«L’ex rettore della Normale insegna a tutelare il territorio (anche dai disastri del Tav) e il premier lo tratta con sarcasmo: vietato criticare il governo».
Il Fatto Quotidiano, 13 aprile 2014
In presentazione di un suo saggio uscito da pochi anni (Azione popolare. Cittadini per il bene comune Einaudi, 2012) il giornalista che intervista Salvatore Settis commenta: “L’ex rettore della Normale di Pisa è un 71enne signore dai modi gentili e leggermente impacciati, tipici di chi ha trascorso più di dieci lustri della propria vita tra libri, convegni, testi antichi, banchi delle più prestigiose istituzioni universitarie”.
Salvatore Settis, dice: “Il mio non è un atteggiamento estremista né ammiccante all’antipolitica, cioè all’odio e alla volontà di eliminare gli altri, ma è invece un modo di pormi fatto di indignazione e radicalità. Tutti i cittadini dovrebbero mobilitarsi per l’interesse generale, a difesa dei beni comuni. Compresi quelli artistici”.
Conosco Salvatore Settis da parecchi anni. Ho avuto la fortuna di tenere lezioni e convegni sul teatro e sull’arte della messa in scena alla Normale di Pisa, che ha diretto lungamente. Ho imparato dai suoi saggi e dagli articoli che trattano della salvaguardia del paesaggio e del territorio sommerso quanta negligenza criminale deve sopportare il nostro Paese; non solo, ma il Prof. Settis si inoltra con analisi chiare e inconfutabili a proposito dei progetti ferroviari di transito veloce che causano veri e propri disastri ambientali e che non tengono conto dei sacrosanti diritti delle popolazioni che grazie a questo atto di feroce modernizzazione perdono la propria autonomia e libertà; inoltre, lo scienziato Settis, sottolinea con giusta ironia come siano abili e spudorati i responsabili di questa tutela nello scaricare addosso alla natura e alle calamità imprevedibili la causa dei disastri che ciclicamente colpiscono la nostra terra.
Questi suoi scritti sono lezioni impagabili che ogni gestore della cosa pubblica dovrebbe imparare a memoria. Eppure è talmente desueta la coscienza dell’apprendere che uno scienziato come Settis che ha l’ardire di avanzare una critica al programma politico del governo in carica, fa scattare l’indignazione immediata da parte del presidente del Consiglio Matteo Renzi che con evidente sarcasmo commenta la scienza alla quale è legato il critico Settis, l’archeologia, anzi tout court lo definisce l’archeologo, cioè qualcuno che è con il cervello nel sottosuolo.
Secondo l’enciclopedia Treccani, caratteristica dell’Archeologia è il metodo di acquisizione delle conoscenze, mediante cioè lo scavo sul terreno, la ricognizione di superficie e la lettura dei resti monumentali residui, cioè è la scienza che invita a guardare sotto, in profondità ai problemi e non dare nulla riguardo alla base per scontato. Come diceva Socrate: “Chi non scava, non sa su cosa cammina e trascorre la vita”.
Si vede subito che il Signor Renzi è uno che resta in superficie e si limita piuttosto ai ‘si dice che’. Andare in profondo significa scegliere la fatica di osservare le cose sempre da punti di vista diversi, scoprire spesso il rovescio della propria condizione sia statica che dinamica; ed è proprio di lì che Eratostene di Cirene, nel II sec. a.C., intuisce che non solo gli umani vanno vivendo su una superficie sferica ma ha l’illuminazione che, grazie alla rivoluzione del nostro pianeta, nell’universo non esiste né sopra né sotto né donne e uomini all’in piedi o capovolti.
Ma questo Renzi non l’ha ancora capito. Se il governo ha un’idea bisogna che tutti i cittadini la condividano. Chi fa obiezione si ritrova fuori dall’universo. E non bisogna quindi prenderlo in considerazione, specie se è un archeologo.