Per l’amministrazione regionale è la terza batosta nel giro di un anno e segue di pochi mesi la sentenza definitiva con cui il Consiglio di Stato ha bocciato i vincoli disposti per notevole interesse pubblico sull’area circostante al sito archeologico. La legge 45 stabilisce che il provvedimento cautelare trimestrale ora cassato dai giudici di piazza del Carmine non è ripetibile, quindi l’ordinanza firmata ieri mattina dalla seconda sezione presieduta da Rosa Panunzio - consigliere Tito Aru, relatore Antonio Plaisant - dovrebbe chiudere la contesa almeno sul fronte amministrativo. I legali della Regione - Roberto Murroni, Giampiero Contu, Paolo Carrozza e Vincenzo Cerulli Irelli - hanno prodotto in aula il decreto del 12 settembre col quale il sovrintendente ai beni architettonici e paesaggistici Fausto Martino ha annullato due nullaosta concessi dal comune di Cagliari al gruppo Cualbu per l’edificazione di parte delle aree. I giudici l’hanno però ritenuto irrilevante ai fini del giudizio, trattandosi di un’iniziativa esterna alla Regione assunta in autonomia dal ministero dei Beni Culturali e comunque del tutto slegata dal provvedimento di inibizione. Fra l’altro si trattava di copie dei documenti originali, prive delle firme del responsabile del procedimento e del sovrintendente. E’ passata al contrario la linea dei difensori del gruppo Cualbu - Antonello Rossi e Pietro Corda - e di quelli del comune di Cagliari (Ovidio Marras, Marcello Vignolo, Massimo Massa e Carla Curreli) per i quali l’iniziativa cautelare non si reggeva su alcun presupposto: «Il provvedimento cautelare impugnato - hanno scritto i giudici nell’ordinanza - non è assistito da elementi idonei sul piano motivazionale e istruttorio a comprovare la sussistenza di concrete ragioni di urgenza correlate alla protezione degli interessi paesaggistici affidati alle cure della Regione».
La Regione quindi non avrebbe più alcuno strumento per intervenire con provvedimenti di chiusura dei cantieri, che a questo punto restano di competenza del ministero dei Beni Culturali. E’ stato infatti il Consiglio di Stato, nella sentenza di fine luglio, a confermare la possibilità che le sovrintendenze decidano di imporre un nuovo vincolo sull’area oggi edificabile. Un’ipotesi sollecitata nei giorni scorsi anche da Italia Nostra, che ha inserito Tuvixeddu fra i dieci siti italiani di assoluta importanza culturale minacciati dall’aggressione del cemento. E’ poi del 12 settembre scorso il decreto firmato firmato dal sovrintendente ai beni architettonici e paesaggistici Martino, che rilevate una serie di vizi procedurali nei nullaosta paesaggistici concessi dal comune a Coimpresa li ha ritenuti illegittimi. Se le valutazioni di Martino dovessero essere estese all’insieme del quadro autorizzativo in possesso del gruppo Cualbu per Tuvixeddu i cantieri potrebbero essere nuovamente chiusi. Ma a questo punto, con la Regione ormai inerme dopo la sequenza di sconfitte davanti ai giudici amministrativi, tutto dipende dalle decisioni dello Stato.
Ma lo Stato prepara nuovi vincoli
C’è però un’altra speranza all’orizzonte della Regione e delle associazioni ambientaliste che vorrebbero proteggere la necropoli punica di Tuvixeddu dal cemento: il sovrintendente regionale ai beni architettonici e paesaggistici Fausto Martino ha avviato il procedimento per la dichiarazione di interesse culturale di una parte dell’area interessata agli interventi di Coimpresa.
Si tratta del giardino e delle pertinenze di villa Muscas, dove il piano del gruppo Cualbu sostenuto dal comune di Cagliari prevede la realizzazione di un ristorante e di uno spazio ricreativo. Il sito era già protetto dal vincolo indiretto ed è piuttosto lontano dalla zona dei ritrovamenti archeologici. Se però il Ministero deciderà, come l’iniziativa di Martino fa prevedere, di imporre un vincolo diretto per notevole interesse culturale per Coimpresa sarebbe una complicazione in più. In un raggio di cento metri dal villino sarebbe vietata qualsiasi trasformazione, di conseguenza il progetto dovrebbe essere in parte rivisto. Per Martino «la villa e il parco sono tra gli ultimi esempi che segnano il prestigio di una classe dirigente ottocentesca cui vanno ascritte le trasformazioni che faranno di Cagliari una città europea».
Intanto nell’accesissimo dibattito che circonda le vicende politico-giudiziarie legate a Tuvixeddu interviene anche l’assessore regionale ai lavori pubblici Carlo Mannoni, che parla del decreto di annullamento dei nullaosta comunali firmato da Martino: «Mi permetto di invitare addetti e non addetti ai lavori a leggere e rileggere quel decreto - scrive Mannoni - vi troveranno un pezzo della storia di Cagliari, anche recente, dove qualche "cattivo" è ora meno cattivo e dove qualche "buono" è ora forse molto, molto meno buono di prima. Ritengo, però, che siano importanti, in questo decreto, non tanto l’annullamento dell’atto autorizzativo comunale le cui gravi patologie sono ben evidenziate, quanto le motivazioni che lo Stato, quello con la esse maiuscola nella veste del suo Soprintendente regionale, ha posto a base dello stesso provvedimento. Motivazioni che coincidono con quelle contenute nell’atto di indirizzo su Tuvixeddu da me indirizzato l’11 gennaio 2007 come assessore regionale ad interim dei beni culturali, ai dirigenti responsabili in materia paesaggistica. Con tale atto mettevo in evidenza come il colle di Tuvixeddu-Tuvumannu venisse definito dal Ppr area di notevole interesse pubblico e perciò "funzionale alla predisposizione di programmi di conservazione e valorizzazione paesaggistica" ed invitavo gli stessi dirigenti, ai sensi del Codice Urbani, a ordinare la sospensione dei lavori "in quanto capaci di pregiudicare il bene paesaggistico per il quale il Ppr della Regione prevede il recupero o la riqualificazione".