Quaranta milioni di piedi che «consumano» ogni anno i masegni della città. Acque alte e maree che crescono e calano quattro volte al giorno e premono su fondazioni e murature secolari, «svuotando» il sottosuolo. Senza contare gli urti del moto ondoso, il degrado e l’incuria, la salsedine. Una città delicata che ha bisogno di manutenzione continua. E che adesso rischia il tracollo per mancanza di fondi. E’ l’allarme lanciato ieri sera all’Ateneo veneto dal presidente di Insula spa Paolo Sprocati e dall’assessore comunale ai Lavori pubblici Mara Rumiz. «C’è un pericolo reale», ha detto Sprocati aprendo il convegno dal titolo «Lavori interrotti», «cioè che si interrompa il percorso virtuoso della manutenzione iniziato dodici anni fa, che aveva risollevato la città da 40 anni di degrado».
Non si tratta soltanto di fermare i cantieri e ridurre i lavori programmati. «Alcune parti della città sono davvero a rischio», dice Sprocati. Muri pericolanti, ponti lesionati, pietre che cedono sotto la forza dell’acqua.
Filmato. Per dare un’idea al pubblico della situazione del sottosuolo è stato proiettato ieri un filmato della durata di 5 minuti realizzato dallo studio Scibilia. Foto delle rive e delle pavimentazioni compromesse, storia dei lavori di certosina manutenzione dei muri di sponda, confrontati con la situazione precedente al 1996. E una radiografia del delicato «sostegno» dei palazzi, mattoni e pietra d’Istria messi a rischio dalle correnti e dalla salsedine. Non le acque alte eccezionali, ma l’acqua che sui palazzi ci sta ogni giorno.
Risposte. «La salvaguardia di questa città», dice Sprocati, «non può avere risposte soltanto su un punto, cioè il Mose. Occorre un intervento di sistema che tanga conto della salvaguardia complessiva». «Basta dare soldi solo al Mose e alle grandi opere», ha detto il presidente dell’Ance Lionello Barbuio, «l’emergenza ora è la cura di questa città». Un tema su cui l’amministrazione Cacciari batte da tempo. Ma da almeno sei anni, dall’entrata in vigore della legge Obiettivo, i fondi della Legge Speciale sono stati dirottati al Mose. E per la manutenzione e le difese locali i finanziamenti sono stati tagliati, così come i contributi ai privati. «Per le imprese artigiane è un disastrto», ha ribadito il segretario Cgia Gianni De Checchi. «Senza la certezza dei fondi», ha detto ancora Sprocati, «si lasciano a metà importanti opere di difesa locale dalle acque alte come le insulae di Burano e Pellestrina».
Interventi. L’assessore ai Lavori pubblici Mara Rumiz ha insistito sulla necessità di dare priorità ai lavori di manutenzione della città, elencando gli interventi fatti negli ultimi anni dall’amministrazione nonostante la penuria delle risorse. La soprintendente Renata Codello sul fatto che con i pochi fondi a disposizione, anche enti pubblici come la Soprintendenza hanno fatto negli ultimi anni ricorso all’aiuto di sponsor privati. «Le imprese devono impegnarsi ad avviare la manutenzione programmata», ha detto, «una volta fatto un restauro bisogna seguirne l’evoluzione».
San Marco. A dimostrazione di quanto bisogno ci sia di una manutenzione quotidiana delle pietre è la situazione in cui versano rive e masegni di piazza San Marco. Ma anche luoghi meno centrali, dove la pietra d’Istria spesso viene distrutta grazie anche all’incuria e ai mancati interventi di manutenzione ordinaria. E poi riparare il danno costa dieci volte tanto.
Soldi. Dagli anni Novanta, quando il flusso dei finanziamenti per la manutenzione toccava anche cifre record di 2-300 miliardi di lire (150 milioni di euro) il flusso si è progressivamente ridotto. Zero euro nel 2006, pochi spiccioli nel 2007. E il piano venticinquennale per lo scavo dei rii deve essere rivisto. Dal 1997 ad oggi sono stati scavati dai 170 rii della città 300 mila metri cubi di fanghi con 34 chilometri di canali dragati, 53 chilometri e mezzo di rive restaurate, 150 mila mq di masegni recuperati e la pavimentazione rialzata. Un lavoro enorme, non ancora finito. C’è bisogno di continuità per il futuro. Altrimenti la città d’acqua sarà davvero a rischio.