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Paolo Flores D?Arcais
Sul carro dei demonizzatori
27 Marzo 2006
Scritti su cui riflettere
Una critica severa a chi accusava i critici di "demonizzare" B., e adesso finalmente sembra vederlo quale è. Da MicroMega, “La primavera” n. 5, 24 marzo 2006

Dice Pininfarina, uno che più conservatore e più di destra non si può (se si resta nell’universo liberaldemocratico), che Berlusconi è stato «antidemocratico, illiberale, e gravemente offensivo della dignità delle persone» e che ha svolto «un'arringa elettorale, al di fuori delle regole che erano state concordate».

Dice Montezemolo, uno che sta al comunismo quanto Benedetto XVI all’ateismo (o papa Borgia al Vangelo), che rispetta troppo le istituzioni per fare un commento su Berlusconi.

Dice Della Valle, uno che pure giudica «politici seri, e che rispetto, Fini, Casini, Tremonti, Alemanno», che Berlusconi «è sull’orlo di una crisi di nervi, la famiglia dovrebbe fermarlo, pensare che sia ancora presidente del Consiglio mi fa paura».

Dice Bersani, uno che più moderato nella sinistra è difficile trovarlo anche col lanternino, che Berlusconi «un caudillo sudamericano, questo è».

Insomma, a destra (e nella destra della sinistra) è un coro unanime di «demonizzazione». Berlusconi non è semplicemente malgoverno, e meno che mai destra liberale, è - se le parole citate non sono flatus vocis - populismo eversivo, peronismo (potenziato a dismisura dalla videocrazia).

Più che giusto. Con MicroMega sfondano una porta aperta, e con la saggezza popolare diremo perciò: meglio tardi che mai. I neodemonizzatori di establishment, però, traggano le conseguenze delle loro affermazioni, altrimenti è il classico «al lupo, al lupo» alternato a un più classico «sopire, troncare», a seconda delle circostanze, umori, digestioni della sera prima, ubbie e risentimenti personali.

Voi stessi, infatti, con le vostre parole, state ora denunciando quello di Berlusconi come un regime. Ma questo regime, se vincesse alle prossime elezioni, in cinque anni diventerebbe fascismo. Un fascismo in panni e apparenze post-moderni, ovviamente, ma fascismo. Non più questo già insopportabile - ma ancora non fascista - peronismo videocratico alla «ghe pensi mì».

E non si dica che esageriamo. Perché a sentirvi negli anni scorsi, noi avremmo sempre esagerato nel «demonizzare» Berlusconi e la sua politica. Cioè nel raccontarlo per quello che era. Perchè a Berlusconi si può imputare tutto (davvero, e in senso tecnico) tranne la doppiezza. La sua menzogna è sistematica, ma sistematicamente smaccata, sfacciata, spudorata. Il linguaggio del cerone e del corpo confessa sguaiatamente che non ci crede neppure lui.

Ci crede solo chi vuole. Ci casca solo chi vuole. E allora domandatevi cosa vi ha impedito di vedere, cosa vi ha spinto ad ingannarvi ed illudervi tanto a lungo. Altrimenti sareste pronti per nuove cecità.

E poiché nel trafficare della vita quotidiana non siete degli ingenui o delle figlie di Maria, l’unica domanda per non ricaderci è: perché avete voluto? Da dove originava la vostra volontà di illudervi su Berlusconi? Di non vedere il regime, la sua caratura «antidemocratica e illiberale» (Pininfarina), benché Berlusconi la vantasse e praticasse ai quattro venti?

Perché anche voi non avete poi il culto del capitalismo delle regole, del mercato virtuoso che teorizzava Adamo Smith, quello che richiamava un grande liberale (e di conseguenza gran «demonizzatore» di Berlusconi) come Paolo Sylos Labini, quello delle nuove prediche inutili di Guido Rossi. Siete (stati?) anche voi refrattari e allergici all’intransigenza delle regole.

Quanti, tra gli iscritti a Confindustria e a Confcommercio e alle altre Confabbienti, pagano le tasse fino all’ultima lira, come i lavoratori dipendenti? Quanti di voi hanno lanciato crociate contro l’evasione fiscale, considerandola per quello che è, un furto dalle tasche di chi le tasse le paga, e uno strumento di concorrenza sleale? [1]

Pagare le tasse, non truccare i bilanci, non pagare tangenti per gli appalti, rispettare le norme edilizie, non pagare in nero? insomma per troppi di voi la legalità è (stata?) un optional, perfino un «laccio e lacciuolo». Altrimenti perchè non invocare una legislazione draconiana contro i paradisi fiscali, le scatole cinesi, il caporalato, la corruzione eccetera? La legalità, e marce di strumentalizzazione al seguito, l’invocate solo quando va in frantumi qualche vetrina e a fuoco qualche macchina. Gesti deprecabili e insensati (e magari manovrati). Ma quanta più ricchezza altrui distrugge la tassa non pagata, il bilancio truccato, i due euro abusivi che la banca spreme da tutti i conti correnti? A quante migliaia di vetrine e di macchine corrispondono?

Del resto, non particolarmente simpatizzante con l’intransigenza delle regole si dimostra anche l’opposizione democratica. Altrimenti, perché le geremiadi sulle (mai indicate) esagerazioni di Mani Pulite, giaculatoria penosa all’inizio e rivoltante di inciucio quando diviene permanente?

Berlusconi è solo la dismisura di quanto avete sempre tollerato e troppo spesso praticato. Una dismisura inevitabile, se tali pratiche non vengono contrastate con sistematica intransigenza e mezzi repressivi adeguati. E poiché in Italia si sono stratificate attraverso tutte le stagioni di malgoverno, è una vera e propria rivoluzione della legalità quella che si rende necessaria per ripartire. L’avevate a portata di mano, si chiamava Mani Pulite, avete fatto il possibile e l’impossibile per soffocarla.

Ora, finalmente, siete spaventati anche voi della dismisura di illegalità, volgarità, sfascio e macerie, che Berlusconi incarna. E che ci trascina verso il Terzo Mondo. Ma la dismisura, in questo caso, è figlia della misura, del «fare i furbi» scambiato per imprenditorialità. Ecco perché una nuova stagione di Mani Pulite dovrebbe essere il vostro obiettivo, la vostra strategia e la vostra tattica. Secondo razionalità capitalistica, almeno. Ma il cuore ha ragioni che la ragione non conosce, e temo che il vostro cuore di establishment batterà sempre di indulgenza per chi ruba in guanti e colletti bianchi.

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