Il manifesto, 16 giugno 2015
Non ha ancora un nome, piano C o piano D, il presunto accordo segreto tra alcuni stati europei e l’Eritrea rivelato ieri dal quotidiano inglese The Guardian. Di sicuro, se confermato, sarebbe un piano concordato con uno stato che i funzionari delle Nazioni Unite e diverse organizzazioni per i diritti umani chiamano “la Corea del Nord dell’Africa”, tanto per dare l’idea del rispetto dei diritti umani in un regime repressivo e sanguinario come quello del presidente Isaias Afwerki. Secondo il quotidiano inglese, che spesso rivela notizie scomode per i governi europei che stanno annaspando di fronte alla cosiddetta “emergenza” immigrazione — come quando ha reso pubblico un documento in cui si parlava di operazioni di terra in Libia per distruggere le barche degli scafisti — alcuni paesi avrebbero avviato delle trattative segrete per convincere il regime eritreo a rinforzare i controlli alle frontiere. L’obiettivo prefigura un disastro umanitario: blindare i confini per impedire con la forza la fuga dei cittadini eritrei verso l’Europa. Ci sarebbe anche un premio: in cambio arriverebbero soldi oppure un ammorbidimento delle sanzioni.
Per questo motivo è già finito nel mirino il segretario di stato norvegese Joran Kellmyr che si sarebbe recato in Eritrea per concordare l’ipotesi di poter rispedire indietro i profughi eritrei, facendo carta straccia del diritto di asilo. La rivelazione per ora avrebbe coinvolto anche altri due governi europei: quello inglese (il ministero degli Interni di sua Maestà non ha voluto commentare) e quello presieduto dalla coppia Renzi-Alfano (anche a Roma tutto tace). Secondo l’articolo pubblicato ieri, infatti, anche funzionari italiani e britannici avrebbero viaggiato fino ad Asmara per testare la disponibilità del regime eritreo a collaborare per braccare i migranti sui confini. Una rivelazione piuttosto verosimile visto che nel 2014 il 22% delle persone arrivate in Italia via mare proveniva proprio dall’Eritrea.
Gli eritrei, dopo i siriani, sono i migranti più numerosi che cercano fortuna sfidando la morte sulle rive del Mediterraneo per entrare in Europa (circa duecento al giorno lasciano l’Eritrea). Proprio la settimana scorsa alle Nazioni Unite è stato pubblicato un rapporto molto esplicito sulla “cultura del terrore” che domina in Eritrea, si parla di arresti sommari, stupri e torture sistematici, un servizio militare che viene equiparato alla schiavitù, persecuzioni politiche ed esecuzioni sommarie. Nonostante questa situazione, Norvegia e Inghilterra nel corso del 2015 hanno già rifiutato molte domande di asilo politico di cittadini eritrei sostenendo che si trattava di migranti per motivi economici (il tasso di rifiuto è passato dal 13% del 2014 al 23% dei primi sei mesi del 2015). “E’ evidente — ha dichiarato un funzionario dell’Onu – che in Europa c’è una volontà politica di risolvere la crisi dei migranti chiedendo la chiusura dei confini dell’Eritrea ed è una tattica molto pericolosa”. C’è addirittura chi teme che il regime possa sparare ai migranti in fuga.
Secondo un funzionario inglese del ministero degli Interni non ci sarebbero piani immediati per cambiare politica nei confronti dell’Eritrea. E, comunque, “noi prenderemo in considerazione con attenzione i risultati del rapporto delle Nazioni Unite”. Speriamo che Matteo Renzi e Angelino Alfano, nel caso, facciano altrettanto.