SE L'AFFITTO E' TUTTO NERO
Una stanza fuori città a cinquecento euro e senza contratto. È la giungla dei prezzi per gli studenti e i precari che viaggiano a mille e duecento euro al mese. Così per i giovani diventa impossibile anche fare progetti semplici: finire gli studi, trovare lavoro mettere su famiglia
Camera cercasi lavoratrice 30enne. Zona centro o semicentro. Massima serietà. No agenzie». L’annuncio viene pubblicato un venerdì qualsiasi e il telefonino inizia a squillare già dalla prima mattina. Io sono una ricercatrice precaria dell’università: 1200 euro al mese di assegno mensile, due anni di contratto e poi chissà. Loro sono i padroni di casa a cui si è liberata una stanza. Devono rimpiazzare qualcuno, fare cassa. Prendo, in poche ore, cinque appuntamenti. Li distribuisco in un sabato bollente di fine maggio. Si disegna, lentamente, un mondo.
Comincio dal sontuoso quartiere dell’Eur. Davanti al laghetto, mi tende la mano Rossella, una signora sulla cinquantina, timida e nervosa. Stringe la sua borsa firmata sotto il braccio, mi fa strada con prudenza nel suo condominio: elegante, con un grande giardino. Ci passa accanto il portiere e lei abbassa la testa. Ci metto un po’ a capire che succede. «Glie lo dico subito: io le faccio vedere una stanza, ma non potrei. Insomma, affitto a nero». Parla sottovoce, si vergogna. Saliamo una rampa di scale in un silenzio surreale, come due ladre. Poi lei entra nella porta accanto. La lascia aperta per qualche secondo. Si scorge un appartamento enorme: soggiorno a perdita d’occhio, mobili di buona fattura. Esce con in mano un mazzo di chiavi. «In pratica saremo vicine, ma lei avrà un ingresso indipendente. È importante, per la sua autonomia». Finiamo dentro una camera buia, minimale e un po’ dimessa. Un corridoio stretto, un bagno in disordine, un letto a una piazza davanti a una finestra senza balcone, un piccolo frigo marrone, un armadio. Non vedo la cucina. Chiedo spiegazioni. «Ho due figli, ci teniamo alla nostra privacy e la nostra cucina non si può usare. Però lei si può organizzare: può portare un fornelletto da campeggio, oppure un forno a microonde, o il “bimbi”. Ha presente il robot? Con quello, al giorno d’oggi, si prepara ogni ricetta». Annuisco senza convinzione. Vengo a sapere che per questo accampamento di fortuna chiede 550 euro al mese. Più spese. La metà del mio stipendio. In contanti e sottobanco. «Il contratto io non glie lo posso proprio fare. Dall’altra parte sono in affitto. Ma mi sono separata e questa casa costa. Ha visto il portiere? Lo vede il giardino? Sono tutti lussi che uno si deve poter permettere. Allora mi sono organizzata così». Scivolo via con una strana angoscia addosso. Per un momento sono dispiaciuta per lei.
La macchina sfreccia sul raccordo anulare e, senza navigatore, la casa della signora Claudia è difficile da scovare. Siamo in zona Anagnina, qualche chilometro oltre l’Ikea, a due passi dal campus della Ericsson. La signora mi aveva contattata via sms: «Affitto stanza elegante 500 euro più spese». Ora mi accoglie sulla porta in tuta da ginnastica, rincorsa da un cane che sembra un cartone animato. Sono travolta dal suo calore meridionale. Mi accorgo subito, anche qui, di violare un segreto. «Vieni, entra, passiamo dal giardino. Qui c’è l’orto, guarda. Alla tua stanza si entra di lato». La “mia stanza”, effettivamente, è un incanto. Fa parte di un bilocale che Claudia ha ricavato facendo dividere la sua casa originaria, dove lei adesso abita con il figlio ventenne. «Sono rimasta vedova una decina d’anni fa, allora dovevo trovare un modo per andare avanti. Ho diviso la casa in due e ho ricavato nell’altro spazio due stanze. In una, se vorrai, ci vai tu. Nell’altra c’è una coppia di ragazzi di 25 anni. Lavoratori, puliti». C’è un bagno, c’è una cucina, c’è addirittura il camino. Il giardino con il tavolo e l’ombrellone. C’è il posto auto: è l’unica casa che vedrò in cui la mia macchina non è un problema. Non siamo a Roma, però, ma almeno a un’ora da dove lavoro. E non ci sono mezzi pubblici prima di qualche chilometro. A parte un autobus che sembra passare a singhiozzo. Non c’è il contratto, poi. Neanche qui. «Mi sono sempre regolata così, sulla fiducia. Sullo sguardo». Anche stavolta esco turbata. Divisa tra rabbia e comprensione. Turbata dall’empatia che provo per questa donna che affitta a nero e a prezzi stellari una stanza praticamente fuori città.
