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Roberto Bianchin
Tessera City, occasione o sacco?
21 Novembre 2011
Recensioni e segnalazioni
A proposito della diligente denuncia di uno dei maggiori scandali della Venezia d’oggi, in un libriccino di Stefano Boato per La Corte del fòntegoLa Nuova Venezia, 13 novembre 2011

Dal magnete al quadrante al bidone. Bidone alla collettività, s’intende. Tra silenzi, manovre sotterranee, interessi enormi, sospetti inquietanti di importanti soci occulti, e una preoccupante assenza di dibattito, sta per terminare, con la prossima approvazione nel consiglio comunale di Venezia, il viaggio del nuovo piano di assetto del territorio destinato a cambiare il volto di una vasta area intorno a Tessera.

Un’irripetibile occasione di sviluppo, per alcuni. Un nuovo sacco di Mestre, più grave di quello degli anni ’60, per altri.

E’ da quasi mezzo secolo (esattamente dal 1963, varo del primo piano regolatore) che si parla, sempre invano, di dare senso e funzioni a quest’area, giustamente considerata strategica, della gronda lagunare. Da quando il celebre architetto Renzo Piano propose il “Magnete” che doveva essere il cuore dell’Expo che non fu mai fatta, a quando nacque la variante del “Quadrante Tessera” (raddoppio delle aree previste dal piano regolatore vigente), fino al piano diabolico (ovvero la quadruplicazione delle aree) del Pat di oggi. Diabolik City.

Un progetto che “spiana la strada alla speculazione” con un’operazione “peggiore di quella che fecero a Milano Ligresti e Berlusconi”, lo definisce l’urbanista Stefano Boato, che ha dedicato all’argomento un puntiglioso libriccino, “Tessera City”, appena uscito per i tipi di Corte del Fontego.

Il piano, che l’attuale giunta comunale ha sostanzialmente ereditato (peggiorandolo un poco) da quella precedente, viene giustificato dall’esigenza che il Comune di Venezia ha, specialmente in questi momenti drammatici per le finanze locali, di “fare cassa ad ogni costo”. Legittimo. Però c’è modo e modo. In questo caso il guadagno per le casse comunali non sembra paragonabile all’elevato prezzo da pagare: quello di favorire la speculazione, e senza alcun beneficio per la collettività.

Il Comune sta infatti per rendere edificabili a Tessera delle vaste aree agricole private, aumentandone in questo modo il valore di venti volte tanto. Un bel “regalo” ai privati che sono proprietari di quelle aree (la società dell’aeroporto e altri soci), perché avranno la possibilità di fare un’operazione immobiliare gigantesca e altamente redditizia. “Una delle più grandi speculazioni mai fatte in Italia”, accusa sempre l’urbanista Stefano Boato.

Più di due milioni di metri cubi di uffici, alberghi, centri direzionali e commerciali, e attrezzature sportive tra cui il miraggio dello stadio, sorgeranno in una zona a cavallo della bretella. Queste strutture, inizialmente previste dal piano regolatore a ovest della bretella, con una mossa astuta sono state ampliate di parecchio (quadruplicata l’area dello stadio) e spostate quasi tutte a est, in una zona che non solo è privata, che non solo è agricola -e quindi va resa edificabile- ma addirittura è una delle aree a massimo rischio idraulico di allagamenti di tutta la terraferma.

Alcuni tratti della zona centrale si trovano a 1 metro e 75 centimetri sotto il livello medio del mare.

E’ molto curioso che si proceda a questo bizzarro scambio di terreni, quando il Comune –se voleva - poteva (e può) tranquillamente costruire a Tessera lo stadio e le altre attrezzature pubbliche connesse, in un’area di 27,4 ettari che è di proprietà comunale, che già oggi è edificabile, e che è affiancata alla bretella.

Senza contare che inoltre, a solo mezzo chilometro di distanza, verso Dese, c’è un’altra grande area già urbanizzata e infrastrutturata, con le stesse destinazioni d’uso, e che è vuota e completamente inutilizzata.

Incomprensibile -e sospetto- è che si preferisca invece scambiare le aree comunali, già edificabili, con aree agricole private che non sono edificabili e per di più sono soggette a un grave rischio idraulico. Tutto questo non sembra affatto saggio.

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