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Fabrizio Tonello
Stati uniti, un futuro ormai pignorato Al punto di partenza
2 Febbraio 2011
Capitalismo oggi
La solidità degli effetti devastatori dell’immobiliarismo cartaceo è uno dei paradossi più folli del sistema vigebte. Il manifesto, 2 febbraio 2011

Il Dow Jones può salire con le bolle speculative sulle materie prime, possono entusiasmare le vendite di Natale o le società leader come Apple, ma la piaga del mercato immobiliare resta insanata e insanabile

Il 25 gennaio, di fronte al Congresso e a 50 milioni di americani che lo ascoltavano, Barack Obama ha pronunciato un discorso di 6.958 parole nel quale ha parlato molto di posti di lavoro (33 volte), di scuola (16 volte), di futuro (16 volte) di energia pulita (9 volte). C'era però un vocabolo maledetto, una parola tabù assente dal suo discorso sullo Stato dell'Unione, come se il solo pronunciarla potesse peggiorare la situazione: «foreclosure», pignoramento della casa.

Lo stesso giorno in cui Barack Obama esortava gli americani a guardare con fiducia al futuro, a reagire come reagirono nel 1958, quando il lancio dello Sputnik sembrava dimostrare la superiorità dell'Unione Sovietica nella corsa allo spazio, in quelle stesse ore venivano diffusi i dati sui prezzi delle case, che sono ulteriormente scesi, dell'1% nelle 20 maggiori aree metropolitane degli Stati Uniti, mentre i pignoramenti di case per mutui non pagati regolarmente saranno nel 2011 più di due milioni, in aggiunta ai 2,8 milioni pendenti. Dal 2008 ad oggi circa tre milioni di famiglie americane hanno perso la casa, o sono sul punto di perderla, fra undici mesi altri 2 milioni saranno nelle stesse condizioni, portando il totale a 5 milioni.

«Il livello dei pignoramenti rimane da cinque a dieci volte più alto rispetto al normale nei mercati più colpiti, dove permangono profonde linee di frattura che potrebbero scatenare nuove ondate di pignoramenti nel 2011 e oltre. I pignoramenti si sono estesi nel 2010 perché la disoccupazione elevata ha fatto crescere i procedimenti del 72% nelle aree metropolitane, molte delle quali erano rimaste relativamente immuni dal maremoto iniziale di pignoramenti» dice James J. Saccacio, amministratore delegato di RealtyTrac, un'agenzia specializzata nel seguire le evoluzioni del mercato immobiliare americano.

Di fronte a una tragedia sociale di queste dimensioni, il presidente entrato in carica nel gennaio 2009 sull'onda di immense speranze avrebbe probabilmente dovuto dire qualcosa, fare un bilancio di ciò che l'amministrazione ha fatto in questi due anni, giustificare i fallimenti e annunciare la ricerca di nuove strade per affrontare il problema.

Le strizzatine d'occhio

Non solo Obama non lo ha fatto, ma la sua amministrazione manda ogni giorno strizzatine d'occhio a quello stesso mondo delle banche che è all'origine della catastrofe finanziaria del 2008, una «crisi evitabile», come spiega con abbondanza di dettagli il rapporto della commissione del Congresso incaricata di indagare sull'accaduto (il rapporto è stato pressoché ignorato dalla stampa se non nei suoi aspetti di polemica spicciola tra commissari democratici e commissari repubblicani). E la nomina di William Daley, ex sindaco di Chicago e alto dirigente di J. P. Morgan a capo di gabinetto dello stesso Obama appare, più che una strizzatina d'occhio alle banche, una resa senza condizioni.

Sul sito web della Casa Bianca sono elencati 29 temi politici su cui gli americani possono ottenere maggiori informazioni su ciò che Obama ha fatto e si propone di fare: si comincia con Civil Rights e si finisce con Women, passando dalle politiche per i reduci di guerra a quelle per le zone rurali. Quello che non c'è è la voce Housing, o sinonimi. La casa, il cuore del Sogno Americano e l'epicentro della crisi finanziaria, è stata semplicemente rimossa come problema.

La storia della crisi esplosa con il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 è molto complessa e, non a caso, il Financial Crisis Inquiry Report ha avuto bisogno di 633 pagine per ricostruirla. Ma la storia di ciò che sta accadendo oggi sul mercato immobiliare degli Stati Uniti e su ciò che accadrà nei prossimi due anni è invece molto semplice. Proviamo a riassumerla in due battute: i prezzi delle case continueranno a scendere, o al massimo si stabilizzeranno al livello attuale, perché l'offerta supera ampiamente la domanda e perché i pignoramenti continueranno. Questo funzionerà da freno a mano per l'intera economia e manterrà probabilmente la disoccupazione al di sopra del 9%.

Perché l'offerta di case supera la domanda? Per due ragioni convergenti che, insieme, creano una spirale negativa. Sul lato dell'offerta: 3 o 4 milioni di case pignorate significano altrettante case messe sul mercato in sovrappiù rispetto al normale stock di appartamenti in vendita. Sul lato della domanda, la disoccupazione al 9,4% e la stagnazione dei salari di chi ancora un lavoro ce l'ha si traducono in una capacità di acquisto ridotta e in una estrema prudenza nell'indebitarsi, per l'incertezza sul futuro che angoscia le famiglie americane.

Queste due potenti forze che trascinano verso il basso il mercato immobiliare dovrebbero essere controbilanciate da forze economiche opposte generate da questa situazione: il calo dei prezzi dovrebbe riavvicinare offerta e domanda, mentre la politica di tassi vicini allo zero praticata dalla Federal Reserve dovrebbe facilitare l'accesso al credito delle famiglie e spingere chi può ottenere un mutuo attorno al 3% a fare il grande passo e decidersi all'acquisto.

