SELINUNTE (Trapani) - Se vi piacciono i tondini di ferro ruggine ficcati su nel cielo, se adorate il calcestruzzo sgretolato dalla salsedine, se andate pazzi per i selciati sconnessi, se vi commuovono le scalinate di cemento armato che digradano sulla spiaggia demaniale fino al mare e le necropoli riciclate in discariche, c'è il posto che fa per voi. Si chiama Triscina, sta a due passi da Selinunte (l’ideale per farci fare un figurone), è completamente abusiva e detiene probabilmente il record mondiale di impunità: su circa 5 mila case nate fuorilegge (tutte), oltre 800 sono così al di là di ogni limite di illegalità da non aver potuto approfittare neppure del condono del 1985. Non hanno potuto approfittare neppure del condono del 1994, né delle ammiccanti leggine via via tentate dalla Regione Sicilia.
Colpite dalla ordinanza di demolizione (obbligatoria) non hanno mai visto però una ruspa, un piccone, uno scalpello. Sapete quante ne hanno abbattute, in questi anni? Zero: zero carbonella.
Eppure qui, di quegli «abusivi per necessità» che vengono difesi a spada tratta dai legalisti di bocca buona, non ce n’è uno in giro.
Basta vagabondare tra le stradine che scendono a pettine verso il mare: cancelli sbarrati, finestre sbarrate, porte sbarrate. Non un’auto parcheggiata, un bambino che giochi, un ciclista che pedali, un panno steso al sole. «La Florida d’Italia! La Florida d’Italia!», strilla ogni tanto qualcuno vagheggiando di una regione aperta tutto l’anno grazie al sole, al mare, alle ginestre, alle ricchezze archeologiche. E sarebbe questa? Una Florida sgangherata che poco dopo la metà di settembre ha già chiuso tutto, ritirato le sdraio, smontato il campeggio, serrato le baracche-bar sulla spiaggia? Li conti sulle dita gli abitanti di questa scheletrica e bruttissima città fantasma che restano a vivere quaggiù anche dopo la fine dell’estate. E se da altre parti della penisola, in certe periferie delle grandi città, potresti avere lo scrupolo di buttar giù una schifezza perché c’è dentro qualcuno, qui no: nessun alibi. Tranne, s’intende, quello politico che tutti, dai sindaci agli assessori, ti ripetono qui in Sicilia: un abusivo è un abusivo, 5 mila abusivi sono un partito.
Spiega un rapporto di Legambiente che la Sicilia, con 63.089 case abusive costruite dal 1994 ad oggi, rappresenta un sesto dell’intero panorama (362.676) dell’edilizia illegale italiana. Spiega anche che 305 case su mille, nell’isola, «non sono occupate e quindi rientrano tra le cosiddette "seconde case"». Conclusione: visto che nella stragrande maggioranza questi edifici fuorilegge costruiti negli ultimi anni in attesa di un nuovo condono sono proprio case per le vacanze, si potrebbero buttare giù.
Sì, ciao. «Il problema è che i sindaci le ordinanze le firmano perché lo vuole la legge - racconta il dirigente generale dell’urbanistica regionale, Nino Scimemi -. Ma poi difficilmente fanno partire gli appalti per affidare i lavori di abbattimento».
Basti ricordare la testimonianza di Enzo Bianco: «Ero sindaco di Catania da poche settimane quando, una mattina, un impiegato mi porta alla firma un faldone con due o trecento ordini di demolizione... Comincio a firmare e gli chiedo: "Qual è il calendario delle demolizioni?" Quello sbianca, chiude il faldone, gira i tacchi e se ne va. Dopo un po’ entra il capo di gabinetto: "Ma signor sindaco, le firme servono solo a non farla incriminare per omissione di atti d’ufficio... Non penserà mica..."».
Molti anni dopo, non è cambiato niente. Incapace di raccogliere informazioni precise in un panorama così sgangherato, la Regione ha distribuito un questionario per un sondaggio a campione. Risultato: nonostante lo sbracamento dello Stato con la raffica di condoni, gli abusi edilizi accertati come in-sa-na-bi-li in Sicilia e quindi colpiti da una obbligatoria ordinanza di abbattimento sono oggi 21 mila. E quelle eseguite negli ultimi anni? Boh... Nessuno ne ha la più pallida idea. Forse 200, dicono in Regione. Delle quali 130 (in larga misura baracche) a Siracusa grazie a un protocollo d’intesa del sindaco Titti Bufardeci con la Procura e il resto nelle altre province, che ospitano il 93% degli abusi isolani.
Il che fa ipotizzare agli ambientalisti una percentuale di demolizioni effettive intorno allo 0,3 di quelle firmate. Umiliante.
Chi ha governato l’isola in questi anni, destra e sinistra, non è riuscito a fare il suo mestiere tra gli «abusivi del superfluo» (chi aveva una casa sequestrata e acquisita per abusivismo se l’è tenuta ed è «ospite» del Comune) come a Triscina, che con Marinella stringe Selinunte in una morsa di calcestruzzo e scarica dove può, compresa la necropoli di Timpone Nero dove i sepolcri vuotati dai tombaroli vengono usati come depositi d’immondizia. Non ci è riuscito con i grandi palazzinari e le aziendine edili che hanno tirato su alla periferia della sola Palermo un agglomerato di condomini e casette abusive dove vivono almeno 80 mila persone. Non ci è riuscito a Pizzo Sella, la «collina del disonore» palermitana dove tre grosse imprese (una delle quali controllata dalla sorella di Michele Greco, detto «Il Papa») edificarono 170 ville: 64 subito abitate, 55 finite ma mai occupate, 51 mai finite. Hanno perso tutti i processi, i costruttori. Tutti. Fino in Cassazione. Eppure, di quelle 170 ville, ne hanno tirata giù (nel lontano 1998: poi basta) solo una. Meglio: uno scheletro.
Il tribunale ha stabilito, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si trattò di un tipo di abusivismo assai consueto, in una regione in cui solo il 18,4 per cento dei comuni si è dotato di un piano regolatore: le licenze c’erano, ma erano state comperate. Come siano stati puniti quei funzionari infedeli, quei costruttori e quei progettisti che devastarono la collina ce lo dice la sentenza. Totale imputati: dieci. Totale condanne: 36 mesi di carcere.
Una settimana per ogni villa. Con la condizionale, si capisce...
( 6 - continua.
Le precedenti puntate sono state pubblicate il 13, 16, 17, 18 e 19 settembre)
Gian Antonio Stella