«Per eliminare ogni equivoco dico subito che sosterrò la lista Tsipras e la voterò». Stefano Rodotà chiarisce la natura delle osservazioni pubblicate in un recente articolo da «La Repubblica» che hanno scatenato una ridda di interpretazioni «in base ad un titolo che non era mio – afferma – In realtà ho cercato di fare un tentativo di analisi politica. Ci viene detto che siamo in emergenza, che i numeri non ci sono e che Renzi è l’ultima spiaggia. Questo è un modo per blindare il suo governo. Una cosa inammissibile. Io ritengo invece che il ruolo della politica stia proprio nel progettare vie d’uscita dalle situazioni presentate come emergenziali. E non credo, come invece fanno alcune interpretazioni dietrologiche, che la lista Tsipras, i transfughi del Movimento 5 Stelle, i deputati di Civati o Sel possano divenire una stampella per il Pd. È un ragionamento politicistico che francamente non mi interessa».
Qual è il primo problema che vede?
Questa lista di cittadinanza sarà un taxi che porterà, come mi auguro, dei parlamentari a Bruxelles, ma che in seguito si ripartiranno in gruppi diversi? È un’ipotesi, certo, che secondo me non dovrebbe essere confusa con il necessario pluralismo che una lista simile deve esprimere. Ma se questa operazione, che è importantissima per l’Italia, dovesse dissolversi subito dopo il voto, sarebbe certamente un problema.
Sono state sollevate perplessità sulla scelta di persone note come Barbara Spinelli, Adriano Prosperi o Moni Ovadia di dimettersi dopo l’eventuale elezione. Non crede che bisognerebbe evitare i «candidati civetta»?
Hanno giustificato questa decisione per un fatto di onestà e di trasparenza per gli elettori. Così facendo vogliono dare il massimo sostegno e responsabilità a chi partecipa alla lista. Ho apprezzato molto le loro ragioni. Altri, a cominciare da Berlusconi, si sono fatti eleggere per trainare una lista e poi non sono mai andati a Bruxelles. La mia non è un obiezione, e non intendo calvacare chi la sta facendo. Si tratta però di un tema già sollevato nei mondi a cui fa riferimento la lista Tsipras e rischia di essere riproposto. Non voglio fare l’elogio dell’importanza della comunicazione, ma bisogna usare il linguaggio più adeguato.
È stato dato rilievo alla contrapposizione tra le candidature di Sonia Alfano e Luca Casarini, un conflitto improprio considerate le regole poste dagli stessi «garanti» della lista per i quali Alfano era già in partenza incandidabile per avere ricoperto incarichi politici precedenti. Un episodio che sembra tradurre due idee di sinistra: la prima incentrata sulla legalità e la società civile, la seconda sui diritti sociali e i movimenti. Potranno mai coesistere?
Di certo non sono incompatibili. Tra l’altro, questo sta già avvenendo da tempo, ad esempio con «Libera» di Don Luigi Ciotti. Ma il discorso è senz’altro più ampio e riguarda la grande questione dell’unione tra diritti civili e sociali, tra i diritti delle persone e quelli del lavoro. Il problema riguarda il modo in cui è possibile saldare diritti costituzionali e diritti sociali. È la prospettiva sollevata da Gustavo Zagrebelsky in una recente intervista su Il Manifesto, una persona che non mi sembra affatto insensibile al rispetto della logica della legalità. Su questo punto nemmeno io sono reticente. La legalità richiede un’idea forte di moralità pubblica, non c’è alcun dubbio.
Parlare di coalizioni sociali significa anche interloquire con i movimenti della casa e per il reddito. In occasione della manifestazione sulla «Via maestra» del 12 ottobre e di quella del 19 ottobre è emersa una certa contrapposizione che sembra tornare oggi nella critica dell’elitarismo dei promotori della lista e i loro riferimenti alla «società civile». Si riuscirà mai ad impostare un lavoro comune?
Me lo auguro, anche perché in questi casi il riferimento ai diritti fondamentali, la casa o il reddito, è fortissimo, come altrove. Se questa lista andrà oltre la soglia del 4% si apriranno opportunità per tutti. Chiamarsi fuori va benissimo, ma vorrei rovesciare l’accusa.
La manifestazione a difesa della Costituzione del 12 ottobre non ha prodotto un seguito. In che modo pensate di riavviarne il percorso, visto che Pd, Forza Italia e Ncd continuano a propore nuove e rischiose riforme?
Ci stiamo riorganizzando e pensiamo di insistere su una serie di proposte di leggi popolari sulla partecipazione, sull’iniziativa legislativa popolare, sul reddito di cittadinanza anche se declinato oggi nella forma più semplice del reddito minimo. Stiamo studiando le possibilità di un referendum che riguardi il pareggio di bilancio introdotto nell’articolo 81 della Costituzione in maniera frettolosa e senza alcuna discussione. Non era obbligatorio, altri paesi come la Francia non l’hanno fatto. Ma è una misura terribile che schiaccerà questo paese sotto il peso dell’austerità. Visto che oggi esiste la lista Tsipras non ho dubbi che questa prospettiva possa essere interessante politicamente anche per loro