Pubblichiamo due analisi dell’ultima (per ora) stesura della proposta del governo Berlusconi in materia di casa e dintorni. La prima è una nota di Antonello Sotgia, preparata in occasione di un incontro del tavolo per il diritto alla città convocato a Roma per il 20 settembre, e concerne in particolare gli aspetti edilizi e urbanistici. La seconda è una lettera inviata da Vittorio Emiliani a Vasco Errani, rappresentante delle regioni nel confronto con il governo, e si riferisce soprattutto allo svuotamento di alcune norme della tutela del paesaggio. In calce potete scaricare il testo dell’ultima stesura del decreto, diramato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Resta comunque in piedi la bozza di legge che il Parlamento dovrebbe approvare per delegare il Governo a cancellare l'interesse pubblico dalla legislazione urbanistica, per gli aspetti che non possono essere “risolti” con un decreto.
Antonello Sotgia
Queste le maggiori novità
All’articolo 1
Non è più richiesto “titolo abilitativo alcuno” anche (cfr punto b) per gli interventi di manutenzione straordinaria ( per esempio spostamento di tramezzi che non riguardano parti strutturali dell’edificio) e (cfr punto g) sono ammessi, senza alcun titolo abilitativo, i cambiamenti di destinazione d’uso senza aumento di carico urbanistico. Non sarà più un tecnico a presentare la documentazione ma testuale (cfr comma 2) “ prima dell’inizio degli interventi, compresi i cambi di destinazione d’uso , al proprietario sarà sufficiente inviare una e-mail all’amministrazione comunale.
All’articolo 2
Vengono indicate le misure in materia antisismica. Viene detto che ogni premiabilità di cubatura ( il famoso + 20 % e + 30% ) sarà assentita solo quando il progettista abbia documentato il rispetto della normativa antisismica (cfr comma 1). Finalmente, ma solo dopo la tragedia dell’Abruzzo, l’entrata in vigore della nuova normativa- sospesa e rimandata con l’ultima finanziaria- viene ora riportata al 30 giugno p.v.
Eccoci dunque arrivati finalmente alla liberalizzazione. Ognuno sarà autorizzato a sentirsi “ padrone a casa propria” . “ Saltando ” la presentazione del progetto verrà meno quella specifica forma di relazione con la collettività che l’elaborato progettuale rappresenta sia quale testimonianza delle intenzioni del “ singolo” , sia quale rapporto con l’amministrazione che, attraverso l’approvazione del progetto, diviene ( dovrebbe divenire) garante della liceità della trasformazione richiesta nei riguardi del governo del territorio e dell’ interesse pubblico.
Infatti:
Senza “ titolo abilitativo alcuno”sembra scomparire la necessità di dimostrare ( come ora) che l’impresa esecutrice è in regola con i contributi (DURC), che la stessa dunque non impiega personale al nero e rispetta le condizioni di sicurezza del lavoro .
Non presentando nessuna documentazione tranne l’informativa telematica come sapremo che, per esempio, il nostro vicino, pur non toccando travi e pilastri, non ha inciso in modo distruttivo sugli elementi strutturali dell'edificio per esempio sovraccaricando i solai?
Con il “ fai da te, senza alcuna figura tecnica responsabile, chi verificherà che le opere vengano eseguite nel rispetto delle norme di sicurezza del lavoro? Solo posando male le palanche su cavalletti, cadendo da soli 2mt, la caduta può risultare mortale .
Non richiedendo traccia di ogni mutamento ( non potrà esistere un archivio di progetti fatti a parole) le amministrazioni come potranno avere conoscenza diretta dello stato reale di ogni edificio così da poter, conoscendolo perfettamente, studiare le misure più idonee per poterlo mettere in sicurezza anche dal punto di vista sismico?
Come conoscere, controllare e accompagnare, soprattutto nelle aree urbane, gli effetti che la sommatoria di trasformazioni delle destinazioni d’uso potrebbero determinare nella dotazione dei servizi di una singola zona in termini sociali?
Perché lasciare al caso la realizzazione di opere minori (cfr punto i] art. 2) come se i vuoti tra l’edificato fossero terra di nessuno e non quell’elemento di raccordo straordinario che ha costituito, da sempre, il legarsi dell’edificato al suolo?
All’articolo 3
Il piano urbanistico potrà essere attuato anche ( grazie n.d.r!) con strumenti perequativi,compensativi e incentivanti secondo criteri che possono essere definiti con legge regionale.
Al punto 3 si definisce inoltre come compensazione “. ..l’attribuzione di diritti edificatori alle proprietà immobiliari sulle quali, o a seguito di accordi tra il comune e l’avente diritto, sono realizzati interventi pubblici o comunque ad iniziativa del comune.”
