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Alberto Ziparo
Toscana, il paesaggio si tutela con il conflitto
5 Agosto 2007
Toscana
Anche la stampa nazionale informa sulle critiche al PIT della regione Toscana e alla sua ideologia. Da il manifesto, 5 agosto 2007

Da qualche tempo il magnifico paesaggio toscano è oggetto di conflitto tra gli abitanti che, organizzati in comitati, ne difendono integrità e valori, e imprese, quasi sempre d'accordo con le istituzioni locali e regionale, che propongono trasformazioni sempre più impegnative in nome «delle esigenze dello sviluppo» turistico e commerciale. Da più parti si è segnalato che la Regione Toscana, pure dotata di una normativa avanzata di governo del territorio, presentava al contrario strumenti di tutela e affermazione dei valori paesaggistici piuttosto inefficaci, spesso vani rispetto alle dinamiche socioterritoriali attuali a forte consumo di suolo e ambiente. Non sorprende allora il proliferare dei vari casi Monticchiello, Val di Chiana, etc. che ha costretto le cittadinanze di oltre un centinaio di comuni toscani a formare un coordinamento per la tutela, che vede tra i suoi promotori Alberto Asor Rosa, insieme a tecnici, studiosi, ambientalisti, intellettuali e attori locali.

Un'ostinata difesa delle prerogative dei sindaci, trasformati in «governatorini» che devono assolutamente mantenere un fortissimo quanto discrezionale potere sull'intero territorio comunale e non possono tollerare aree di incertezza, pure dovute alle leggi di tutela del paesaggio. Le quali invece - appunto ex costitutione - prevedono competenza statale, unica per determinati aspetti e condivisa per altri con le Regioni. La Toscana ha di fatto contestato questo. Con l'aggravante che troppo spesso quei sindaci che storicamente rivendicavano la propria autonomia con il rappresentare le istanze della comunità oggi sono «troppo prossimi» ad interessi imprenditoriali che poco o punto hanno a che vedere con le domande sociali dei contesti.

La materia è stata oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale, che nel maggio 2006 aveva addirittura annullato la parte di legge urbanistica toscana riguardante il paesaggio. Fornendo consistenza e spessore giuridico alle critiche che da più parti arrivavano rispetto all'ostinazione della Regione a non voler redigere un vero piano paesaggistico regionale - o almeno, come previsto dalla norma in subordine, un piano territoriale paesaggistico in cui quest'ultima valenza sia «individuabile, marcata e determinante». Si sono allargati invece disinvoltamente al paesaggio contenuti e competenze della pianificazione ordinaria, provinciale e comunale; anche con problematici tentativi di interpretazione di elementi specifici della ricerca scientifica e disciplinare che ne risultavano banalizzati e spesso strumentalizzati a destinazioni affatto diverse da quelle per cui erano stati formulati.

Di recente la Regione ha operato un parziale aggiustamento delle conseguenze della sentenza costituzionale attraverso un'intesa con il governo e, per esso, con il ministero dei Beni culturali. In questo quadro, pur mantenendo la singolarità toscana dell'attribuzione ai piani ordinari delle valenze paesaggistiche, si dichiara di voler rispettare le direttive dei codici tramite meccanismi di adeguamento e integrazione dei contenuti negli apparati tecnici e metodologici degli strumenti territoriali.

Un gruppo di urbanisti di Firenze, coordinati da Alberto Magnaghi e Paolo Baldeschi, hanno a questo proposito avanzato osservazioni al Piano di indirizzo territoriale regionale, da cui dipendono tutte le strategie di governo del territorio ed evidentemente i progetti di livello più basso. Gli studiosi hanno sottolineato l'importanza di individuare le varianti strutturali, da tutelare e valorizzare secondo criteri e regole dettati da statuti del territorio elaborati in maniera consistente. Tenendo distinto tale patrimonio, contrassegnato da presenza di valori «intrinseci o verticali», dalle parti di territorio a più alta densità trasformativi da strategie di sviluppo socioeconomico.

Le buone intenzioni contenute nel Protocollo Governo-Regione e negli stessi rilievi degli urbanisti fiorentini rischiano però di essere vanificate dalle carenza dello strumento programmatico attorno a cui dovrebbe ruotare tutto. Il citato Pit è infatti poco più che uno schema di piano strategico, ovvero di ipotesi di consolidamento territoriale di una serie di comparti dell'economia regionale; praticamente mancante delle dotazioni iconografiche e rappresentazionali indispensabili per individuare, interpretare e gestire le particolarità del patrimonio culturale ed ambientale. Gli Ambiti di paesaggio, la cui determinazione è fondamentale per le politiche di tutela e valorizzazione, sembrano tratti da testi di geografia elementare e corrispondono praticamente ai contesti toscani descritti da qualsiasi guida turistica, con i relativi quadri conoscitivi ridotti a poche decine di righe.

Il mantenimento delle competenze paesaggistiche integrato alla strumentazione territoriale, ovvero un vero piano almeno a valenza paesaggistica, in primis a livello regionale, presupporrebbe un impegno innovativo nella costruzione della relativa documentazione, da cui oggi in Toscana si è lontanissimi. Il quadro resta allora assai carente e contraddittorio. E le uniche garanzie per la tutela e valorizzazione del patrimonio possono giungere dal consolidarsi della partecipazione, anche conflittuale.

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