Bevo un caffè, lascio la campagna e scappo a vedere altre due stanze in centro. Una è a viale Libia. Zona università e, in teoria, a 10 minuti da dove lavoro. Dovrei abitare con cinque lavoratrici, tutte donne, in un appartamento enorme e fatiscente. La padrona di casa vive al piano di sopra. Non mi conosce, ma continua a chiamarmi con un diminutivo. «Per me siete come figlie, una volta al mese siamo abituate tutte ad andare a mangiare la pizza. A questa cosa, sia chiaro, ci tengo». Niente contratto («a che serve?»), due mesi di anticipo, 450 euro più spese. L’altra camera è in zona San Pietro. Me la mostra un single 40enne: ha ereditato l’appartamento da suo nonno, lui vivrebbe con me, ma non c’è mai, perché i suoi abitano fuori Roma. Affitta la stanza per coprire le spese di gestione. Bollette in comune, più 400 euro al mese. «Il contratto non serve, me li metti in una busta», chiarisce.
Finisco il mio giro dal signor Cesare in zona Capannelle. Di fronte all’ippodromo e alla stazione dei treni. «Ora sono in pensione, ma ero un bancario e ho sempre lavorato in centro. Da qui a Termini sono 10 minuti». È lui a chiedermi la cifra più bassa: 350 euro più spese. Peccato che la stanza sia un loculo e che l’appartamento va diviso con altre tre persone, con un solo bagno in comune. Una cucina appena abitabile, un corridoio stretto, niente soggiorno. Sul contratto, fa una proposta opaca: «Si può fare una scrittura privata, ma speriamo di non doverla usare mai». La filosofia di Cesare è quella di tanti. «Vivo al piano di sopra, ho comprato questa casa per mia figlia. Se un domani si sposa, siamo vicini. Quando mi servirà la casa, io vi avviso e voi ve ne andate. Due, tre mesi ve li do. Così vi trovate un’altra sistemazione. Oppure vi arrangiate. Tanto siete giovani, no?». Esco stordita. Il telefono continua a ricevere telefonate e sms per giorni. «Cerca ancora quella stanza?». No, grazie. Non la cerco più. Meglio restare ancora qualche anno da mamma e papà.
AFFITTARE COSÌ È LA LEGGE
Quattro tipologie contrattuali: dal canone libero a quello minimo prestabilito Molti proprietari italiani affittano casa in nero. Eppure esiste una legge, la 431/98, che stabilisce le tipologie contrattuali a cui attenersi. Che sono quattro: 1) contratto libero: consente al proprietario di stabilire liberamente il canone di affitto. Ma (salvo particolari eccezioni) ha una durata inderogabile 4+4: quattro anni, più rinnovo obbligatorio dello stesso periodo. 2) contratto regolato o concertato o convenzionato: il canone minimo e massimo è stabilito da accordi territoriali delle associazioni sindacali dei proprietari e degli inquilini, di concerto con le istituzioni interessate (Ministero dei Lavori Pubblici e Comuni). La durata è 3+2: tre anni più due di rinnovo. Essendo una forma contrattuale “calmierata”, prevede specifiche agevolazioni fiscali. 3) contratto di natura transitoria: si può stipulare solo in tassativi casi di transitorietà previsti dalla legge; ha una durata di minimo un mese e massimo 18 e non è rinnovabile. 4) contratto studenti universitari: si può stipulare solo nei comuni sede di corsi universitari e nei comuni limitrofi e riguarda solo gli studenti fuorisede. Il canone è compreso entro fasce di oscillazione stabilite dagli accordi sindacali territoriali.
Per far emergere il mercato nero degli affitti, una strada allo studio è quella di ridurre la pressione fiscale sui proprietari, che ad oggi pagano le tasse in base al reddito. Da qui la proposta, nella scorsa legislatura, di una “cedolare secca” sugli affitti: un’aliquota fissa del 20% per tutti i proprietari. A sostenere il provvedimento fu soprattutto Francesco Rutelli, ma mancarono le risorse per tradurlo in una norma. Secondo le stime di Visco, infatti, la manovra sarebbe costata 4 miliardi di euro.
Il 21 maggio scorso sulla proposta è tornato il Ministro Roberto Calderoli, annunciando a margine di un’assemblea di Confindustria di voler riprendere in mano il progetto sulla cedolare secca, assicurando che «presto la misura sarà inserita in un provvedimento». Già a marzo, il Pd si era detto d’accordo al varo di un decreto legge ad hoc. Ma si aspetta ancora.