Ecco pronta la nuova riforma urbanistica! Un unico articolo capace di riassumere e attualizzare l’intera proposta di legge Lupi!
Per quello che riguarda gli incentivi ci dovranno pensare le Regioni (il Veneto sta marciando verso un +40%) Per il resto: avanti con le compensazioni che, attenzione, vengono qui introdotte per la prima volta come legge nazionale E’ questa un ‘indicazione precisa per la redazione degli strumenti urbanistici che, oltre i consueti studi preliminari di conoscenza della struttura ambientale e fisica dei luoghi, dovranno necessariamente ora avere una specifica carta dei luoghi dove poter spuntare favorevoli accordi per realizzare, oltre interventi a forte caratterizzazione ambientale ( un parco per esempio), un qualsiasi intervento di iniziativa comunale a qualsiasi scala e per qualsiasi funzione .
Si potrà ancora parlare di interesse pubblico alla guida delle trasformazioni?
All’articolo 4
La legge 241 del 1990 all’articolo 14 comma 2 così recita :
“ La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.
Ora, con l’articolo 4, le parole "è sempre indetta" vengono sostituite da “ può essere sempre indetta” e si inserisce un nuovo comma in cui si dice che, in caso della necessità di ottenere l’ autorizzazione paesaggistica il soprintendente si esprime in via definitiva in sede di conferenza ove convocata;
Si aggiunge, poi, un comunque al comma 14.ter dove il comunque si riferisce ad un’approvazione che così potrà avvenire cancellando la possibilità di richiedere da parte della soprintendenza un supplemento d’inchiesta di 30 giorni.
Non a caso questi articoli richiamano, nel loro sottotitolo, la parola semplificazione. Forse eccessiva trattandosi in questo caso di opere sottoposte a VIA. Un combinato disposto tra, possibilità ora di convocare una conferenza fin’oggi obbligatoria e la negazione di poter procedere con un supplemento d’istruttoria.
Insomma l’amministrazione procedente ( quella che promuove l’intervento) se vuole potrà indire la conferenza, alla soprintendenza, sempre che la conferenza venga convocata,non resterà il doversi esprimere subito o ….tacere per sempre
All’articolo 5
Riguardano l’armonizzazione di quanto fin qui semplificato con gli articoli precedenti, (ovvero l’edilizia libera) con la pianificazione paesaggistica. Abbattimento delle sanzioni comprese.
All’articolo 6
Nel 2006 il decreto legislativo 152 aveva introdotto, quale recepimento comunitario, per i piani urbanistici la valutazione ambientale strategica (VAS). Ora, con quest’articolo, quando il singolo strumento attuativo non preveda conflittualità con lo strumento generale sovraordinato, non è più richiesta questa verifica né quella di assoggettabilità. In caso di varianti con lo strumento sovraordinato, la VAS e la verifica di assoggettabilità dovranno essere svolte limitatamente agli aspetti di quanto non oggetto di valutazione sui piani sovraordinati.
Con questa disposizione decade la possibilità di relazione e aggiornamento reciproco tra parti dl territorio e tra interventi tra loro dimensionalmente e funzionalmente diversi. Con questo si perde la possibilità di verificare il rapporto reciproco traglielementi che,seppur definiti alla grande scala, concorrono alla ridefinizione dei luoghi innestando nuove forme di narrazione e di possibilità dell’abitare dei territori. Un’analisi essenziale condannata, così, a risultare inattiva e bloccata da valutazioni preesistenti e immutabili. Sarà impossibile verificare significati e pesi di ogni trasformazione. Correggere errori, valutare il da farsi.
All’articolo 7
Viene istituito un fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa per giovani coppie o nuclei familiari monogenitoriale con figli minori, e disciplinati i criteri di accesso (cfr decreto legge n.112 del 25 giugno 2008).
Come vedete non è esagerato parlare di golpe. E’ stato fatto scientificamente. Prima si è assicurata la rendita a chi potrà ampliare (uni/bifamiliari) e/o ricostruire. Poi, per esempio nel Lazio, si è assicurata quella dei proprietari ( singoli e costruttori) delle terrazze ”laziali” e romane in particolare. Ora tutti, proprio tutti tra i proprietari di case nel nostro paese (circa l’80%) finalmente padroni a casa propria potranno fare quello che vogliono senza chiedere nulla a nessuno ( speriamo che stiano un po’ attenti). E le amministrazioni ( che è bene ricordarlo perderanno anche gli introiti derivanti dalla presentazione delle DIA che comunque sono un’attività edilizia) dovranno ”mettere in vendita “ il loro territorio offrendo compensazioni e sperare così di spuntare accordi favorevoli per realizzare anche il servizio più elementare.
