Lungo la “linea rossa”. L'attenzione delle due giornate centrali si rivolge all’ideale “linea rossa” che segna il margine urbano, il luogo dove si manifestano in modo più evidente le contraddizioni e i conflitti relativi all'uso del territorio. Vogliamo esaminare da vicino due casi italiani - Milano e Firenze – selezionati perché rappresentativi dei problemi da affrontare, del grado di autorevolezza dei poteri pubblici, del ventaglio di politiche territoriali messe in campo, del contenuto e dell’efficacia di piani urbanistici e territoriali, del ruolo svolto da abitanti, terzo settore, soggetti economici. Due città governate in modo continuativo per oltre vent’anni dalle medesime maggioranze politiche, tra loro antitetiche. Possiamo, oggi, leggere criticamente quanto è successo non solo e non tanto a partire da astratti modelli di piano e di urbanistica contrapposti tra loro, quanto piuttosto dai caratteri - fisici, funzionali, sociali - delle parti di città investite dalle trasformazioni e dalle diverse opzioni, economiche e sociali, sottese alle decisioni.
Attorno a Milano. Milano è un esempio paradigmatico di "cattura del regolatore" da parte dei percettori di rendite e del "nuovo parastato". I primi, come noto, costituiscono il blocco dominante, in grado di condizionare le decisioni pubbliche sull'uso del territorio, piegandole alle proprie convenienze. Ma non va sottovalutato il peso dell'universo di società che si muove a cavallo tra il mondo pubblico e quello privato (concessionari e gestori delle reti, agenzie di servizi, ecc.), prendendo - ci si perdoni la semplificazione - il peggio di entrambi. Le distorsioni sull'uso e sull'assetto del territorio determinate da questo secondo blocco di soggetti sono altrettanto rilevanti, con l’ulteriore complicazione dovuta al fatto che - formalmente - essi agiscono in nome e per conto delle amministrazioni pubbliche.
Entrambe queste categorie di soggetti hanno dato impulso ad una congerie di progetti, promossi secondo logiche parziali difficilmente riconducibili a una qualsivoglia strategia territoriale complessiva (se non nelle vuote retoriche dello sviluppo), pesantemente condizionati dalle aspettative di valorizzazione immobiliare e da una ragnatela di interessi consociativi, non di rado illeciti. Affidiamo a Giuseppe Boatti il compito di spiegare perché il PGT di Milano, adottato dalla giunta Moratti, costituisce un micidale strumento per l'ulteriore moltiplicazione parossistica delle possibilità di valorizzazione immobiliare, e a Serena Righini il compito di descrivere presupposti e conseguenze della bulimia infrastrutturale milanese.
Attorno a Firenze. La Toscana è una regione opulenta, socialmente pacificata, soddisfatta di sé, stretta ai propri miti e di consolidata tradizione politica. Ed è, soprattutto, una regione nella quale si è sperimentata con successo, nei decenni passati, la possibile convivenza tra economia di mercato e protezioni dello stato sociale [riprendo le parole di Romano Viviani, decano degli urbanisti toscani recentemente scomparso]. La differente sensibilità e i cambiamenti intervenuti rendono evidenti, ai nostri occhi, i difetti delle scelte compiute nel passato relative all’industria, alla residenza e alle infrastrutture, facendo apparire particolarmente stridenti le realizzazioni tardive, e sollecitano le richieste di un cambiamento significativo, o quantomeno di un'effettiva evoluzione delle politiche per la città e il territorio. La debole propensione degli amministratori attuali ad agire in discontinuità con quanto fatto in precedenza, la scarsa coralità dell'azione pubblica e un sistema di leggi e piani a dir poco "barocco", accentuano il distacco tra le retoriche del discorso pubblico sulla città (incentrate sulla valorizzazione dei caratteri specifici dei luoghi, sull'attenzione all'ambiente, sul coinvolgimento della cittadinanza attiva) e i comportamenti concreti.
Il terreno dove si confrontano e si scontrano con maggior forza le visioni alternative è la piana fiorentina, un’area investita da una trasformazione tanto intensa quanto problematica. Che si tratti della rete infrastrutturale e delle aree produttive (come ci spiegherà Roberto Vezzosi) o dei brandelli di territorio rurale scampati, per ora, all’urbanizzazione (come ci spiegherà Lorenzo Venturini), le prospettive complessivamente delineate dai piani e dalle politiche pubbliche appaiono oggi ricche di contrasti. Conviene dunque esaminarle per capire compiere una salutare verifica dei limiti e delle contraddizioni possibili in seno all’azione pubblica.
Lontano dall’Italia. L'illustrazione dei casi italiani è affiancata da due comunicazioni rigurdanti alcune esperienze europee, potenzialmente virtuose. Vogliamo proseguire e idealmente concludere la trattazione di casi europei che negli anni passati ha riguardato il contenimento dello sprawl, la promozione dell’intercomunalità, la riqualificazione urbana e gli spazi pubblici, la realizzazione di insediamenti ad elevata vivibilità. Vogliamo sottolineare una volta di più l’importanza che rivestono oltre confine le politiche pubbliche per le città, non solo nel caso di governi particolarmente attenti alle questioni ambientali e sociali, ma persino nel caso di governi più sensibili alle sirene liberiste (seppure con una connotazione market-oriented). I casi illustrati dimostrano la possibilità di concepire strategie di lungo respiro, non ripiegate sulla composizione di interessi contingenti, di formalizzarle attraverso strumenti di piano prescrittivi, di indirizzo e di valutazione, e di promuoverne l’attuazione attraverso iniziative mirate, sui luoghi e con le persone.
Maria Cristina GIbelli partirà dal caso milanese (riprendendo le considerazioni sviluppate da Giuseppe Boatti, in particolare sull'utilizzo della perequazione urbanistica) per poi approfondire modelli di pianificazione all'opera (sia prescrittivi, sia condizionali) alternativi a quello lombardo, facendo cenno ad alcune esperienze significative: il programma VINEX, in Olanda, e lo SDAU della regione Ile de France. Francesca Blanc, dopo un inquadramento relativo alle leggi catalane e ai piani vigenti nell’area metropolitana di Barcellona, illustrerà nel dettaglio due esempi di gestione dello spazio periurbano: i parchi agrari del Baix Llobregat e de Gallecs, Mollet del Vallès.
Programma
SECONDA GIORNATA, 15 SETTEMBRE:
09.30 Mauro Baioni. Introduzione alle giornate centrali.
09.45 Giuseppe Boatti. EXPO, PGT di Milano e città della rendita.
10.30 discussione
11.15 pausa caffé
11.30 Serena Righini. Attorno a Milano. La conquista della cintura nera
12.15 discussione
13.00 pausa pranzo, al ristorante Canasta
14.30 M.C. Gibelli. Il limite urbano fra millantate innovazioni e pianificazione virtuosa
15.15 discussione
16.30 pausa gelato
17.00 Francesca Blanc. Barcellona.
17.45 discussione
18.30 fine giornata
TERZA GIORNATA, 15 SETTEMBRE
09.30 Mauro Baioni. Attorno a Firenze. Riflessioni a partire dal consumo di suolo
10.00 Roberto Vezzosi. Il primato apparente dell'urbanistica toscana.
10.45 discussione
11.30 pausa caffé
12.00 Lorenzo Venturini. Il parco della piana.
12.45 discussione
14.15 pausa pranzo
15.45 partenza da Villa Mussolini per la visita ai luoghi: Montefiore Conca e l’ex Ghigi a Morciano.
21.00 cena all’agriturismo I Muretti
23.30 rientro in albergo