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Sprawl? È solo sviluppo, e mi piace
17 Febbraio 2012
Dalla stampa
Un amministratore eletto a una carica istituzionale, sul sito ufficiale dell’ente fa apologia della dispersione. Oakland County, Michigan, febbraio 2012, postilla (f.b.)

Titolo originale: Sprawl, Schmall... Give Me More Development - Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Forse siete fra coloro che ritengono tutte le parole di quattro lettere sporche e cattive: che dire di quella che ne ha sei di lettere, sprawl?

Per certi personaggi tristi e catastrofici, "sprawl" sta insieme a cose come la peste, la lebbra, le malattie veneree, ma lasciate che ve lo dica: a me lo sprawl piace. Credo che ce ne sia bisogno. Lo facilito. Il territorio della Oakland County ne deve avere di più. Chiaro? Lo sprawl non è il male. Anzi, è il bene. Rappresenta l’espressione ovvia di chi esercita la propria libertà individuale garantita dalla nostra amata costituzione, che tutela chi insegue un sogno, chi sceglie dove abitare, dove lavorare, dove studiare, dove far crescere la famiglia. Smettiamola con questa isteria, e chiediamocelo onestamente: cos’è, lo sprawl? “Sprawl” è il termine peggiorativo che ahimè usano certi decisori pubblici per definire lo sviluppo economico che avviene in zone dove non hanno controllo. Si dice sprawl, ma in realtà si tratta di case, scuole, industrie, uffici, negozi. "Sprawl" è nuovi posti di lavoro, nuove speranze, l’avverarsi del sogno di tutta una vita, il Sogno Americano che diventa realtà davanti ai nostri occhi.

Oggi quando un’impresa decide di investire nell’abbandono di una sede suburbana, e si trasferisce in centro (spesso raddoppiando o triplicando il pendolarismo dei dipendenti), chi è contro il Sogno Americano, i tristi catastrofisti, parlano di “rivitalizzazione economica”, sono entusiasti. Quando invece un costruttore di case, o una famiglia, si trasferiscono nel suburbio questi Anti-Sogno-Americano li condannano. “Sprawl!” sibilano. “È il Male!”. Chiedono leggi, chiedono di sottrare poteri locali, di darli allo stato, per arginare, limitare, evitare, invertire tutto ciò che è crescita fuori dalle città centrali. Vogliono farvi credere che qualunque sviluppo nel suburbio rappresenti la radice di ogni problema in città, nel Michigan o in tutto il resto del paese. Paiono convinti che chi se ne è andato dalle città ha lasciato posti bellissimi, che è stata proprio la loro partenza a provocare tutti quei crimini, le troppe tasse, i servizi inesistenti, un sistema scolastico degradato.

Non facciamoci coinvolgere in questa nuova forma di negazionismo. Sprawl non ha mai voluto dire degrado urbano. Le città decadono perché hanno sprecato le proprie risorse. E sono stati la criminalità, le troppe tasse, le scuole degradate, la mancanza di verde a spingere la gente ad andarsene. I protagonisti dello sprawl, e io sono uno di loro, vogliono solo una casa con giardino in una via tranquilla e ben tenuta, una buona scuola nella propria zona che educhi davvero i figli, un buon lavoro, verde e spazi per giocare, un’amministrazione locale che eroghi effettivamente i servizi per cui chiede le tasse. In altre parole, vogliono qualcosa come ciò che la Oakland County è oggi. Qualcuno degli Anti-Sogno-Americano, particolarmente in malafede, dice che noi la stiamo asfaltando, la Oakland County. Che campi e boschi vengono cementificati dai costruttori, gente orribile che fabbrica casette unifamiliari invece dei palazzoni popolari. Dicono che il nostro territorio, anzi tutta l’America, presto si trasformerà in un gigantesco parcheggio di supermercato. La realtà però nega queste immagini da isterici.

