Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini (il titolo è quello originale)
Il cinismo a proposito della politica italiana è facile, ma qualche volta fuori luogo. L’11 novembre Francesco Rutelli, uno dei due vicepresidenti del consiglio nel governo di centrosinistra di Romano Prodi, ha pubblicato un programma di liberalizzazioni. Alcune parti suonano quasi ridicole, come la deregulation degli autobus scolastici, dei pulmini degli alberghi e dei servizi di auto di rappresentanza. Altre sono di campo più vasto: più concorrenza in campo energetico e nelle ferrovie, far sì che i fornitori di pubblici servizi partecipino a un appalto, e valutare la loro produttività sulla base della soddisfazione dei consumatori.
Rutelli è più noto come abile tattico piuttosto che come politico di profonde convinzioni. Nato come radicale anticlericale, è stato un verde prima di spostarsi verso il centro e assumere la leadership della Margherita, un insieme di democratici cristiani progressisti e liberali che è uno dei tre grandi partiti dell’articolatissima coalizione di governo. In quel governo, lui è visibilmente sottoutilizzato, con un portfolio che comprende soltanto cultura e turismo.
Persone vicine al primo ministro commentano che c’è poco, nel piano di Rutelli, che non sia già stato proposto anche da Prodi. Un pacchetto di riforme a luglio, redatto da un altro ministro, Pierluigi Bersani, ha liberalizzato le farmacie, i taxi e le tariffe legali. Prodi ha promesso di più: ci sono già altri due ministri al lavoro su progetti per smuovere il mondo delle amministrazioni locali e delle professioni.
Ma nonostante tutto l’iniziativa di Rutelli conta. In una società dove l’opinione pubblica è stata per lungo tempo favorevole alla regolamentazione e ai monopoli, un politico con un certo fiuto per i consensi sostiene riforme liberali. Anche la reazione alle prime mosse di Bersani è stata positiva. Potrebbe trattarsi di uno spartiacque storico.
Ma i liberalizzatori hanno bisogno di uno sponsor potente. Sinora, è la componente più di sinistra del governo Prodi ad avere più spazio: la bozza di finanziaria per il 2007, ad esempio, è prodiga di aumenti delle tasse, avara di tagli alla spesa. Ma Rutelli segnala che, una volta approvata la finanziaria, si aspetta il sostegno di Prodi.
Chi gestirà le riforme? Prodi sa che il suo compito è di coordinare i ministri. Ma nella sua posizione deve mantenere l’equilibrio di coalizione fra moderati, ex comunisti e chi comunista lo è ancora. Il decreto Bersani si è guadagnato un ampio sostegno nel governo solo perché tocca gruppi non sindacalizzati come i farmacisti, gli avvocati o i taxisti. Se il governo fa sul serio con le riforme, prima o poi dovrà scontrarsi coi potenti sindacati italiani. Anche se il piano di Rutelli offre una rete di protezione a chi è colpito dalle liberalizzazioni, qualcuno dovrà ribadire la determinazione governativa.
Rutelli vuole questo compito. Si è dimostrato uno sfavillante ed efficace sindaco di Roma. Adesso lo chiama il grande compito.