In parte queste due forze hanno cominciato ad operare ma i dati ci dicono che sono ancora troppo deboli per invertire la tendenza, per una varietà di ragioni. Il calo dei prezzi non è generalizzato e uniforme ma concentrato in alcuni stati e città. Questo ha creato delle aree semiabbandonate in centri come Cleveland o Detroit, che già bene non stavano, facendo scomparire la prospettiva di una ripresa in tempi brevi o medi: chi vorrebbe andare ad abitare in quartieri infestati dalle gang, o che le amministrazioni comunali pensano seriamente di restituire all'agricoltura? Sono le case a basso costo ad essere le più penalizzate nella perdita di valore, in quanto destinate a una clientela che in questo momento non ha prospettive di migliorare la propria situazione: ad Atlanta il prezzo medio di una casa è tornato quello di 11 anni fa e gli appartamenti di fascia bassa costano oggi il 32% in meno di un anno fa. A Las Vegas l'11% delle abitazioni, una casa ogni nove, è in procinto di essere pignorata o è già stata restituita alla banca.

Arriveranno prezzi migliori?

In altre città, come Chicago, Seattle, Miami, Portland in Oregon, i potenziali acquirenti semplicemente pensano che non si sia ancora toccato il fondo e che nei prossimi mesi potranno spuntare prezzi migliori. Le vendite erano risalite fino a quando era rimasto in vigore un incentivo fiscale per i compratori che è scaduto nel maggio scorso e che oggi, con la Camera a maggioranza repubblicana, l'amministrazione Obama nemmeno osa riproporre. Da maggio in poi i prezzi sono tornati a scendere e non si vede cosa possa arrestare questa tendenza.

Il problema chiave sono i pignoramenti: nella fase più acuta della crisi le banche si sono gettate sulle case su cui vantavano un'ipoteca come avvoltoi, in molti casi senza neppure seguire le procedure previste dalla legge, talvolta falsificando i documenti. Negli ultimi mesi il ritmo si è un po' rallentato perché la magistratura ha iniziato a guardare più da vicino ai metodi di J. P. Morgan, U.S. Bancorp e Wells Fargo, in qualche caso annullando le vendite all'asta, come è accaduto in Massachusetts e in altri stati. Si tratta però di una goccia nel mare: quando Obama entrò in carica nel gennaio 2009 si impegnò a varare un programma di emergenza per permettere a chi era in arretrato con i pagamenti di restare nella casa e di negoziare con le banche creditrici migliori condizioni.

Purtroppo, dietro i blandi comunicati dell'amministrazione sta una triste realtà: il programma Making Home Affordable è stato un completo fallimento. Il Congressional Oversight Panel, nel suo rapporto del dicembre scorso, ha usato un linguaggio circospetto per non irritare la Casa Bianca ma la situazione è questa.

Mentre negli obiettivi il programma doveva raggiungere 4 milioni di famiglie, il rapporto del ministero del Tesoro diffuso pochi giorni fa fornisce il numero di «permanent modifications» delle condizioni del mutuo, cioè il numero di famiglie che hanno ottenuto una dilazione dei pagamenti, una riduzione della rata mensile o un interesse più basso: 521,630, poco più di mezzo milione. E il fatto che queste famiglie abbiano ottenuto un piccolo miglioramento della loro situazione grazie all'intervento del governo federale non garantisce affatto che riescano a salvare la loro casa dal sequestro: nei prossimi mesi le rate più basse o le dilazioni ottenute possono ugualmente rivelarsi troppo onerose per famiglie che spesso hanno a che fare con la disoccupazione, o con lavori che non pagano nemmeno quanto serve per fare la spesa settimanale al supermercato.

Tanti incentivi alle banche

Al di là delle ragioni tecniche (l'eccesso di scartoffie da compilare, condizioni troppo restrittive per essere ammessi agli aiuti) sta una questione fondamentale: l'amministrazione lo ha impostato come un programma di incentivi per le banche, non osando prendere misure più radicali anche a causa dell'ostruzionismo dei repubblicani in Congresso. Le banche, molto spesso, hanno ignorato le offerte, ritenendo di poter guadagnare di più pignorando la casa del debitore insolvente e rimettendola sul mercato.

Naturalmente, se questo comportamento poteva essere razionale per la singola banca, il fatto che tutte le banche facessero la stessa cosa ha fatto schizzare alle stelle il numero di pignoramenti, quindi il numero di unità immobiliari messe sul mercato, facendo scendere i prezzi delle case esistenti e rallentando la costruzione di nuove case: nel dicembre 2010 sono state vendute 329.000 unità immobiliari nuove, contro le 356.000 del dicembre 2009.

Si torna quindi al punto di partenza: il Dow Jones può salire allegramente seguendo le bolle speculative sulle materie prime, consolandosi con i modesti miglioramenti nelle vendite natalizie o entusiasmandosi per i risultati trimestrali di alcune aziende leader, come Apple, ma la piaga purulenta del mercato immobiliare resta lì, insanata e insanabile fino a che l'amministrazione Obama non si convincerà che occorre intervenire sul serio. Il che potrebbe anche essere impossibile perché i repubblicani hanno giurato di praticare un energico salasso all'economia americana nei prossimi mesi, riducendo le spese federali a qualsiasi costo. I singoli stati, nel frattempo, discutono di come potrebbero legalmente dichiarare bancarotta e licenziano pompieri, poliziotti, insegnanti e bibliotecari per tappare in qualche modo i buchi di bilancio.

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