L’espansione coloniale israeliana nella Valle del Giordano prosegue. Tel Aviv non ha mai nascosto l’enorme interesse su quel 30% di Cisgiordania, la zona più fertile dell’intera Palestina storica e unica via di comunicazione con il mondo esterno per il governo dell’Anp. Da anni il governo Netanyahu pone come precondizione intoccabile all’eventuale negoziato il mantenimento del controllo militare e di sicurezza sulla Valle del Giordano, annullando di fatto ogni possibilità di uno Stato palestinese sovrano.
Secondo fonti locali, ora le autorità israeliane stanno lavorando al trasferimento forzato di 200 palestinesi (di cui 45 donne e 60 bambini) dai propri villaggi e dalle proprie terre nelle comunità di Ein al-Hilweh e Umm al Jamal, nella parte settentrionale della Valle del Giordano. Mahdi Daraghmeh, membro del consiglio municipale della Valle del Giordano, ha denunciato ieri la consegna di ordini di demolizione e di evacuazione a 30 famiglie palestinesi da 60 abitazioni e strutture agricole.
Datati primo novembre, ma consegnati ieri, gli ordini danno solo 8 giorni di tempo. Dunque, sono “scaduti” nello stesso giorno della notifica. Le famiglie aspettano l’arrivo dei bulldozer israeliani in qualsiasi momento. Secondo Daraghmeh, la motivazione reale è l’espansione delle colonie agricole.
Una paura che si lega a quanto annunciato dal ministro israeliano dell’Abitazione, Yoav Galant, che mercoledì ha reso noto un piano “per rafforzare le comunità ebraiche nella Valle del Giordano”, un progetto che – attraverso fondi statali a cooperative e insediamenti agricoli a chi deciderà di trasferirsi e l’eliminazione dei limiti alla costruzione – raddoppierà il numero di coloni israeliani nell’area. Da 6mila a 12mila: le colonie presenti nella Valle del Giordano, 37, sono esclusivamente colonie agricole e i residenti non sono numerosi come nel resto degli insediamenti della Cisgiordania.
Numeri ridotti ma effetti devastanti per la popolazione palestinese: dal 1967 la Valle del Giordano è per oltre il 90% sotto il controllo israeliano, tra Area C, zone militari chiuse e aree di addestramento. Area A, sotto il controllo palestinese, sono solo la città di Gerico e piccolissime porzioni di alcuni villaggi. È a Gerico che buona parte della popolazione è stata costretta a trasferirsi in questi 50 anni, spinti da demolizioni di case, espansione coloniale e perdita dei mezzi di sussistenza: dei 320mila abitanti pre-1967 ne restano 56mila, meno del 20% delle riserve d’acqua sono utilizzabili da palestinesi e il tasso di povertà è pari al 33,5%, il più alto della Cisgiordania.
Senza acqua e con sempre meno terra a disposizione, le comunità palestinesi hanno difficoltà estreme nel coltivare la terra e sono per lo più costretti a lavorare per pochi shekel al giorno nelle colonie israeliane, che da parte loro producono a basso costo e si rendono molto più competitivi sul mercato interno, prigioniero, palestinese.
L’obiettivo di un simile piano è chiarissimo. Israele va avanti nell’espansione territoriale in una zona strategica per rendere più difficile in futuro un’eventuale evacuazione dei coloni. Tel Aviv sa che il tempo è prezioso e che ogni metro guadagnato sarà un punto in più al tavolo del negoziato. E la Valle del Giordano è centrale nei piani del governo.