La prima cosa che si può rispondere è che guardando obiettivamente il nostro sviluppo si capisce che non ci sta affatto crollando il cielo sulla testa. La Oakland County soddisfa il cittadino, l’impresa avveduta, l’amministratore locale delle nostre 62 circoscrizioni comunali, che insieme hanno lavorato sugli oltre 2.200 kmq di territorio. Lo dimostra il modo in cui abbiamo usato il nostro spazio. Vediamo: le case unifamiliari, meta delle tantissime famiglie all’inseguimento del proprio Sogno Americano, occupano il 38,5% della superficie. Al secondo posto i terreni liberi, 13,6%. Tutela ambientale (destinazione permanente) e ricreazione 13,3%. Specchi e corsi d’acqua 5,9%; agricoltura 4,2%, industria pure 4,2%, spazi pubblici 3,8%, funzioni commerciali solo 2,1% (resta una quota del 13,4% che comprende diritti di passaggio dei servizi a rete, ferrovie, superfici per abitazioni mobili). Un equilibrio che funziona benissimo! E tra l’altro, secondo una ricerca, il territorio dello stato del Michigan oggi è ancora al 91% rurale. Coi ritmi di urbanizzazione attuali abbiamo ancora circa duemila anni prima di esaurire la superficie dello stato.

Che dire, del fatto che staremmo asfaltando tutta l’America? Beh, la superficie totale degli Stati Uniti è di 9,37 milioni di kmq. Di questi, sono urbanizzati circa 360.000. Vale a dire che non molto più del 3% dell’America si può considerare “costruito”. I costruttori si stanno davvero mangiando boschi e prati con la loro cupidigia? Macché. Oggi in Michigan ci sono più boschi di cent’anni fa. Se diminuisce la superficie coltivata, ciò non si deve alle trasformazioni urbane, ma alla maggiore produttività delle colture. Grazie alle innovazioni tecniche, si possono produrre più cose usando meno terreni. Una grossa percentuale dei nostri prodotti dell’agricoltura oggi viene esportata, e ce ne resta ancora in abbondanza per dar da mangiare a tutto il paese. E infine sfatiamo la leggenda: quanta superficie abbiamo a disposizione? Beh, ascoltate: se ogni uomo, donna, bambino americano fosse obbligato a trasferirsi nel territorio del solo stato del Texas, avremmo ancora a disposizione, ciascuno, una superficie di 2.500 metri quadrati.

Allora, la prossima volta che sentite la parola sprawl, godetevela. Vuol dire solo sviluppo economico. Posti di lavoro. Libertà di scegliere. Si può tradurre letteralmente in qualità della vita. E se qualcuno ve la urla in faccia quella parola, sprawl, guadatelo con attenzione. E spesso vi accorgerete che è uno di quei radical chic che a suo tempo se ne sono andati dalle città. Adesso vorrebbero che qualcuno ci tornasse a prendere il loro posto. Vogliono usare il potere politico ad alto livello per obbligarvi a tornare in un quartiere urbano, in un tipo di case in cui loro non abiterebbero mai. Vogliono obbligarvi alla città per farvi espiare un loro peccato, quello di essersene andati da lì. Se non altro, per favore cercate di tenere ben presente che si parla di una “cosa”. Questa “cosa” è oggetto di forte concorrenza. Questa “cosa” è fra le più ambite del paese. Questa “cosa” vuol dire sviluppo economico. Chi non può averla, e ce ne sono, la considera il male, la chiama “sprawl”. Chiediamocelo: se fa tanto male, perché tutti la vogliono, perché fanno a gara per averla, perché per attirarla si fanno concessioni fiscali, si danno incentivi, si istituiscono zone speciali? La risposta la conoscete benissimo.

postilla

Non c’è che dire. Anche al netto dell’ovvia difesa del proprio fazzoletto di potere e prestigio locale (contro il classicissimo invadente “big government”) una bella montagna di sciocchezze, qualitative e quantitative insieme. Del resto in piena sintonia con quanto già riportato su questo sito a proposito delle posizioni più diffuse ormai anche ad alto livello tra i politici conservatori. E certo non limitate all’America profonda, basta pensare al senso concreto economicista della riforma urbanistica britannica, o alla cultura maggioritaria di altri paesi, Italia al primo posto, dove costruire sempre e comunque è sinonimo di progresso e ricchezza. Se vogliamo leggere un messaggio positivo anche in questa montagna di falsità e ideologie, però, è che calcando i toni oltre un certo limite non si va da nessuna parte: né dipingendo ogni trasformazione con le tinte rosee del sogno familiare, né urlando di continuo alla colata, all’ecomostro eccetera. Non perché sia di cattivo gusto (lo è, ma non importa): fa solo il gioco dell’avversario, rendendo ridicole le idee che si vorrebbero promuovere (f.b.)

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