 fittissime pagine scrive perché l'ex Governatore Renato Soru e l'ex assessore alla Pubblica istruzione Carlo Mannoni non hanno abusato del loro ufficio nel voler estendere il vincolo paesistico e perché l'imprenditore Gualtiero Cualbu, il braccio destro dell'ex Soprintendente ai beni archeologici Donatella Salvi e l'ingegnere Valeria Santoni non hanno corrotto nessuno per indirizzare il voto della commissione regionale.
Si limita a citare i fatti il pm, e parte da Cualbu che, un mese prima del deposito, conosceva l'esito del processo davanti al Tar. Lo conosceva in anticipo anche l'avvocato dello Stato Giulio Steri, consigliere regionale e in quel momento difensore della parte avversaria a Cualbu, la Soprintendenza. Del resto, sottolinea il magistrato, Steri ha stretti rapporti anche con l'ex Soprintendente Vincenzo Santoni, l'unico ancora sotto inchiesta per tentato abuso d'ufficio e falso ideologico. I telefoni degli indagati erano sotto controllo, così si è saputo pure che tre giorni prima dell'udienza fissata dal Tar per la discussione sul caso Tuvixeddu Steri aveva chiamato Cualbu per presentargli un magistrato del Tar.
Insomma lo scenario non sembra limpido, anche se non ci sono reati, eccezion fatta per Santoni. L'ex Soprintendente «si era distinto all'interno della Commissione regionale sul paesaggio per una condotta contraria a qualunque forma di rivalutazione del vincolo preesistente arrivando al punto di negare falsamente la sussistenza di numerosi ritrovamenti archeologici, in realtà sottoposti solo a vincolo indiretto o addirittura privi di vincolo dopo il 1997». La figlia di Santoni, Valeria, lavorava per Cualbu ma non c'è la prova di una corruzione, nonostante prima dell'assunzione lo stesso Santoni (difeso da Pierluigi Concas) avesse manifestato rigore nel richiedere che il progetto nel suo complesso fosse supportato da uno studio di impatto ambientale.
L'inchiesta, avviata dopo le denunce di Cualbu (assistito da Agostinangelo Marras) contro Soru (avvocati Giuseppe Macciotta e Carlo Pilia) e Mannoni (difeso da Michele Schirò), ha ripercorso tutte le tappe della vicenda: quella politica con l'imposizione dei nuovi vincoli sul colle dopo il ritrovamento di nuovi importantissimi reperti archeologici, e quella amministrativa con i ricorsi, e le vittorie, di Cualbu al Tar.
E subito il pm esterna «perplessità» circa i rilievi che supportano le decisioni del Tar Sardegna e del Consiglio di Stato, prima di elencare norme, leggi e sentenze ma anche episodi, alcuni dei quali inediti. Come il sopralluogo a Tuvixeddu effettuato dai giudici del Tar: dopo, a proposito dell'esistenza del Colle della Pace, hanno scritto: non si riesce a intravedere nessun panorama né alcuno spettacolo di particolare bellezza. Sul colle di Tuvumannu il bis: la zona si presenta brulla e ha l'aspetto di una cava abbandonata circondata da alti edifici residenziali sorti in oggettivo disordine che ostacolano la visuale verso il colle di San Michele e Monte Claro e che appare priva di qualunque pregio paesistico visivamente apprezzabile. Valutazioni che «attengono palesemente al merito», secondo Caria. Come dire, non sono questioni di cui si debba occupare il Tar.