Il Fatto Quotidiano, 29 settembre 2016 (p.d)
Di certo il caso e la forza della natura hanno un peso in molti eventi della vita, specie quando un terremoto sporta via 300 vite e una decina tra paesi e frazioni. Il caso e la natura, però, interagiscono sempre col lavoro dell’uomo e le leggi che lo regolano. Ecco, nel caso di Lazio e Marche, le due regioni piùcolpite dal sisma del 24 agosto, le leggi in materia di costruzioni anti-sismiche sono, più che malfatte, palesemente incostituzionali e hanno contribuito a mettere a rischio il diritto di ogni cittadino alla tutela della sua vita e della sua salute.
Andiamo con ordine. Negli ultimi dieci anni la Corte costituzionale ha stabilito più volte – almeno cinque, l’ultima nel 2013 – che la materia degli interventi edilizi in zone a rischio sismico compete allo Stato, che ne deve delineare i principi generali. In particolare, dice la Consulta, la ratio del Testo unico del 2001 – che ha aggiornato le norme degli anni 70 – “è palesemente orientato a esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico” visto che la “tutela dell’incolumità pubblico” è tema di protezione civile e dunque statale. Insomma, il Testo unico del 2001 vale per tutti: eventuali leggi regionali che se ne discostino sono incostituzionali, come la stessa Corte ha certificato in particolare – quanto a quel che ci interessa – per quella della Regione Toscana, bocciata nell’ormai lontano 2006.
E cosa prevede, tra le altre cose, la legge nazionale? Questo: “Nelle località sismiche (…) non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”, che si aggiunge al titolo a costruire rilasciato dagli uffici comunali secondo il criterio della “doppia conformità” benedetto dalla stessa Consulta. E che succede se qualcuno costruisce senza la “preventiva autorizzazione”? Questo: i pubblici ufficiali “sono tenuti ad accertare che chiunque inizi costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni sia in possesso dell’autorizzazione” e se non ce l’ha devono segnalarlo con apposito verbale all’ufficio tecnico della regione e alla magistratura. Questa particolare attenzione serve – per non fare che un esempio – a evitare che l'aggiunta di un piano a un edificio realizzata grazie ai vari “Piani Casa” dei tempi di Berlusconi poi collassi sulla struttura alla prima scossa sismica di rilievo. Buonsenso.
E qui arriviamo alle leggi regionali di Marche e Lazio: la prima risale agli anni 80, la seconda invece è stata modificata giusto 4 anni fa, nel 2012, ai tempi del Piano Casa dell’ex presidente Renata Polverini. Entrambe, in ogni caso, mantengono lo stesso profilo di incostituzionalità bocciato per la legge regionale toscana nel 2006 ed ereditato dalle norme degli anni 70. In sostanza all’articolo 2 entrambe le leggi regionali prevedono la necessità dell’autorizzazione preventiva, mentre nel successivo articolo 3 introducono una deroga pressoché totale: di fatto per iniziare a costruire basta presentare progetto e allegati in Comune e ricevere poi “l’attestazione di avvenuto deposito” della domanda. A quel punto spetta alla P. A. fare i controlli. Ma mica per tutti: i controlli sono a campione. In sostanza nelle Marche l’ufficio regionale è tenuto a esaminare solo il 10% delle richieste arrivate nel mese precedente. Nel Lazio, invece, il campione è del 15% nelle zone ad alto rischio sismico e del 5% in quelle a rischio medio-basso. Insomma, un progetto malfatto o un intervento che non andava realizzato in zona sismica ha tra l’85 e il 95% di possibilità di sfuggire agli occhi dei controllori. Nelle Marche, che aveva già avuto anche il terremoto del 1997, si provò a cambiare senza successo la legge nel 2011: agli atti resta una lettera di contrarietà dell’ordine degli ingegneri (troppa burocrazia e poi c’è “la crisi del settore edile”).
Come in ogni storia anche questa ha un passato e un presente. Se è difficile a questo punto rintracciare irregolarità almeno formali per il passato, è bizzarro che ad Amatrice, Accumoli o Arquata adesso si comincerà a ricostruire sulla base di norme e procedure già bocciate dalla Corte costituzionale almeno cinque volte. È anche per questo che un’interrogazione a Matteo Renzi a prima firma Patrizia Terzoni (M5S) chiede al governo di adottare in fretta “i provvedimenti necessari, anche normativi, per garantire l’uniforme applicazione sul territorio nazionale” delle norme edilizie in zona sismica. L’idea è che le leggi non debbano dare una mano a caso e natura.