Dal Colosseo a piazza Navona caffé e locali colonizzano il suolo pubblico Alemanno ha tenuto per anni nel cassetto i divieti delle Sovrintendenze E il ministero dei Beni Culturali ha fatto finta di niente. Degrado alla romana
Roma Eterna ostaggio dei “bottegari”. Col sindaco Alemanno che corre a sospendere e a rinviare il più possibile le stesse prescrizioni delle Soprintendenze statali che lui, nel 2010, aveva fatto proprie e che erano poi quelle della Giunta Veltroni. Sotto le feste natalizie il sindaco le ha spostate a dopo la Befana e, quando il I ̊ Municipio è intervenuto per farle rispettare a Campo de’ Fiori e al Pantheon, con un’altra ordinanza volante ha prorogato di 60 giorni l’illegalità degli orribili e pericolosi dehors di plastica. Ma il “no” delle Soprintendenze per le stufe a gas e per i teloni di plastica non era allegato alla delibera dello stesso Alemanno? Che importa? Lui, prima recepisce e poi neutralizza...il resto, si vedrà. E pensare che – sia pure senza prevedere sanzioni (ecco il buco) – la delibera è molto restrittiva: tende e teloni senza scritte né mantovane, solo riscaldamenti consentiti dai vigili del fuoco, via i gazebo di plastica, ecc.
Roma, dunque, rovesciata dall’egemonia “bottegara”? In piazza della Rotonda, davanti, nientemeno, al Pantheon 900 mq. occupati da locali, invece di ridursi, sono diventati 1.000. In via Salvi, di fronte, e dico poco, al Colosseo, il marciapiede è ostruito da due locali, per cui «flussi enormi di bambini di 5 scuole adiacenti», denuncia il consigliere verde del I ̊ Municipio, Nathalie Naim, «e folle di turisti devono passare in strada dove transitano centinaia di auto a velocità elevata». Non fai in tempo a compiacerti della vasta area pedonale in piazza Sant’Apollinare e scopri che è in funzione delle pizzerie (una è penetrata dentro la medioevale Tor Sanguigna, lì vicino). Ed è la prova generale della nuova Piazza Navona “restaurata” dal Comune senza più marciapiedi: una marea di tavolini.
Fiere le proteste del Comitato che coordina le battagliere associazioni dei residenti. Questi, pur ridotti a 80-90.000 (neppure pochissimi), rappresentano l’unico controllo sociale su una selva di locali, spesso effimeri, che la malavita, con la crisi, ha aperto o fatto propri, centri di spaccio e di riciclaggio. Senza i residenti, il cuore di Roma, come di ogni città storica, sarebbe zona franca per la criminalità. Tanto più che le pattuglie di polizia sono, per mancanza di fondi, assai poche. Per l’indecoroso balletto del decoro urbano il Comitato per la Bellezza ha chiamato in causa lo stesso ministro Ornaghi, il segretario generale del MiBAC Recchia, la soprintendente Galloni, il sottosegretario Cecchi. Solo l’ultimo ha risposto: il 5 febbraio 2010 la materia è stata oggetto di accordo fra le Soprintendenze (Beni Architettonici e Archeologici) e il Comune, però «non so quale esito questo strumento abbia avuto». Molto evasivo. Eppure, nell’indecoroso balletto il Ministero ci gioca la faccia. Se si fa rispettare, salva, almeno in parte, la faccia sua e un bene come Roma. Sennò, povera Roma nostra. Addio residenti. Addio turismo qualificato. Tutta “movida” stile Campo de’ Fiori. Se vi pare un affare, fate voialtri.