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Pavlos Nerantzis
Tsipras va alla montagna
25 Febbraio 2015
Articoli del 2015
Davide doveva combattere solo contro un omaccione, Alexis anche contro uno stormo di avvoltoi feroci e voraci. Articoli di Anna Maria Merlo e Pavlos Nerantzis.
Il manifesto, 25 febbraio 2015



TSIPRAS? «PRAGMATICO E IDEALISTA»
di Pavlos Nerantzis

Grecia. Non mancano critiche ma all’interno di Syriza si loda la «praticità» del premier


La riu­nione del con­si­glio dei mini­stri per discu­tere sull’ accordo di Bru­xel­les e la lista delle riforme pre­sen­tate all’ Euro­gruppo, è stata lunga. Ale­xis Tsi­pras ha dovuto tro­vare un dif­fi­cile equi­li­brio tra le richie­ste dei cre­di­tori inter­na­zio­nali e il suo piano anti-austerity; tra la neces­sità di retro­ce­dere, pun­tando sulla soprav­vi­venza del suo Paese e il biso­gno di appli­care una parte del pro­gramma di Salo­nicco, ovvero del «Piano di rico­stru­zione nazio­nale», basato su quat­tro pila­stri. Affron­tare la crisi uma­ni­ta­ria, riav­viare l’economia e pro­muo­vere la giu­sti­zia fiscale, ricon­qui­stare l’occupazione, tra­sfor­mare il sistema poli­tico per raf­for­zare la democrazia.

Ale­xis Tsi­pras per evi­tare che il suo governo fosse una «paren­tesi di sini­stra», come vor­reb­bero l’ ex pre­mier Sama­ras e la mag­gio­ranza dei part­ner euro­pei, ha pre­fe­rito svol­tare. Una «retro­mar­cia di destra» come viene descritta dagli avver­sari interni al par­tito del pre­mier, rea­li­stica e «di dignità» secondo il Megaro Maxi­mou, sede di governo.

Tra prag­ma­ti­smo e idea­li­smo su una cosa sono d’ accordo ambe­due le cor­renti della sini­stra radi­cale greca. Il pro­lun­ga­mento del nego­ziato e il peri­colo di un tra­collo finan­zia­rio in Gre­cia avreb­bero pro­vo­cato uno scon­tro fron­tale tra il neo governo e i cre­di­tori inter­na­zio­nali. Ad Atene imma­gini simili a quanto era suc­cesso a Cipro nel marzo del 2013 con le lun­ghe file di fronte ai ban­co­mat sareb­bero ine­vi­ta­bili. Al di là di que­sta valu­ta­zione comune, le strade tra le due cor­renti si sepa­rano. Gli «incon­ci­lia­bili» cre­dono che una fuo­riu­scita della Gre­cia dall’Ue met­te­rebbe i greci in salvo, senza tener conto che la com­pe­ti­ti­vità del Paese rimane bas­sis­sima; i rea­li­sti fanno notare che il governo del Syriza-Anel con­ti­nua a trat­tare. «È meglio un Gre­xit che una con­ti­nua­zione perenne dello stato dell’ impo­ve­ri­mento attuale» sostiene l’economista e gior­na­li­sta Leo­ni­das Vati­kio­tis. Per aggiun­gere ciò che si sente molto in que­sti giorni da chi cri­tica l’operato del governo: «il con­te­nuto dell’ accordo di Bru­xel­les non deve essere para­go­nato con il pro­gramma del governo pre­ce­dente, ma con il pro­gramma pre-elettorale del Syriza».

In realtà mini­stri e diri­genti del Syriza vicini al pre­mier non nascon­dono il loro imba­razzo. Ciò che mag­gior­mente ha col­pito a livello morale è stata la rea­zione di Mano­lis Gle­zos. «Pro­ba­bil­mente Gle­zos era deluso per la man­cata ele­zione a pre­si­dente della Repub­blica» sosten­gono alcuni che cono­scono da vicino il sim­bolo della resi­stenza greca con­tro i nazi­sti. Ieri Tsi­pras ha par­lato tele­fo­ni­ca­mente con vari diri­genti del suo par­tito che si sono oppo­sti all’accordo di Bru­xel­les, si è incon­trato con Mikis Teo­do­ra­kis a casa sua, ma non ha voluto scam­biare una parola con il suo mae­stro Manolis.

Cri­ti­che sono arri­vata anche da parte dei comu­ni­sti del Kke, che venerdì pros­simo orga­niz­ze­ranno una mani­fe­sta­zione alla Pla­tia Syn­tag­ma­tos di fronte al par­la­mento per denun­ciare l’accordo di Bru­xel­les, men­tre secondo il Pasok il governo «rimane senza finan­zia­menti fino al giugno».

