Il manifesto, 24 gennaio 2015
L’ha detto in piazza e l’ha ribadito ieri alla stampa di tutto il mondo: «Da lunedì il Memorandum sarà carta straccia». E ancora: «Non riconosceremo la troika».
Applausi invece per Mario Draghi, un baluardo contro le politiche di austerity della Germania: «Ha accolto le richieste che facevamo da tempo». Nell’ultimo giorno di campagna elettorale, Alexis Tsipras riafferma in conferenza stampa, con toni pacati e la stessa sostanza del comizio del giorno precedente ad Atene, quali saranno le linee guida del suo governo. Rimanda il problema delle alleanze a dopo il voto («ci penseremo da lunedì») e torna a chiedere un mandato pieno agli elettori, che gli consentirebbe di «avere più forza» per rinegoziare il debito con le istituzioni europee.
Quella di ieri è stata soprattutto la giornata del dopo-Bce. Ne aveva parlato molto poco a caldo in piazza Omonia, l’altra sera.
Invece ora risponde alle domande dei giornalisti schierandosi con decisione dalla parte di Mario Draghi: «Ha messo fine al catastrofismo di Samaras, che avrebbe voluto la Grecia fuori dal programma di acquisto di titoli e cercava un appoggio che non ha avuto. Invece ha deciso quello che noi chiedevamo da tempo e che Samaras ci diceva essere fuori dalle regole della Bce. Ci ha dato tempo fino al luglio 2016 per attuare il nostro programma e dimostrare che la Grecia può tornare a crescere».
Tsipras è consapevole che per realizzare quello che promette sono necessari i numeri giusti, anche se «dopo il voto, comunque vada, chiederemo il consenso a tutti i partiti sul nostro piano di riforme», e ammette che sarà necessario scontrarsi, «sia in Europa che in Grecia». Ma si dice più preoccupato da quello che potrebbe accadere nel suo Paese piuttosto che a Bruxelles, dove «si scontrano due linee, quella di Merkel e Schauble da una parte e quella di Mario Draghi dall’altra». «L’Europa cambia, lentamente ma cambia», per Tsipras. «L’importante è arrivare forti a questi negoziati, perché il piano B della troika è che Syriza non ottenga la maggioranza assoluta e sia obbligata a governare con i propagandisti che difendono le sue posizioni», ha spiegato.
La partita più difficile Tsipras la gioca invece in Grecia, consapevole che se non manterrà le promesse della vigilia il consenso rischierà di evaporare, facendo un danno gigantesco all’intera sinistra: cosa accadrà quando, come annunciato, tirerà fuori le liste degli evasori e tasserà i grandi patrimoni, «le ville con due, tre, quattro piscine nelle mani di società offshore», quando sarà colpita la grande proprietà, quando si metterà mano a una riforma della polizia, che «dovrà difendere la sicurezza dei cittadini nei quartieri e non reprimere le manifestazioni pacifiche»? Come reagiranno i poteri forti locali all’annuncio che «il triangolo del peccato», quei legami opachi tra politica, grande imprenditoria e media sarà messo in discussione?
Un primo assaggio di quanto possa essere complicato mettere mano a ciò che non funziona in Grecia è arrivato proprio in questi giorni: banchetti e gazebo del partito sono stati presi di mira a più riprese da ultras dell’Aek Atene. Tutto è legato al fatto che Syriza si oppone a una speculazione edilizia legata alla costruzione del nuovo stadio a Nea Philadelphia, un comune della Grande Atene governato dalla coalizione della sinistra radicale. In più occasioni gli attivisti di Syriza si sono trovati accerchiati da bande di giovani con le sciarpe giallonere dell’Aek, ma il partito ha deciso di non alimentare tensioni in campagna elettorale e non ha denunciato pubblicamente i fatti.
«Ci scontreremo con l’establishment, con la corruzione, con chi ha preso decisioni che hanno portato a questa situazione, con le regole dei mezzi di comunicazione», afferma con sicurezza Tsipras. Ma ammette che non sarà facile. «Ho l’impressione che cercheranno di indebolire Syriza. Creeranno delle situazioni molto difficili», sostiene Tsipras, per il quale «solo la forza potrà garantirci», quella che sarà determinata dal successo elettorale. In ogni modo, «la sinistra non ha mai avuto un’occasione storica come questa. Ed è anche l’ultima occasione per il Paese. Se falliremo, tutti saremo giudicati dalla storia», dice rivolto a quelle forze che a sinistra rifiutano qualsiasi alleanza, in particolare ai comunisti del Kke (e pure all’altro partito dell’ultrasinistra Antarsya), ai quali lancia un amo: «Anche se dovessimo avere la maggioranza assoluta, cercheremo alleanze e collaborazioni con chi si è opposto ai Memorandum e alla troika».
Ma, se pur l’aspirante premier ha ribadito che i primi passi saranno il sostegno alle classi disagiate, che più hanno sofferto la crisi, e le misure a favore della classe media impoverita (dalla riforma fiscale al tetto dei 12 mila euro al di sotto del quale non si pagheranno tasse, una misura richiesta in particolare da contadini e liberi professionisti, fino all’abolizione della tassa sulla prima casa), le novità di ieri riguardano essenzialmente il rapporto con l’Europa. «Onoreremo tutti i trattati perché siamo membri dell’Ue, ma non rispetteremo gli impegni presi dai governi precedenti. Con i Memorandum non sono stati rispettati i patti fondamentali, non è possibile che la Grecia sia governata da piccoli funzionari di Bruxelles. Vogliamo negoziare con pari diritti. E’ una questione di dignità», dice Tsipras, che non si spiega perché la Commissione europea abbia lasciato tanto potere a un’istituzione come la troika, non prevista da nessun trattato e che non può controllare.
Syriza si dice pronta ad aprire anche un altro fronte di scontro in Europa: quello sui debiti di guerra. «La Germania deve pagare per l’occupazione nazista, è un impegno che abbiamo nei confronti della generazione che ha fatto la Resistenza. Rivendicheremo questo credito verso tutti i Paesi europei. Su questo non possiamo fare compromessi, si tratta di un debito storico. Vogliamo che non sia una richiesta greca, ma che si faccia all’interno degli organi europei». Non sarà facile neppure questo, con Berlino sul banco degli imputati. E’ un braccio di ferro annunciato, quello tra Merkel e Tsipras. Che avverte i tedeschi: «In Francia Marine Le Pen rischia di vincere le elezioni, qui Alba Dorata avrà un risultato importante. C’è il rischio di un ritorno del fascismo in tutta Europa. Devono capire che non possono continuare così»