Le immagini del degrado abissale di Palazzo Reale mandate in onda da Sky equivalgono ad un salutare e ben assestato calcio nel sedere. Non che non esistano luoghi monumentali di Napoli messi anche peggio: la climax dello sfascio del patrimonio storico e artistico è inesauribile. Quel che è significativo, e perfino simbolico, è che ad esser ridotto in questo stato sia proprio Palazzo Reale: e non solo perché è come se a versare in condizioni allucinanti fosse Palazzo Pitti a Firenze, o Palazzo Madama a Torino.
Il punto è che Palazzo Reale è la sede della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per Napoli e provincia, retta in questo momento da Stefano Gizzi.
Quale credibilità può avere un’istituzione che non riesce, non sa o non vuole tutelare nemmeno la propria (straordinaria) sede? Come non immaginare che qualunque cittadino napoletano che da oggi riceva un richiamo da parte della Soprintendenza non risponda: «medico, cura te stesso»?
O il soprintendente Gizzi intenderà forse concedere il bis delle sue stupefacenti dichiarazioni sui Girolamini, dicendo che anche questa volta si tratta di un complotto ordito dalla stampa per favorire chissà quali riposti interessi, e che Palazzo Reale è in verità tenuto come Versailles? E che almeno ci si risparmi l’intollerabile ipocrisia della rituale giustificazione economica, per cui la cronica mancanza di fondi giustificherebbe lo sfascio.
Qualcuno ricorda la ‘decorazione’ della cupola della sala prove ipogea del San Carlo, denunciata da questo giornale nell’ottobre del 2010? Un dosso di cemento, irto di cavalli dalla testa di alluminio e compresso tra due alti muri di pietra che lacera la prospettiva architettonica del Palazzo Reale visto da Castel Nuovo, vulnerando un segno fondamentale delle vedute che hanno consegnato a tutta Europa il ritratto di Napoli. I soldi per ferire l’identità storica di Palazzo Reale si sono trovati: come sostenere che non ce ne sono per la manutenzione ordinaria?
E cosa dire della mostra sulla regina Margherita, tenutasi esattamente un anno fa a Palazzo Reale? Una docu-fiction ‘culturale’ composta da tavole apparecchiate con pasticcini veri, grandi schermi che proiettavano improbabili dialoghi ‘storici’, e molti oggetti scelti perché ‘facevano Savoia’. Una mostra senza progetto scientifico, realizzata da una fondazione che produce format espositivi sui soggetti più disparati. E soprattutto una mostra il cui allestimento invadente e grossolano devastava le sale storiche di Palazzo Reale, coprendone gli arazzi e rendendo impossibile il godimento di molti capolavori pittorici.
Ebbene, per quella mostra i soldi si sono trovati eccome. Il Palazzo Reale di Napoli ha dunque tutte le carte in regola per diventare il simbolo della ‘valorizzazione’ all’italiana: lasciar andar in malora tutto il nostro patrimonio all’infuori di qualche sala rileccatissima che possa servire da location per Grandi Eventi.
La vera domanda suscitata dalle immagini di Sky non è «come possiamo cambiare le cose?», ma: «perché, in fondo, non ci interessa cambiarle?». Finché non rispondiamo a questa domanda, nulla davvero cambierà.