«Le virgolette di Naipaul, premio Nobel della letteratura, raffigurano alla perfezione anche il mondo del XXI secolo, pieno di "scuole" che non educano, "ospedali" che non curano, "poliziotti» che spesso sono criminali, "imprese private» che esistono solo grazie allo Stato o "ministeri della Difesa" che attaccano i loro cittadini».
La Repubblica, 30 ottobre 2015 (m.p.r.)
NEL 1980, dopo aver visitato l’Argentina, il romanziere V. S. Naipaul scrisse: «In Argentina molte parole hanno un significato ridotto rispetto a prima: generale, artista, giornalista, storico, professore, università, direttore, manager, industriale, aristocratico, biblioteca, museo, zoo; tante parole devono essere messe tra virgolette».
Il Nashi, per esempio, è un «movimento» di giovani russi che si dichiara «democratico, antifascista e contro il capitalismo oligarchico». Va tutto fra virgolette perché in realtà questa Ong è un ente promosso, organizzato e patrocinato dal governo russo. Che non è l’unico a usare quelle che si è cominciato a chiamare Ongog, cioè organizzazioni non governative organizzate e controllate dai governi. Già nel 2007 scrissi: «La Federazione degli affari femminili in Birmania è una Ongog. E anche l’Organizzazione per i diritti umani del Sudan. L’Associazione delle organizzazioni non a scopo di lucro e non governative del Kirghizistan, e la Chongryon (Associazione generale dei residenti coreani in Giappone) sono Ongog. È una tendenza mondiale, sempre più estesa: governi che finanziano e controllano organizzazioni non governative, spesso e volentieri in modo occulto».
Anche in Paesi con governi autocratici o democrazie illiberali stanno proliferando «mezzi di comunicazione privati e indipendenti» che in realtà non lo sono. Canali radiofonici, televisivi, giornali e riviste creati o comprati da «investitori privati» e che nominalmente sono indipendenti, ma editorialmente sono al soldo del governo che clandestinamente li finanzia e li controlla.
In questi Paesi il presidente, dittatore o capo di Stato normalmente esercita un controllo clandestino, ferreo, su «senatori», «deputati », «procuratori», «magistrati» e «tribunali elettorali» spacciati per «arbitri imparziali», su «elezioni democratiche» che spesso e volentieri sono truccate e fraudolente. Per questo in Russia, Iran, Venezuela o Ungheria, per esempio, i concetti di «democrazia», «separazione di poteri» ed «elezioni» devono essere messi fra virgolette per mettere in guardia dal fatto che non hanno lo stesso significato che altrove.
E non è solo un problema degli Stati. Il mondo delle organizzazioni internazionali è inondato di virgolette. Avete mai sentito parlare del Consiglio per i diritti umani dell’Onu? La sua missione è «promuovere e proteggere i diritti umani nel mondo». Chi ne fa parte? Fra gli altri, solo per citarne alcuni, Cuba, il Congo, la Cina, la Russia, il Kazakistan, il Venezuela e il Vietnam. Un altro esempio istruttivo di quanto siano diventate indispensabili le virgolette è la «Carta democratica» dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa). Nel 2001, con grande sfarzo ed emozione, i Paesi democratici dell’America Latina concordarono tutti che il «rafforzamento e la difesa delle istituzioni democratiche» era una priorità, e che se in un Paese membro si fosse prodotta una rottura o un’alterazione delle istituzioni tale da nuocere gravemente all’ordine democratico, ciò avrebbe rappresentato un «ostacolo insormontabile» per la permanenza di quel governo nell’organizzazione.
Non è stato così. Non solo l’Osa non si è mossa quando sono avvenute eclatanti violazioni dell’«ordine democratico» in diversi Paesi della regione, ma appare seriamente intenzionata ad accogliere un altro paladino della democrazia: Cuba.
Forse, però, il Paese che più ha bisogno di virgolette per poter essere interpretato è la Cina. La Cina del sistema «comunista» che è diventato un pilastro fondamentale dell’economia capitalista mondiale. E solo per fornire un altro esempio, la Cina che ora ci obbliga a mettere fra virgolette il concetto di «isola». Ha preso quattro scogli in una zona del Mar della Cina Meridionale la cui sovranità è fortemente contestata e le ha fatte «crescere». Così, invece di essere scogli non abitati e non abitabili in mezzo all’oceano, ora sono piccole «isole» dove Pechino ha già installato basi navali e aeree.
Il XXI secolo sarà «il secolo delle virgolette»?
Traduzione di Fabio Galimberti