Il manifesto, 28 giugno 2015
Quando non c’era l’Ue i colpi di stato per liberarsi di governi democratici li facevano i colonnelli (o per le pagliacciate i generali Di Lorenzo ). Si dirà un passo in avanti, ma quale? Il rifiuto di accogliere il compromesso che dopo mesi di trattative Tsipras aveva controproposto equivale –lo hanno detto autorevoli economisti — a un colpo di stato di tipo nuovo. Un tentativo scoperto di pugnalare il primo governo di sinistra greco. Appare adesso anche più chiaro che in ballo non c’era la restituzione del debito, ma proprio questo obiettivo politico, per dimostrare al mondo, e nell’immediato alla Spagna, che non è lecito contestare la politica decisa a Bruxelles.
Tsipras ha risposto con coraggio convocando per il 5 luglio un referendum. Per avere dalla sua la forza di un appoggio popolare. Si tratta di un voto decisivo e drammatico, perché tutti sono consapevoli della durezza della scelta. È un voto che ci coinvolge e per questo dimostriamo ai greci che non lo consideriamo qualcosa che riguarda solo loro. Dobbiamo far sentire ai greci che non sono soli, dar loro sostegno come possiamo: sin dal 3 sera manifestando, facendo una fiaccolata, attrezzandoci per seguire i filmati che da Atene ci invieranno. E perché la TV greca possa dar conto della nostra mobilitazione a chi deve sentirsi meno solo quando andrà a votare.
Per il 5 sera, organizziamo ovunque un ascolto collettivo dei risultati delle urne. Il rifiuto del diktat non sarà una vittoria definitiva, perché si aprirà comunque una fase assai difficile. Ma sarà un atto politico soggettivo di enorme importanza, la testimonianza che siamo ancora convinti che Davide ce la può fare contro Golia. E appendiamo alle nostre finestre, per dire quanto importante sia anche per noi l’esito della vicenda, un drappo blu. (n drappo blu per questa volta, ma la prossima una vera bandiera greca che ora non abbiamo ma faremo bene a procurarci).
Grecia. La Grecia sta lottando da sola, in mezzo a intrighi di ogni genere. Vogliono far cadere Tsipras nonostante il consenso di cui gode
«Le istituzioni hanno presentato una nuova proposta che trasferisce il carico sui lavoratori e i pensionati con misure sociali ingiuste, mentre al tempo stesso propone di evitare l’aumento del peso su coloro che hanno di più». Questa è una nota del governo greco prima dell’Eurogruppo – e chiunque abbia un briciolo di cervello sa che è vero.
La Grecia sta lottando sostanzialmente da sola, in mezzo ad intrighi e sporcizia di ogni genere – vogliono cercare di far cadere il governo Tsipras nonostante abbia la grande maggioranza di consensi nel suo paese, e vogliono impedire un accordo onorevole che incrini la gabbia dell’austerità. È una terribile vergogna europea. Che cade non soltanto sulle istituzioni e sui liberisti, ma anche sulla società civile progressista e sui movimenti sociali.
Non si trattava di smettere di fare le proprie lotte e iniziative per dedicarsi alla Grecia. Neppure i greci chiedevano questo. Ma non costa nulla aggiungere un logo, una bandiera, uno slogan alle proprie vertenze. Per solidarietà, ma soprattutto per dare più forza a se stessi costruendo una alleanza europea contro l’austerità.
La storia non è fatta di automatismi, è fatta di scelte. Di tante scelte personali e collettive. Della capacità di capire quale è il punto, laddove la storia può cambiare in meglio. E di dare un contributo perché ciò accada.
Chi non capisce, chi non ha gli strumenti, a chi non è permesso uscire può stare alla finestra, mentre si giocano le partite fondamentali. Non è colpa sua. Ma chi gli strumenti per capire ce l’ha, e nonostante questo alla finestra rimane, dimostra — a mio modestissimo parere — di non essere all’altezza della sfida.
E tanto più importanti in queste ore sono le scelte di chi decide, o deciderà, che questa politica europea e la sua versione in salsa italiana richiede strappi grandi e coraggiosi – e un impegno vero, in prima persona, non delegato agli addetti ai lavori.
Oggi ad Atene si incontrano di nuovo le campagne di solidarietà europee, sindacati, organizzazioni e movimenti sociali di diversi paesi che hanno compreso fino in fondo quale è la scommessa. Ci saranno anche i tedeschi, che il 20 giugno con la manifestazione di Berlino hanno detto, in un appello forte promosso da una bella coalizione politica e sociale, che l’Europa fortezza e l’Europa della austerità sono due facce della stessa medaglia.
Tenerle separate rischia di essere una sudditanza inconsapevole verso le culture reazionarie che alimentano la guerra dei nativi contro i migranti. I movimenti presenti, dalla Spagna alla Germania alla Francia, presenteranno la proposta di fare intorno al 17 ottobre, giornata internazionale contro la povertà, una sorta di invasione popolare di Bruxelles.
Il progetto è di fare carovane che arrivino da diversi paesi, azioni, un contro vertice e una manifestazione grande di cui sta discutendo anche il sindacato belga.
Chiedono all’Italia di essere della partita. Diverse organizzazioni e reti italiane ne stanno già discutendo.
Si deciderà anche, naturalmente, di che cosa fare se le cose per la Grecia — diciamo meglio per l’Europa democratica– vadano male nelle prossime ore.
Ma io confido. Confido soprattutto nella grandissima forza, nel coraggio e nella straordinaria intelligenza e lucidità politica di Syriza. E nel popolo greco.
Salveranno il loro paese, salveranno questo Europa schifosa che chiude le porte in faccia alle persone: nativi, migranti e rifugiati. Terranno aperta la breccia per farci passare tutti e tutte. E salveranno anche chi non se lo merita e chi non ci arriva, perché sono gente generosa. Forza Grecia.
* Cambia la Grecia Cambia l’Europa