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Sostenibilità e sistemi urbani
3 Febbraio 2012
Dalla stampa
Cosa si può fare materialmente per rendere le città più efficienti e migliori, non solo per gli umani. Green Futures, 3 febbraio 2012 (f.b.)

Titolo originale: Can retrofit enhance urban ecosystems? - Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Piace a tutti avere una camera con vista, ma quando pensiamo al futuro di un edificio di solito ci scordiamo del tutto il mondo che sta oltre le pareti. Ci soffermiamo sul manufatto in sé – fondamenta, pavimenti, cavità, crepe – isolandolo dal contesto che lo circonda. Mentre invece il suo funzionamento più o meno efficiente dipende moltissimo dalle condizioni esterne. La progettazione più attenta diventa parte attiva dell’ecosistema locale: si sfrutta il calore del sole, si favorisce il flusso di aria fresca, si trae vantaggio dalle piante o dalle alture come schermi. Si restituisce anche qualcosa: piccoli habitat per la fauna, deflusso acque piovane, verde per mantenere fresco un denso isolato urbano.

Il valore degli ecosistemi locali per le aree urbane inizia solo ora ad essere riconosciuto. Una recente ricerca condotta a New York City rileva che il valore degli alberi può essere calcolato in 122 milioni di dollari, per il ruolo nella riduzione dell’inquinamento, il miglioramento estetico, il mantenimento delle temperature nei quartieri a livelli accettabili. Si tratta però di “servizi” raramente presi in considerazione quando si progettano adeguamenti alla struttura urbana. Mentre una loro rigorosa valutazione potrebbe accompagnarsi a tantissimi aspetti, per i potenziali di risparmio energetico, riduzione dei costi, e magari non si tiene conto dei vantaggi di un tetto verde. Si riducono gli impatti per il pianeta controllando le emissioni, e non si calcola quanto costa sigillare una mansarda per i pipistrelli del quartiere.

Un’occasione persa. Se diamo uno sguardo di insieme, capiamo quanto alcune azioni siano di benefizio sia alla città che all’ambiente naturale. I tetti verdi ad esempio. Non solo isolano un edificio come un’imbottitura, ma gestiscono anche il deflusso delle acque piovane, rinfrescano l’ambiente del quartiere, aiutano la vita di preziosi impollinatori e altra fauna. La vegetazione riesce a prolungare la vita attiva in piena efficienza di un tetto, riducendo le sollecitazioni sui materiali caratteristiche dell’erosione e degli agenti atmosferici.

Il rovescio della medaglia è il costo di installazione, in certi casi fino al doppio di un tetto normale. Un anticipo che però si può ripagare coi risparmi energetici. In alcuni progetti l’aria condizionata si è tagliata di un terzo, secondo Paul Mankiewicz, direttore esecutivo dell’Istituto Gaia, centro studi ambientali di New York. Seimila metri quadrati di tetto verde al Canary Wharf, Londra, hanno fatto risparmiare enormi somme per il riscaldamento. Secondo l’amministrazione dell’edificio al numero 10 di South Colonnade, sede della Barclays Capital, col nuovo tetto si riesce a ridurre praticamente a zero la necessità di riscaldare o condizionare l’ultimo piano “e risparmiamo quattro o cinquemila sterline l’anno”. A Singapore, il grande ospedale Changi ha scoperto che le verdure coltivate idroponicamente sui tetti non solo possono essere portate in tavola ai pazienti, ma assorbono il calore dei reparti interessati. Quei risparmi sulle bollette si possono curare meglio i pazienti. E l’energia non è l’unico vantaggio economico del tetto verde. Migliora la produttività e riduce il turnover dei dipendenti degli uffici urbani: il fenomeno si chiama “biofilia”.

