Il manifesto, 20 settembre 2015 (m.p.r.)
Alexis Tsipras vola, superando le più rosee previsioni: Syriza, con più della metà dei voti scrutinati, è al 35,5%, percentuale che le permette di eleggere 145 deputati, mentre il centrodestra di Nuova Democrazia segue a grande distanza, con il 28,7% e, al momento, 75 deputati. La principale conseguenza politica del voto è che Syriza, insieme ai Greci Indipendenti di Panos Kammenos, i quali sino ad ora sono al 3,7% con dieci deputati, potranno formare nuovamente, senza bisogno di altri partiti, un nuovo governo.
Il leader di Syriza e Kammenos si stanno per incontrare per sancire il proseguimento della loro “strana” alleanza, basata sulla lotta alla corruzione e alle politiche neoliberiste di austerità. Malgrado il difficile compromesso firmato ad agosto con i creditori, la chiusura delle banche dopo la riduzione della liquidità decisa dalla Bce e la martellante campagna televisiva di molti media contro la sinistra radicale, Syriza rimane protagonista della scena politica greca, e perde meno dell’1% rispetto alle trionfali elezioni di gennaio.
Si tratta, ovviamente, di un successo personale di Tsipras, che ha promesso di continuare a lottare contro le lobby corrotte, gli intrecci sotterranei tra economia e politica, per superare l’austerità e creare nuovi equilibri in Europa, anche se ci vorrà del tempo e sarà richiesta molta pazienza e tenacia.
Sino a questo momento, Unità Popolare, con a capo Panagiotis Lafazanis, formazione creata poche settimane fa dai dissidenti di Syriza, non riesce a entrare in parlamento: si ferma al 2,8%, mentre la soglia di sbarramento è in Grecia al 3%. È chiaro che sono rimasti schiacciati tra la scelta realista di chi ha voluto ridare fiducia alla Coalizione della Sinistra Radicale ellenica e chi, nella tradizione della sinistra comunista, è rimasto fedele al Kke.
Ex membri del governo che avevano lavorato con abnegazione, come la ministra aggiunto delle finanze Nadia Valavani, non sono riusciti a far arrivare ai greci, tramite Unità Popolare, una proposta fortemente identitaria. La bocciatura dell’Euro e la messa in discussione della stessa Unione europea, se necessario, non hanno pagato.
È senz’altro da non sottovalutare la forte astensione, che potrebbe superare il 45%, ma il grande successo del quarantunenne leader della sinistra greca sta nell’essere riuscito a convincere una grandissima parte degli indecisi: chi otto mesi fa aveva votato per lui e oggi era tentato di non andare ai seggi.
Fonti ufficiali di Syriza fanno sapere che entro tre giorni il nuovo governo sarà pronto per giurare e che domani mattina Tsipras riceverà dal presidente della Repubblica l’incarico di formare l’esecutivo.
Inquietante, anche se purtroppo non imprevedibile, il terzo posto dei neonazisti di Alba Dorata, che sinora sono al 7,1%, con 19 deputati. La retorica e la prassi della violenza, malgrado il pesante processo a cui è sottoposto il gruppo dirigente del partito, ha comunque attratto una parte dei delusi e di chi ha pagato le conseguenze della crisi, malgrado la sfrontata dichiarazione del capo neonazista, Nikos Michaloliakos, che tre giorni prima delle elezioni si è assunto la responsabilità politica dell’omicidio del rapper di sinistra Pavlos Fyssas, compiuto due anni fa da un membro di Alba Dorata.
Il Pasok, che è al 6,41%, e i centristi di Potami– il Fiume, i quali non vanno oltre il 3,9%, restano a guardare: speravano in un esecutivo di unità nazionale, o di essere comunque necessari per la governabilità del paese, ma non è stato così. Una loro partecipazione al governo avrebbe comunque posto seri problemi riguardo alla coesione sulla politica economica e la lotta ai grandi interessi.
La grande sfida ora, per Alexis, è gestire e mitigare le conseguenze del memorandum firmato un mese fa, lavorando, contemporaneamente, ad una nuova politica europea orientata alla crescita e al reale superamento dell’austerità.
La fiducia dei greci, questa fortissima iniezione di energia, non potrà che facilitargli il compito.