Un titolo fuorviante, che è anche la rivelazione di in problema, che non si chiama Barbara Spinelli, ma rapporto tra società e partiti, "buoni" o "cattivi che siano.
Il manifesto, 8 giugno 2014. con postilla
Sinistre. La capolista siederà nel Gue a Strasburgo. Escluso il giovane candidato di Sel Marco Furfaro. La notizia arriva da Parigi alla fine dell’assemblea. Che le chiedeva un confronto
Quello che comporta è l’elezione di Eleonora Forenza, Prc. E l’esclusione del giovane Marco Furfaro, di Sel, che non è un complimento per un partito che sulla scommessa della lista Tsipras si sta giocando la tenuta interna. «Sono certa che i tanti elettori di Sel», scrive Spinelli, «approveranno e comunque accetteranno una scelta che è stata molto sofferta», «conto non solo sulla loro fedeltà alla lista ma sulla loro partecipazione immutata al progetto iniziale, che ha come prospettiva un’aggregazione di forze alternativa all’odierno centro-sinistra e alle grandi intese».
Quello che succederà davvero lo si vedrà nelle prossime ore. Certo è che la decisione arriva ’a prescindere’ dalla lunga e travagliata discussione che si era consumata nella giornata di ieri alla Sala Umberto, dove si erano riuniti i comitati della lista Tsipras per discutere delle prossime mosse. Una discussione durissima, segnata dall’assenza di Spinelli — da dieci giorni ritirata a casa sua a Parigi, con pochi contatti con i ’garanti’ della lista, che pur avendole chiesto di accettare il seggio hanno contestato la sua riflessione solitaria, «unilaterale», aveva detto Marco Revelli. E va anche detto che mentre a Roma dal palco sfilava lo «Psico-Tsipras», come titola Huffington Post, in tutt’altra atmosfera alla festa del quotidianoRepubblica, a Napoli, Curzio Maltese, anche lui eletto (in forza della rinuncia di Moni Ovadia), anche lui assente dal dibattito romano, già anticipava la scelta.
Dibattito duro. La platea si divide fra chi chiede a Spinelli di restare a qualsiasi costo, chi — di più, soprattutto i giovani — «non capisce perché lei non voglia discuterne con noi», Luca Spadon, già portavoce di Link, «innescando una disumanizzazione in rappresentanti di partiti di due ragazzi in prima fila nelle lotte contro la precarietà e per l’università. Al prossimo passo dobbiamo arrivarci tutti assieme». «La politica in cui tutto rimane sottinteso è vecchia politica», spiega Jacopo Argilli. La questione generazionale a metà assemblea esplode, dal palco i ragazzi attaccando: «Non si è autorevoli solo se si hanno più di 65 anni e una cattedra». Ma non è neanche un derby giovani-vecchi, negli interventi rimbalza il tema del «prendersi cura» di una creatura politica nascente.
Lei sa «che molti sono delusi: il proposito espresso all’inizio di non andare al Parlamento europeo sarebbe disatteso, e questo equivarrebbe a una sorta di tradimento. Non sento tuttavia di aver tradito una promessa. I patti si perfezionano per volontà di almeno due parti e gli elettori il patto non l’hanno accettato, accordandomi oltre 78mila preferenze», e crede anzi con il suo ripensamento di «proteggere la lista» dalle «logiche di parte. Proprio le divisioni identitarie che si sono create sul mio nome mi inducono a pensare che la mia presenza a Bruxelles garantirebbe al meglio la vocazione, che va assolutamente salvaguardata, del progetto — inclusivo, sopra le parti — che si sta costruendo».
Sono risposte che non rispondono alle domande poste dal palco romano, né potrebbe essere diversamente: Spinelli non le ha ascoltate.
E quell’allusione a una forza «alternativa al centrosinistra» suona come un messaggio a Sel, che pure scommettendo sulla lista Tsipras non ha chiuso con l’idea di un ancora possibile centrosinistra.
Intanto il costituzionalista Stefano Rodotà a Roma benedice la lista e chiede di andare avanti sulla strada unitaria: non dividere «l’Altra Europa» dall’«Altra Italia», «ricostruire una cultura politica non astratta ma innervata nel lavoro sociale. Ma un primo tratto, straordinario, è stato fatto. Io, per quello che posso, proverò a starci dentro», annuncia. «Dobbiamo costruire una coalizione sociale», spiega il giurista, e ne snocciola una bozza di programma: cambiare l’art.81, ovvero il pareggio in bilancio in Costituzione; via l’art.8 della legge Sacconi, ovvero le deroghe ai contratti nazionali; opposizione «a una riforma costituzionale che porterà a una nuova divisione fra cittadini e istituzioni»; «ricostruzione morale» della cultura della sinistra, che è «incompatibile con le intese larghe, strette, corte o qualsiasi esse siano». È lo slancio che in molti aspettavano da mesi. Dal palco arriva anche il sì di Francesco Campanella, ex M5S, a testimonianza che la compagnia si potrebbe allargare. Ma la partenza è amara.