Otto piani sopra al fragore della Avenue of the Americas di New York, c’è una piccola foresta di trifoglio, file d’erba e fiori che mostra lo scorrere delle stagioni. Un terrazzo di copertura opera dello studio di architettura Cook+Fox. Attraverso le finestre i dipendenti guardano libellule e farfalle svolazzare sui fiori colorati che spuntano là dove prima c’era una desolante nera copertura catramata. Uno strato di colore che cresce dai sacchi di plastica per terriccio chiamati Green Pak. Riempiti di una miscela di ghiaia e compost, sono più leggeri del classico tetto a verde, i cui strati di terriccio e filtrante richiedono strutture portanti rinforzate. E poi costano la metà: 100 dollari al metro quadrato anziché 180-200. I committenti sostengono che questa realizzazione, completata nel 2006, è uno dei migliori investimenti mai fatti. Magari al settimo piano ci si guadagna dall’effetto termico di quella copertura, però il progettista Rick Cook dice che il suo studio ci guadagna per via del panorama.

Anche altri si sono accorti del potenziale di un ambiente artificiale ma bio-diverso per migliorare i profitti. British Land, il principale costruttore del Regno Unito, ha progettato una “collana verde” attorno al centro commerciale di Teeside – nel quadro di un intervento di modernizzazione del complesso da 26.000 sterline – che comprende un ambiente per le lontre, laghetti, arbusti, casette per gli uccelli. “La gente si sente più vicina alla natura e ci lavora meglio”, spiega Sarah Cary di British Land. Ma aggiunge che è difficile giustificare questi investimenti a bilancio. “Purtroppo, il valore [percepito] è prevalentemente sociale”, commenta. Rafael Marks dello studio di architettura Penoyre & Prasad concorda: “Nel modo in cui si gestiscono preventivi progetti realizzazioni la biodiversità finisce per essere la cugina povera. Tutto dipende dalla discrezione del committente”.

Al momeno, Marks sta lavorando al rifacimento per un centro giovani di una vecchia centrale dismessa di smistamento elettrico dentro a un parco londinese. La nuova funzione sarà di educazione ecologica, e quindi si tratta di un’ottima occasione per rendere complementare l’edifico all’ambiente circostante. Una delle soluzioni è la luce dall’esterno attraverso una specie di “palpebra”, a contenere quell’inquinamento luminoso che può rivelarsi micidiale per i pipistrelli. Quando tramonta il sole i pipistrelli escono a caccia, ma con sempre più luci artificiali nelle aree urbane spesso non si accorgono esattamente di quando arriva il crepuscolo. “Le luci si devono mantenere il più possibile tenui, certo nei limiti di sicurezza di uscire nel parco”, spiega Marks. Il complesso avrà anche tetti verdi, riciclaggio delle acque grigie, massimo sfruttamento della luce solare all’interno.

Restiamo però ai pipistrelli. Il cui numero è nettamente diminuito da quando si è presa l’abitudine di convertire mansarde e sigillare in genere gli edifici. Il Bat Conservation Trust raccomanda di lasciare un varco da 10 cm nei solai: sufficiente all’ingresso degli animali e importante per la ventilazione. Se deve anche evitare di seppellirli vivi nelle pareti cave totalmente isolate, lasciando spazio per uscire. In un progetto di trasformazione ci si è dovuti confrontare con un intero stormo di civette che abitavano in un granaio del XVIII secolo. “Per la conversione di quel granaio vicino a Cambridge abbiamo realizzato uno spazio per civette in ciascun abbaino del tetto”, ricorda Katie Thornburrow di Granta Architects, specializzati in progetti sostenibili. Il committente, Chris Bristow, si sente “lusingato dall’avere queste magnifiche creature in casa. Ci sono costati [gli spazi per le civette] nell’ordine di qualche centinaio di sterline”.

Pare piuttosto economico, ma si tratta comunque di interventi di nicchia se non ci sono stimoli economici chiari per i progettisti. “Siamo onesti”, osserva Stuart Wykes, direttore aggiunto a Lafarge A&C Gran Bretagna. “Le attività edilizie e di escavazione sono per loro natura impattanti sull’ambiente. Sono però anche un’occasione per creare nuovi ambienti e habitat: a volte migliorare ciò su cui si lavora. Dal nostro punto di vista, si inizia il ripristino quando si comincia ad eliminare materiale”. Difficile non essere d’accordo. Il problema è se conservazionisti e investitori con interesse per l’ambiente riusciranno a capire in pieno l’occasione che rappresentano questi interventi per riportare armonia fra città e preziosi ecosistemi. Oppure tutto il nostro impegno per ridurre le emissioni si risolverà contro la vita nei quartieri?

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