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Rachele Gonnelli
Soffiano venti di guerra, nasce il cantiere di pace
18 Novembre 2015
2015-La guerra diffusa
«Obiettivo: organizzare a tamburo battente momenti di confronto sui temi delle migrazioni, delle guerre e dei disastri ambientali, nelle città e soprattutto nelle scuole e nelle università. “Bisogna costruire anticorpi, monitorare gli stati di eccezione e le violazioni dei diritti civili, disvelare le verità nascoste”».

«Obiettivo: organizzare a tamburo battente momenti di confronto sui temi delle migrazioni, delle guerre e dei disastri ambientali, nelle città e soprattutto nelle scuole e nelle università. “Bisogna costruire anticorpi, monitorare gli stati di eccezione e le violazioni dei diritti civili, disvelare le verità nascoste”». Il manifesto, 18 novembre 2015 (m.p.r.)

Il «cantiere per la pace» che è nato in una saletta affollatissima e piena di giovani del centro congressi di via Frentani a Roma coinvolgerà in ogni sua iniziativa locale o nazionale anche rappresentanti delle comunità musulmane in Italia, i cosiddetti musulmani moderati, ovvero un milione e mezzo di persone che vivono e lavorano nel Belpaese. Per vincere oltre i guerrafondai e le politiche securitarie contro i migranti, l’islamofobia e en passant le sirene dei media che tornano ad evocare lo scontro di civiltà.

«Questo terrorismo sta colpendo soprattutto noi musulmani, anche a Parigi 30 dei 129 morti lo erano. Siamo in prima linea», ricorda, raccogliendo l'invito dell’assemblea, Izzedin Elzir, palestinese nato a Hebron ora imam di Firenze e presidente dell'Ucoii, l'Unione comunità islamiche d'Italia. «Colpire noi vale di più che colpire un miscredente- continua a spiegare - in quanto considerati traditori perché abbiamo il vostro stesso sistema di vita e condividiamo gli stessi valori, quelli democratici della bellissima Costituzione della Repubblica, laica e rispettosa delle diversità».

Ora che il terrorismo jihadista è qui, dietro casa, anche le comunità islamiche hanno scoperto una paura più diretta, tangibile. Questa paura è una novità rispetto alle altre crisi, sottolinea Luciana Castellina nel suo intervento. È con questa paura che ora il mondo del pacifismo e dell’antirazzismo è chiamato a misurarsi, oltre che con un possibile restringimento dell’agibilità democratica, dato da un diffondersi di stati d’eccezione e censure. Castellina propone al cantiere delle associazioni, Ucoii compresa, presidi mobili ovunque - «si possono chiamare gazebo, visto che la parola è di moda» - per avvicinare le persone, informare e proporre soluzioni diverse dalla guerra. Anche Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel, e deputato di Sinistra italiana, arrivato in una pausa del dibattito parlamentare sul rifinanziamento delle missioni all’estero, invita a considerare la variabile dell’empatia nell’approccio da usare.
«Non si può perdere il contatto con il sentire comune e serve un approfondimento culturale anche tra di noi - avverte - perché il reclutamento dei terroristi non può più essere spiegato solo con il disagio delle periferie, c’è anche, nella fascinazione per Daesh, l’idea di uno stato-guida da contrapporre alla secolarizzazione monetaria delle nostre società senza un livello di trascendenza laico che serva da antidoto». Il dibattito nell’assemblea romana tocca temi complessi, dalla analisi del colonialismo con la creazione di stati con il compasso sulla linea immaginata da François Picot e Mark Sykes ai tempi della prima guerra mondiale - «è quella che stiamo ancora vivendo e non la terza come dicono», sostiene Castellina - alla critica del modello di sviluppo. Tutte le associazioni e le ong mettono a disposizione le loro elaborazioni: i papers di Archivio Disarmo sull’export italiano di armi, il rapporto sui Diritti globali messo in rete da Legambiente, le elaborazioni di Sbilanciamoci e Lunaria.
Obiettivo: organizzare a tamburo battente momenti di confronto sui temi delle migrazioni, delle guerre e dei disastri ambientali, nelle città e soprattutto nelle scuole e nelle università. «Bisogna costruire anticorpi, monitorare gli stati di eccezione e le violazioni dei diritti civili, disvelare le verità nascoste», dice Francesco Martone di Un Ponte Per. Nel frattempo il cantiere per la pace - nato ieri su impulso dell’Arci con l’adesione di un lungo cartello di sigle, tra cui anche Libera, Uds e Rete G2 - chiede che le manifestazioni già in programma ospitino uno spazio di rilievo per le tematiche pacifiste e antirazziste.
Gli organizzatori della marcia italiana per il summit mondiale sul clima, il Cop21 di Parigi, in programma sabato 29 novembre a Roma, hanno già accettato. «Un ambientalismo che non tenga conto delle questioni sociali, incluso quella dei migranti economici, non avrebbe senso», sintetizza Maurizio Gubbiotti di Legambiente. Francesca Redavid della Fiom romana si farà portavoce verso la Fiom nazionale per una decisione analoga relativa alla marcia Unions di sabato prossimo a Roma. Se la Coalizione sociale di Landini deve battere un colpo, è il momento per farlo
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