Con il via libera dell’ Euro­gruppo alla lista delle riforme gre­che la Borsa di Atene ha regi­strato ieri un rialzo record (9,81%), ma que­sta buona noti­zia non viene vista da alcuni media inter­na­zio­nali che fino a ieri con­ti­nua­vano a par­lare della fuga dei capi­tali greci all’ estero. «Negli ultimi giorni sono stati pre­le­vati dalle ban­che gre­che 500 milioni di euro al giorno… i soldi pre­le­vati in fretta in parte sono finiti addi­rit­tura in Sviz­zera, dove i greci avreb­bero depo­siti per 60 miliardi di euro» ha scritto pochi giorni fa il sito de Il sole 24 Ore, senza spie­gare chi sono quelli che hanno que­sti soldi. Il sot­tin­teso è chiaro: «i greci, pic­coli e grandi rispar­mia­tori» per il timore della sini­stra radi­cale riti­rano le pro­prie economie.

Le cose non stanno pro­pria­mente cosi. C’è stato un calo dei depo­siti ban­cari dai 160 miliardi (ultimo dato uffi­ciale del dicem­bre scorso) a 145 miliardi, secondo le stime a metà feb­braio. Ma a sen­tire gli eco­no­mi­sti, «i capi­tali fug­giti all’ estero non appar­ten­gono ai pic­coli cor­ren­ti­sti, bensì ai soliti eva­sori fiscali. I dipen­denti pub­blici e i pen­sio­nati non hanno soldi suf­fi­cienti per soprav­vi­vere, figu­ria­moci se hanno dei soldi a parte».

A con­fer­mare l’identikit dei rispar­mia­tori che hanno fatto fug­gire i loro «risparmi» all’estero è il mini­stro dello Stato, adetto alla lotta con­tro la Cor­ru­zione, Pana­gio­tis Niko­lou­dis, già pro­cu­ra­tore della Corte suprema che ha pre­pa­rato una lunga lista di 3.500 nomi, sospetti di aver evaso fiscal­mente e di aver rici­clato denaro sporco. Si tratta di per­sone sopra ogni sospetto dalla casta dei busi­ness­men (pro­prie­tari di catene di super­mer­cati e di negozi di abbi­glia­mento, arma­tori) e dei liberi pro­fes­sio­ni­sti (medici, far­ma­ci­sti, inge­gneri civili, ecc.) che di crisi ne hanno capito poco, con depo­siti ban­cari che vanno oltre ai dieci milioni, men­tre alle auto­rità si dichia­rano «poveri» con introiti che non supe­rano le poche migliaia di euro. Sono gli stessi che risul­tano irre­pe­ri­bili oppure descritti con il ter­mine gene­rico «greci» nei ser­vizi di una parte della stampa internazionale

GRECIA: SÌ DELL'EUROGRUPPO, MA CON RISERVE
di Anna Maria Merlo

Debito eccessivo. Tsipras guadagna 4 mesi di tempo per ridiscutere il programma. Fmi chiede di più, la Ue pretende di "sviluppare e ampliare la lista". Moscovici: "non significa che siamo d'accordo su queste riforme". E l'accordo dipende ormai dal voto di 4 paesi, tra cui la Germania. Ma per la Grecia gli esami non finiscono mai

Gli esami non fini­scono mai per la Gre­cia. Ieri, l’Eurogruppo ha final­mente appro­vato la “lista” pre­sen­tata da Atene lunedi’ notte, pro­prio allo sca­dere dell’ora limite (“ho rice­vuto una mail alle 23,15” ha pre­ci­sato il pre­si­dente Jeroen Dijs­sel­bloem). L’Eurogruppo ha seguito il parere favo­re­vole dei cre­di­tori — Ue, Bce e Fmi — espresso in mat­ti­nata. Ma, ha spie­gato il com­mis­sa­rio agli Affari eco­no­mici e mone­tari, Pierre Mosco­vici, que­sto “non signi­fica che siamo d’accordo su que­ste riforme, siamo pero’ d’accordo sull’approccio, abbiamo evi­tato una crisi, ma restano nume­rose sfide di fronte a noi”. Sulla carta, la Gre­cia ha quat­tro mesi, fino a fine giu­gno, per ridi­scu­tere la que­stione del debito con le “isti­tu­zioni”, il nuovo nome del trio Ue-Bce-Fmi, che ha sosti­tuito l’odiato ter­mine di “tro­jka”.

Ma, intanto, per avere la cer­tezza che dal 28 feb­braio, data di sca­denza del secondo piano di aiuti (130 miliardi), ci sarà l’estensione di quat­tro mesi, biso­gna che il pro­getto passi nei par­la­menti dei quat­tro paesi che pre­ve­dono un voto ogni volta che ven­gono impe­gnati denari pub­blici. Sono Olanda, Fin­lan­dia, Esto­nia e Ger­ma­nia. Il Bun­de­stag vota venerdi’, Wol­fgang Schäu­ble ha scritto ai depu­tati per invi­tarli ad appro­vare il piano, in caso di via libera da parte dell’Eurogruppo. Ma, ha pre­ci­sato ieri il suo por­ta­voce Mar­tin Jae­ger, “la let­tera di Atene non con­duce a solu­zioni sostan­ziali”.

