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Sandro Roggio
Senza tutela ambientale il nostro turismo affonda
23 Luglio 2013
Sardegna
Più case-più turisti-più lavoro per i sardi: l'imbroglio che resiste. Eppure basta informarsi per sapere che sono sempre meno i sardi impiegati nei villaggi vacanze - come nell'edilizia. E intanto, la "materia prima" sparisce. Non solo in Sardegna.

La Nuova Sardegna, 23 luglio 2013

E' un ricordo la lunga estate al mare delle canzoni. Le ferie di chi può permettersele sono un magro riassunto, per cui la stagione a fini contabili si riduce a un mese e poco più, pure nei litorali sardi. Qui, in questo tempo, si decide il bilancio di aziende e persone. E in mancanza d'altro su questi 30-40 giorni si fa grande affidamento, e si spera di conservare intatto almeno questo introito. Ma al diavolo il presupposto: la bellezza superstite per cui l'isola è ancora tra le mete ambite (nonostante l' infamia dei trasporti).
Per questo è meglio che ci diciamo le cose come stanno sul turismo; e sul cinismo del mercato che ti premia finché hai carte in mano e ti disprezza appena trova di meglio.

Resisterà, come sanno i turisti smaliziati, l'isola dei paesaggi senza artifici, dei beni culturali, delle cose buone da mangiare fatte qui (con tutto il rispetto per il consumo di caviale e champagne a Porto Cervo che inorgoglisce qualche cronista).
D'altronde la concorrenza è tra luoghi sempre più uguali nella metropoli turistica. Inesorabile l'omologazione delle giostre. Compresa quella sarda (che pure conserva differenze fantastiche). Per cui sembra impossibile impedire che ogni luogo eccitato dalla presenza di forestieri assuma i caratteri dell'ipershop+luna park. E impensabile vietare che nei negozi di artigianato sardo si vendano gli stessi orribili cestini di plastica, e nuraghi e coralli di resina fatti in Cina dalle stesse manifatture che riforniscono -dappertutto- i venditori ambulanti. I quali giurano che le zanzare e le escort di Porto Rotondo sono le stesse di Antigua e Sharm El- Sheikh, ma chissà se è vero.

E' sicuro che i calamari surgelati che trovi nei ristoranti sardi, sono gli stessi che ti danno in Costa del Sol o nelle feste del PD in Emilia Romagna e in Toscana.
Non mi stupisce che molto mirto (liquore) sia di bacche non sarde. O che molto torrone sardo sia di mandorle provenienti da chissà dove. Mi inquieta che il mirto sardo (arbusto) sia tra la macchia che brucia ciclicamente. E che i mandorli siano stati tutti espiantati. E che non ci mancano le maree gialle. Lo stesso giallo segnalato a Rosignano, Vico Equense, Porto Empedocle, che compare, con trascurabili variazioni cromatiche, a Alghero o a Valledoria, sob! Inaccettabile per chi deve difendere la reputazione del suo mare cristallino. Com'è insopportabile che il mito dell'ospitalità sia contrariato dai soliti agguati (aeroporto di Fertilia: 50 cent per un bicchiere d'acqua - in pvc, al banco).

L'impressione è che vi sia un allarme crescente per la compromissione di luoghi prossimi al mare; anche perché alle alterazioni di profili litoranei corrisponde lo spopolamento delle regioni interne che sembra inarrestabile. Per cui sono sempre più rari i convegni sull'esodo dalle montagne più sfigate (mentre i Mamuthones vanno in trasferta nelle marine ad allestire deprimenti show per villeggianti).
Colpisce il silenzio di chi vive di turismo agli annunci di nuove contraffazioni del paesaggio decise in Qatar o a Dubai. Quel declivio costiero sfigurato inutilmente sarà così per sempre - anche quando i Mamuthones rinsaviti saranno tornati alla tradizione - “su connottu”.

“Più case-più turisti-più lavoro per i sardi”: l'imbroglio che resiste. Eppure basta leggere il servizio di Luca Roich su «La Nuova Sardegna» (7 luglio 2013) per sapere che sono sempre meno i sardi impiegati nei villaggi vacanze - come nell'edilizia. Difficile (?) prevedere che sarebbero arrivati da lontano e numerosi a occupare quei posti sottopagati. Ma immaginabili le reazioni: i falchi contro quei disgraziati che “ci rubano il lavoro”, le colombe per “un forte rilancio dell'edilizia costiera”. Banalmente: senza un progetto di tutela dei luoghi e delle comunità la crisi sarà solo subita e lascerà segni indelebili.

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