Non è una legge per l’abitare. E’ una legge per rafforzare la rendita delle case ( e dei proprietari) di chi la casa (le case) le ha. Agli altri rimangono solo i corpi. Per giunta condannati a vagare in un panorama assai simile a quelli dei romanzi di Ballard.
Vittorio Emiliani
Lettera a Vasco Errani
Caro Errani, ti scrivo come presidente della delegazione regionale nella Conferenza Stato-Regioni in relazione al decreto sul Piano Casa. Come Regioni avete sin qui giustamente difeso le vostre prerogative rispetto all'invasione di campo berlusconiana e centralista in competenze ormai da tempo regionali. Valuto lo stesso molto pericolosa la "filosofia" di fondo del presidente del Consiglio il quale era e rimane un immobiliarista il quale ha due stelle fisse: la casa in proprietà e Milano2 quale modello di "New town" (in realtà, come sappiamo, è soltanto uno dei tanti quartieri satellite). Mentre Paesi avanzati e civili quali Germania e Francia hanno ancora nell'affitto diffuso uno dei loro punti di forza sul piano sociale e comunitario. Da noi, a forza di costruire, gli alloggi vuoti o invenduti sono tanti: 30.000 nella sola Milano.
Ma nel decreto che verrà discusso con la vostra delegazione fra qualche giorno ci sono alcuni punti gravi o gravissimi. Uno in particolare. Quello che riguarda il ruolo delle Soprintendenze statali in relazione al paesaggio e alle stesse aree vincolate a vari fini (paesaggistico, archeologico, architettonico, ecc.). I rapporti fra Regioni e Soprintendenze non sono probabilmente dei migliori, anche perché talune Regioni (la Toscana in primo luogo) ambiscono da anni ad una delega regionale completa per la tutela. Tuttavia difendere l'ultima versione del Codice per il Paesaggio (quella Rutelli/Settis, per intenderci) dovrebbe essere per le Regioni, almeno per quelle di centrosinistra, un caposaldo. Significherebbe difendere il proprio diritto/dovere a co-pianificare insieme, Stato e Regioni, paesaggio e territorio. Senza ulteriori rinvii.
In questo quadro si inserisce anche il carattere vincolante o meno del parere "a monte" delle Soprintendenze sui progetti e lottizzazioni edilizie. Nel Codice Rutelli è vincolante. Berlusconi invece lo trasforma in consultivo e prevede, come sai, che, qualora esso sia negativo, le varie Amministrazioni possono ugualmente procedere motivando per iscritto il loro comportamento. V'è di più: la richiesta alle Soprintendenze di fornire il loro parere a tempi brevi equivale - per la complessità oggettiva di tali pareri e per le note carenze di personale degli organismi di tutela - ad una forma di silenzio/assenso, disastrosa in un Paese che già è così vocato alla illegalità edilizia, al travolgimento delle migliori norme in materia.
A nome di altre associazioni e dei tecnici del settore mi permetto di chiedere a te e agli altri presidenti una riflessione su questi punti-chiave. L'articolo 9 della Costituzione dice che "la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione", la Repubblica, cioè, in armonia, Stato-Regioni-Enti locali. Ma poiché lo Stato, cioè il Ministero dei Beni Culturali, è praticamente in ginocchio, senza alcuna capacità, né volontà, di difesa tecnico-scientificarispetto alle pretese del presidente del Consiglio e alla sua "filosofia" immobiliaristica, chiedo a te, a voi di reclamare un incontro tecnico-scientifico direttamente con i tecnici del Ministero, coi Soprintendenti, con la stessa Assotecnici dei Beni Culturali, al fine di acquisire, al più alto livello, pareri e dati di esperienza diretta che possano orientare giustamente il vostro delicato lavoro.
Poi potete anche rivendicare tutta la tutela, sposare la tesi toscana, regionalizzare la salvaguardia, ma se non difendete, qui e subito, le prerogative degli organismi di tutela, vi troverete a subire, ancora una volta, il centralismo più duro e impositivo, avallando la fine, la morte dei paesaggi italiani, di quanto rimane della nostra bellezza, cioè del capitale più grande che i nostri avi ci hanno trasmesso e che noi stiamo dissipando.
Col testo del decreto che conosciamo si potrà, di fatto, costruire ovunque, anche nelle zone vincolate, anche ai margini o dentro le aree archeologiche e naturalistiche. Un autentico disastro. Nazionale e regionale.
Al punto in cui siamo l'articolo 9 della Costituzione - il cui valore è stato così ben sottolineato dal presidente Napolitano - rischia di venire svuotato dal centro col vostro assenso. Mentre quel termine "la Repubblica" (voluto alla Costituente da Emilio Lussu, sardista e socialista) vi offre di avere oggi, a fonte di uno Stato latitante, un ruolo storico. Vi chiediamo il coraggio di pretenderlo e di esercitarlo, prima che sia troppo tardi.