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Gianluca Codognato
Sempre più negozi ma solo per turisti
22 Gennaio 2007
Vivere a Venezia
Ancora dati e mugugni su uno dei mali della città, che vent’anni fa si tentò di contrastare e al quale poi ci si arrese (vedi postilla). Da la Nuova Venezia del 22 gennaio 2007

Sempre più negozi per il turista: souvenir, oggettistica, vetri di Murano, maschere. Sempre meno attività per i residenti: alimentari, panifici, latterie. Sempre più supermercati e discount. Sempre meno esercizi di vicinato, al dettaglio, sottocasa. E’ questa ormai la dinamica che caratterizza il commercio del centro storico, che nel corso degli anni ha visto cambiare radicalmente la tipologia della propria offerta. Così, anche se nel 2006 ci sono circa 400 attività in più rispetto al 1990, come dimostrano i dati dell’ufficio commercio fisso di Venezia, la realtà è molto più complessa di quanto appaia.

L’esperto. «Il turn over è alto - spiega a tal proposito Piergiovanni Brunetta, presidente di Confesercenti -. E, da questa parti, non è facile vedere serrande abbassate o spazi sfitti. Ma il negozio, ormai, si sta specializzando solo per il turista. Mentre i residenti, soprattutto delle periferie, non hanno più l’alimentari sottocasa». Ecco allora che i veneziani più giovani, fanno la spesa in terraferma. Mentre quelli più anziani si concentrano sui supermercati come la Coop e il Billa. Tutto a svantaggio, come detto, della classica bottega a completo servizio del residente.

Sempre più botteghe. In centro storico, comunque, il numero delle attività, negli ultimi anni, è aumentato in modo costante. Nel 1990, infatti, in tutta Venezia città c’erano 3.127 negozi, contro i 3.539 di adesso. L’aumento dunque c’è stato, ma ha riguardato in particolare le zone centrali. Nelle periferie, invece, come conferma Brunetta, «ci sono realtà senza più negozi. A dimostrazione che il centro storico si sta ormai dedicando solo al turista. E dove il turista non c’è, il commercio muore».

Il boom di San Marco. A San Marco sono addirittura duecento i nuovi negozi sorti dal 1990 ad oggi. «Questa è una zona dove si trovano anche molti residenti - ricorda ancora il presidente della Confesercenti - Ma, lo stesso, il negozio di vicinato è in pratica morto. Soppiantato dai numerosi supermercati che hanno aperto nel corso degli anni. Cinque, sei nuovi punti di riferimento per il cittadino. Che, però, ha in questo modo abbandonato l’esercente sotto casa. Ma questa, comunque, si rivela un’area abbastanza viva a livello commerciale».

San Vio senza scampo. Anche qui il numero di negozi, con il tempo è aumentato. Passando dalle 787 attività del 1990 alle 905 del 2006. Ma anche in questo caso, l’offerta merceologica sta cambiando e gli esercizi sono sempre più a servizio del turista. «Qui ci troviamo anche abbastanza vicini a piazzale Roma - ricorda Piergiovanni Brunetta -. Quindi per qualcuno è più comodo andare a fare le spese addirittura a Mestre. Dunque, è difficile far sopravvivere il negozio di vicinato. In più, alle Zattere c’è il Billa. Che viene preso d’assalto dai veneziani che abitano da queste parti». In ogni caso, ci sono zone, come San Vio dove ormai non c’è più nessuna attività.

Il trend al Lido. Il trend coinvolge anche il Lido. Che dal 1990 ad oggi perde anche 35 esercizi. «Anche qui ormai la gente fa la spesa al Billa - spiega Brunetta -. Poi ci sono i mercatini settimanali. Ma pure da queste parti l’alimentari sotto casa è sparito. A dimostrazione che questa tipologia di offerta sta cedendo il passo un po’ ovunque».

Così nelle isole. A Pellestrina si mantengono vive le attività tradizionali, poco più di una quarantina. Mentre sia Burano che Murano, hanno cominciato ad organizzarsi. Non stupisce allora che nel 2006 ci si ritrovi proprio a Murano con una settantina di negozi in più rispetto al 1990. Anche se si tratta quasi esclusivamente di negozi che vendono vetro. Pure Burano è passata da 64 attività alle attuali 98.

Residenti abbandonati. A questo punto, sembra chiara una cosa: il commercio del centro storico sta perdendo pezzi. Quei servizi, insomma, che sono riservati ai residenti. «La situazione non è per niente rosea - commenta Piergiovanni Brunetta -. E allora, quando ci si trova ad affrontare questo problema, non ci si può basare solo su dichiarazione demagogiche, come quelle dell’assessore Salvadori che dice: no, non devono chiudere gli alimentari e le latterie. Qui, se non ci si vuole trovare con un centro storico tutto dedicato al turista, bisogna giocarsela con gli incentivi».

Postilla

Nel corso degli anni Ottanta il fenomeno era già stato analizzato e denunciato, e si era tentato di contrastarlo con alcune politiche mirate: la politica dell’edilizia sociale, per consolidare la residenza dei veneziani; la politica urbanistica, per consentire un penetrante controllo pubblico dei cambiamenti di utilizzazione dei negozi e delle case; la politica patrimoniale, per dare nuovi strumenti all’intervento comunale nel mercato immobiliare. Negli anni Novanta, con le giunte Cacciari-Costa e il prevalere delle tendenze liberiste (via i lacci e i laccioli che ingessano Venezia) ci si è arresi alle tendenze mercantili che adesso stanno trionfando, tra lamentazioni sempre più profonde.

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