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Cesare Bermani
«Speculatori sul lago Orta. Salviamo natura e cultura»
11 Agosto 2010
Il paesaggio e noi
Toni Jop Intervista lo storico delle fonti orali, che racconta la battaglia contro la cementificazione. L’Unità, 11 agosto 2010

Cesare Bermani non passa in tv. Ma negli Stati Uniti le università lo conoscono bene. Hanno letto e studiato sui suoi libri migliaia di studenti anche negli atenei italiani; si sono formati in una scienza a cavallo tra la storia, l’antropologia, la musica e la parola, quella sintetizzata nella o nelle storie orali, spesso cantate. Inoltre, è stato ed è tutt’ora, assicura – un “cattivo maestro”, ha creduto nella rivolta. Ci crederà ancora assieme a tanti altri compagni, ma intanto, a settantre anni mentre non smette di scrivere libri, è alla testa di un comitato il cui unico obiettivo è difendere il lago d’Orta e i suoi dintorni dalla speculazione. Dalle finestre di casa sua il lago si vede bene ed è un incanto fin qui, nonostante tutto, sostanzialmente risparmiato dalla speculazione che altrove ha fatto vittime illustri. «Quel tempo è finito – dice – conviene muoversi alla svelta, ciò che resta dell’Italia è in pericolo e le cause sono sotto gli occhi di tutti e soprattutto stanno nella cronaca politica».

Qualcuno ha sepolto la cultura della conservazione del patrimonio ambientale? «Prima non avevamo cura, ora siamo pronti a svendere per un pugno di soldi. Sì, è una questione culturale con radici antiche ma dobbiamo fare i conti con la condizione oggettiva delle casse dei comuni. Hanno l’acqua alla gola, si ficcano le mani in tasca e quel che trovano sono pezzi di un ambiente spesso meraviglioso, si guardano attorno e comprendono che quei panorami hanno un valore, quindi ecco la tentazione di svendere, cedere alla richiesta speculativa quasi sempre agganciata alla macchina turistica. Solo che si danno la zappa sui piedi...»

foto di f. bottini

Vuoi dire che sei in grado di dare consigli agli investitori? «Mettila così: se si cede a questa pulsione senza cervello si brucia una risorsa di lungo respiro in favore di un incasso molto veloce e neppure scontato: un albergo di qui, un altro di là e il gioco è fatto, quello che è stato per millenni un paradiso capace di attrarre attenzione con il suo fascino perderà la sua attrattiva, una volta cementato. In questo movimento di cose corre il filo della allegoria della vanità. Allora, conserviamo il valore, ci aiuterà, anche economicamente».

Magnifico: parli di conservazione dopo aver detto e scritto di rivolta... «Sembra così, ma non è vero. Il nemico è sempre il potere, è lui che pretende di manipolare a suo piacimento il territorio per alimentare i suoi processi di autoconferma. Distruggere fa parte dei suoi modi d’essere, anzi la morte, anche dell’ambiente, rientra nel suo planning».

Va bene, ti riconosco. È la stessa barricata sulla quale lottavi tanti anni fa quando scrivevi, con Coggiola, i testi del rivoluzionario «Io ci ragiono e canto» per Fo. Ma forse oggi la realtà è meno ospitale per questi mondi di idee bellissime...«Ancora una volta, mi basta, ci basterebbe la Costituzione. L’articolo nove della Carta fa esplicito riferimento a questi casi quando afferma: “la Repubblica tutela il paesaggio storico e artistico della Nazione”. Ma chi darà ai Comuni la forza morale di rispettare questo mandato mentre mancheranno perfino i soldi per i servizi sociali? Facciamo quello che possiamo, così con la nostra associazione “Ernesto Ragazzoni” in difesa del lago d’Orta. Il 27 agosto inauguriamo una mostra sui mostri, gli ecomostri che già ci sono, 26 pannelli esposti in centro a Orta, foto e didascalie. Devo dire che non siamo inutili: siamo riusciti a spuntarla più di qualche volta. È bene che la gente lo sappia: se si muove, per la speculazione è tanto più dura, difendiamo il territorio».

Già sentita: non è la Lega che sta facendo di questo slogan la sua piattaforma politica? «La Lega... siamo su mondi diversi. Quando i figli del Carroccio neppure sapevano di esistere, io e altri con me, sostenevamo l’importanza decisiva dei dialetti. Ci rifiutavamo anche di intenderli come tali, erano e sono vere lingue. Ma pensare di inserirli come materia di studio nelle scuole significa non aver capito niente di niente. Dialetto è libertà, è strada, è casa, militarizzarlo in una scuola è come voler mettere le mutande a uno che da millenni se la cava benissimo senza. Una idiozia. Poi, all’università, e in certi modi, si può parlarne...»

Zaia, il governatore del Veneto, sostiene che la Lega promuove la complessità anche del linguaggio... «Beato chi ci crede, ma ci crede nessuno: vanno forte proprio perché garantiscono formule semplificatrici, riduzioniste. La complessità sta nella loro inconfessata volontà di potenza, non nel breviario che adottano per conquistare potere. Ma ogni tanto, capita che si schierino dalla parte giusta, difendendo l’ambiente e le sue caratteristiche. Capita. Strano ma vero, benché la nostra associazione sia davvero non partitica, non c’è neppure un leghista adesso che mi ci fai pensare».

CESARE BERMANI

Lo storico che ha ascoltato la ricchezza delle fonti oraliStudioso delle fonti orali, è tra i fondatori dell’etnomusicologia italiana. Nato a Novara, è stato segretario della Fgci fine anni 50. Dal 62 partecipa alle ricerche di Gianni Bosio e Roberto Leydi insieme a Luciano Berio. Ha lavorato anche a testi teatrali come «Ci ragiono e canto», regia di Dario Fo. Nel 65 ha cofondato l’Istituto De Martino, il più importante archivio italiano di testimonianze sonore del mondo operaio e popolare.

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