loader
menu
© 2024 Eddyburg
Manuela Franceschini
Tutti all'asta i terreni agricoli
8 Febbraio 2012
Articoli del 2012
Liberalizzazioni = privatizzazioni dei demani pubblici. Un altro colpo duro per l’agricoltura. Possiamo fermarli? Il manifesto, 8 febbraio2012

Nel decreto prevista la vendita dei terreni demaniali. La protesta degli agricoltori Si ricaverebbero 6 miliardi: «Introiti maggiori e più strutturali dandoli in affitto»

Il freddo gelido che ancora ieri mattina avvolgeva Roma per loro non è un problema: conoscono la fatica di lavorare la terra, di alzarsi e andare fuori con qualsiasi temperature. Fare il contadino è una professione dura, a tratti ci raccontano che sta tornando di moda, ma secondo Cesare Fabbretti - che ieri era in piazza Montecitorio insieme a molti altri agricoltori come lui - «l'età media in agricoltura è di 50 anni, e perché dovrebbe all'improvviso arrivare un gran ricambio di giovani, non si capisce». Tanto per dare a intendere che ai contadini italiani non piace neanche quel comma dell'articolo 66 del decreto sulle liberalizzazioni che nel prevedere l'alienazione dei territori demaniali a vocazione agricola, specifica il "diritto di prelazione" dei giovani.

E' un vero allarme questo. Quello che sono andati a segnalare ieri mattina gli agricoltori, con una lettera e una proposta di emendamento insieme a diverse associazioni - Aiab, Libera, Legambiente, Slow food - cooperative e realtà di coltivatori grandi e piccole. Il decreto sulle liberalizzazioni - il primo dell'anno, che sta per essere convertito in legge - per fare cassa prevede la vendita dei terreni demaniali dello Stato. Per valori inferiori ai 100 mila euro senza asta. Per quelli superiori ai 100 mila euro con asta pubblica. Il ricavo? Esistono solo stime. Le più favorevoli calcolano un introito pari a circa 6 miliardi di euro, considerando gli attuali prezzi di vendita. Ma è chiaro che quando sul mercato arriveranno i 324 mila ettari di terreno demaniale - per quanto l'articolo 66 del decreto non stabilisca una immediata e totale dismissione, ma non specifica neanche un limite annuale - i prezzi potrebbero crollare. Il professor Monti e tutti gli altri professori dell'esecutivo lo sanno certamente. E, comunque, fossero anche 6 miliardi, vale la pena vendere il terreno demaniale? E chi lo compra, per fare cosa? Il decreto prevede una via preferenziale per i giovani che decideranno di acquistare, sia come diritto di prelazione che sotto forma di agevolazioni. Ma gli agricoltori ieri erano molto scettici circa la possibilità di acquistare terreni. E propongono al governo, piuttosto, di poterle prendere in affitto: «Non basta acquistare la terra - dicevano - ci vogliono gli attrezzi, il know how e soprattutto il mercato: l'agricoltura non è redditizia, e in questo momento di crisi economica ancora di meno». E poi, c'è l'altro grande problema: chi può permettersi di acquistare terra, ora che accedere al credito è proibitivo?

Ma di certo chi è interessato ad acquistare grandi appezzamenti di terreno c'è, non sarà difficile trovare clienti: «Le grandi corporation e le multinazionali stanno acquistando terreni nel sud del mondo, è un business interessante con la popolazione mondiale in continuo aumento. Sia per la produzione di cibo, ma anche per produrre biodisel o altro - spiega il presidente dell'Aiab, Alessandro Triantafyllidis - E' il cosiddetto land grabbing, a cui anche noi siamo esposti. Ma l'acquisto di terreni può essere un grosso affare anche per la criminalità organizzata che così può riciclare denaro sporco».

Aldilà dei peggiori interessi, è un fatto che in Italia sta tornando il latifondo: negli ultimi 10 anni c'è stata una perdita della superficie agricola utilizzata pari a 300 mila ettari, accompagnata da una riduzione del numero di aziende di circa un terzo. Il che significa anche terreno meno curato, e comunità indifese di fronte alle alluvioni. La proposta dei manifestanti, che ieri hanno inviato una lettera ai senatori, è che sia previsto di dare in locazione a equo canone le terre demaniali agli agricoltori, privilegiando giovani singoli o associati e l'agricoltura sociale. «L'avvio di attività di produzione agricola porterebbe immediato beneficio alla casse pubbliche - scrivono - tramite le risorse provenienti dai contratti di locazione, le vendita di beni e servizi delle attività avviate che determinano versamenti di Iva, il pagamento degli oneri previdenziali per i nuovi lavoratori». Ricordano che queste entrate non sarebbero occasionali, bensì «strutturali» e si manterrebbe «intatto il patrimonio dei beni comuni» che così «assumerebbero un maggiore valore come strumenti di garanzia patrimoniale per l'eventuale accesso al credito da parte dell'amministrazione pubblica, e come ulteriore riserva di liquidità da iniettare per investimenti pubblici». Invece di svendere i gioielli di famiglia.

ARTICOLI CORRELATI
28 Dicembre 2012
16 Dicembre 2012
12 Dicembre 2012

© 2024 Eddyburg