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Ida Dominijanni
Spostandosi da Vicenza a Parigi
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Berlusconi e berlusconismo, èlite e popolo: “Per dare l’addio al berlusconismo stavolta non basterà una gestione più decente del quadro politico e istituzionale”. Da il manifesto del 21 marzo 2006

Non se ne farà nulla, ma il solo fatto che sia stato posto il problema di spostare la data del secondo confronto fra Prodi e Berlusconi per evitare la concomitanza di data con la fiction di Mediaset su papa Wojtyla la dice lunga sullo stato dell’arte: il religioso batte il politico, o almeno ci prova, e il televisivo batte tutti i due. I sondaggi danno l’Unione in testa, Berlusconi perde punti ogni volta che tenta di guadagnarne con le sue performance, ma l’agenda teledemocratica è ancora quella dettata da lui con la scesa in campo del ‘94: è la tv la scena della politica. La differenza, rispetto al ‘94, è che adesso questa scena è satura e c’è un prim’attore che ha stancato e sbaglia il copione. Un’altra scena, però, non si vede: l’Unione si avvantaggia dell’eccesso autolesionista dell’avversario, più che brillare di creatività politica propria. Il berlusconismo finirà per autoimplosione?

L’incursione di Berlusconi a Vicenza lascia aperto l’interrogativo, cui i sondaggi non bastano a dare risposta. L’eccesso di violenza è probabile che gli abbia nuociuto, confermando appunto la saturazione - in atto già da tempo - dei dispositivi di identificazione nelle sue miracolistiche promesse, nel suo ottimismo, nel suo narcisismo. Però la sceneggiata resta carica di segnali che non si possono liquidare con l’argomento consolatorio della saturazione. Perché resta il fatto che un presidente del consiglio si presenta a un convegno di un’associazione con quella arroganza monarchica, ostenta un disprezzo assoluto per qualunque regola - del galateo, dell’economia, della democrazia -,aggredisce volgarmente uno che si permette di non pensarla (più) come lui, arringa il popolo televisivo e il popolo degli industriali contro le élite della politica e degli industriali; e comunque qualcosa porta a casa, almeno nel suo campo che è poi il destinatario della sua strategia di galvanizzazione. Il che significa che Berlusconi probabilmente perderà le elezioni, ma il berlusconismo è ancora in circolo, e i suoi ingredienti di arroganza, populismo, disprezzo delle procedure sono tutt’altro che un ricordo del passato.

A proposito di élite. Nell’intervista di ieri al Messaggero, intitolata per l’appunto «Addio al berlusconismo», Massimo D’Alema ha osservato che «nelle élite del paese c’è la percezione che Berlusconi ha perso». Il che è vero e va incassato con soddisfazione, a patto di completare il quadro con almeno una domanda sulla percezione della situazione in coloro che élite non sono. È certo che una parte - solo una parte - delle élite del paese nel 2001 stava con Berlusconi oggi sta con Prodi. Ma è altrettanto certo che è stato il voto popolare, non quello d.élite, a premiare Berlusconi nel 2001 come nel .94. E va ricordato che altre élite, ad esempio gli studiosi del populismo e della post-democrazia, non hanno smesso di sottolineare in questi anni che il populismo di destra vince quando e dove il popolo scompare dalle attenzioni della sinistra. E per ora non pare che sia granché ricomparso nella campagna elettorale dell’Unione.

Si dà il caso che nel frattempo popolo ed élite si ripresentino in nuove, o antiche, combinazioni. Sta accadendo ad esempio a Parigi, contro la riduzione del lavoro a schiavitù flessibile e precaria che affligge l’Italia più della Francia. Aspettiamo con fiducia che il fatto si conquisti l’attenzione che merita nel discorso elettorale della sinistra italiana: non foss’altro perché c’è da giurare che è il futuro, prossimo, che l’aspetta. Per dare l’addio al berlusconismo stavolta non basterà una gestione più decente del quadro politico e istituzionale.

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