Riserve sono state emesse anche dall’Fmi: si tratta di un “valido punto di par­tenza”, ma “in vari set­tori” man­cano ras­si­cu­ra­zioni su riforme che erano state impo­ste dal Memo­ran­dum (aumento dell’Iva, abbas­sa­mento delle pen­sioni, pri­va­tiz­za­zioni, riforma al ribasso del lavoro). Anche l’Eurogruppo, dopo l’approvazione, ha voluto aggiun­gere delle rac­co­man­da­zioni: la Gre­cia deve “svi­lup­pare e ampliare la lista delle riforme, sulla base del pre­sente accordo, in stretta coo­pe­ra­zione con le isti­tu­zioni, per per­met­tere una con­clu­sione rapida e favo­re­vole dell’esame”. Difatti, per il ver­sa­mento dell‘ultima tran­che di circa 7 miliardi di euro per la Com­mis­sione “sono attese ulte­riori pre­ci­sa­zioni sulle riforme e saranno con­cor­date fino a fine aprile, in linea con quanto pre­vede la dichia­ra­zione dell’Eurogruppo della scorsa set­ti­mana”. I cre­di­tori sta­ranno attenti sulla pro­messa di lotta alla cor­ru­zione e all’evasione, vec­chie richie­ste della tro­jka e pro­messe che i pre­de­ces­sori di Tsi­pras non erano riu­sciti a met­tere in atto.

Il governo Tsi­pras ha dovuto cor­reg­gere a più riprese la “lista” da pre­sen­tare a Bru­xel­les. Il draft del comu­ni­cato ha fatto varie volte l’andata e ritorno tra Bru­xel­les e Atene, tra venerdi’ e lunedi’. La Gre­cia ha dovuto annac­quare molto la pro­po­sta. Jean-Claude Junc­ker, per esem­pio, ha escluso un aumento del sala­rio minimo. Nel testo resta una frase vaga: si parla di “approc­cio intel­li­gente della nego­zia­zione col­let­tiva sui salari” e “que­sto include la volontà di aumen­tare il sala­rio minimo, pre­ser­vando la com­pe­ti­ti­vità”, men­tre l’ “aumento del sala­rio minimo e il timing saranno decisi in con­cer­ta­zione con le isti­tu­zioni euro­pee e inter­na­zio­nali”. Per Junc­ker, sarebbe stato “inte­ni­bile” poli­ti­ca­mente un sala­rio minimo greco mag­giore di quello “di sei paesi della Ue” (tra cui Slo­vac­chia e Spa­gna), che sono chia­mati a con­tri­buire all’aiuto ad Atene.

La Gre­cia ha incluso nella pro­po­sta dei rife­ri­menti al pro­gramma di Syriza sull’aiuto ai più poveri, ma ha dovuto pre­ci­sare che “la lotta alla crisi uma­ni­ta­ria non avrà effetti nega­tivi sul bilan­cio”. Non ci sono det­ta­gli su que­ste misure, finite in fondo al testo. Inol­tre, sulle pri­va­tiz­za­zioni, Atene ha dovuto accet­tare che non saranno revo­cate quelle già appro­vate e che non tor­nerà indie­tro nep­pure su quelle per le quali è già stato pub­bli­cato il bando. Invece, “rive­drà quelle non ancora lan­ciate, pun­tando a miglio­rare i bene­fici a lungo ter­mine”. Dijs­sel­bloem, che in mat­ti­nata è stato rice­vuto dalla com­mis­sione affari eco­no­mici del Par­la­mento euro­peo, ha pre­ci­sato che la lista è “un primo passo, ma c’è ancora molto da lavo­rare”. Il pre­si­dente dell’Eurogruppo si è anche inter­ro­gato sulla tenuta del governo Tsi­pras: biso­gna vedere se “potrà fare quello che vuole”, ha detto.

L’Eurogruppo si è soprat­tutto pre­oc­cu­pato di otte­nere dalla Gre­cia l’assicurazione che non ver­ranno “prese ini­zia­tive uni­la­te­rali” e che ogni deci­sione sarà presa “in con­sul­ta­zione con le isti­tu­zioni euro­pee”. Dijs­sel­bloem è stato ancora più diretto: “ci deve essere una forte coo­pe­ra­zione, non si pos­sono fare mosse uni­la­te­rali, almeno fino a quando Atene vuole nuovi fondi dall’Eurozona”.

La vera pre­oc­cu­pa­zione è di evi­tare un Gre­xit, che farebbe tre­mare tutto l’edificio dell’euro. Per Chri­stine Lagarde, alla testa dell’Fmi, “l’uscita della Gre­cia dell’euro è fuori discus­sione, faremo di tutto per aiu­tarli” (in que­sto e solo in questo)

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