LA SCHEDA
Nel secondo semestre 2008 gli affitti sono scesi in media in Italia del 4% rispetto al semestre precedente: lo rileva uno studio della Uil secondo il quale il peso dell'affitto sul reddito netto delle famiglie è passato dal 27% del primo semestre al 26,4% del secondo. Tra le città metropolitane solo Genova e Torino hanno registrato aumenti medi dei prezzi di affitto (rispettivamente del 15,8% e del 5,5%) mentre Milano (-17,9%), Bologna (-16,9%) e Roma (-7,9%) segnano una riduzione significativa dei prezzi di locazione. Anche le quotazioni immobiliari di vendita hanno segnato una battuta d'arresto (-0,6% tra il secondo e il primo semestre). La riduzione più pesante l'hanno registrata i prezzi a Bologna con un -6,94%. La città più cara per affittare casa è Roma dove per un appartamento di 70 metri servono in media 1.656,70 euro al mese. A Venezia gli affitti sono in media di 1.470 euro mentre a Firenze ce ne vogliono 1.020. A Milano, secondo lo studio bastano 845 euro a Caltanissetta servono 227
EUROPA A MISURA DI GIOVANI
Germania e Spagna sono le meno care. Qui un neoassunto trova affitti regolari e a prezzo sostenibile. Resta il miraggio di Londra: chi lavora nella capitale inglese spesso costretto a fare il pendolare
Per capire come funziona il mercato degli affitti negli altri paesi, basta scomodare un po’ di amici all’estero. Ne abbiamo tutti molti, in fuga dall’Italia. Esportano sogni e scommesse in posti dove spesso far fiorire i progetti è più facile che qui. A mettere insieme un po’ di storie - via mail, via Facebook o con una chiacchierata su Skype - il dato che emerge è sempre lo stesso: cercare casa a prezzi sostenibili, eccezion fatta per Spagna e Germania, è una fatica anche nel resto d’Europa; ma avere un contratto fuori è la norma. Laura ha 30 anni ed è nata a Pagani, vicino Salerno. Una laurea in architettura, qualche anno tra Parma, Milano e Venezia. È approdata a Parigi tre anni fa, dove lavora in uno studio associato di architetti italiani. «La domanda è molto alta e affittare casa è una guerra. Gli appartamenti per i single sono minuscoli: dai 12 ai 16 metri quadri di media. Tutti i padroni ti offrono un contratto, ma prima di “accettarti” come inquilina devi superare una specie di selezione», spiega. «Le cose vanno più o meno così: trovi un annuncio con sopra l’ora e il giorno per le visite; ti presenti e porti con te un dossier, che contiene le tue ultime buste paga (di solito si chiede una busta paga che sia tre volte il prezzo dell’affitto), una lettera di referenze del tuo precedente proprietario e la dichiarazione dei redditi di una persona che si fa garante per te». Laura spiega che per lei è stata dura: contratto a tempo determinato, genitori-garanti all’estero: ci ha messo un po’ a farsi “scegliere” dai suoi attuali proprietari. «Oggi vivo i miei 16 mq + 4 di soppalco-letto in centro. A 650 euro al mese, tutto incluso».
Angela di anni ne ha 28. Viene da Cagliari, ha studiato a Roma, da quattro anni ha scelto l’estero: prima due anni a Dublino, poi Londra, dove oggi lavora come giornalista freelance e media analyst. «Londra è in assoluto una delle città più care d’Europa. Anche sugli affitti. IPer risparmiare ho scelto una zona residenziale, ai limiti con Peckham, che è considerato un po’ il “bronx” della città. Pago 600 pound al mese, spese comprese. Con contratto».
C’è chi, pur lavorando a Londra come Rocco, - economista 31enne, in Inghilterra prima per un dottorato e adesso per lavoro - sceglie di fare vita da pendolare, per risparmiare un po’. «Sono andato a vivere a Oxford. In molti fanno così. Con 700 sterline». Isabella, invece, è un’antropologa di 30 anni originaria di Fabriano, e lavora a York. «Qui ti fanno sempre il contratto, anche se si tratta di formule più flessibili e meno rigide che in Italia. I contratti tipici durano sei mesi. Ma spesso gli affitti vanno a settimana. Io ho una stanza singola in una specie di studentato privato, dove abitano altre 16 persone, in pieno centro storico. Pago 72 sterline a settimana. Non è molto». Anche in Spagna la situazione è decisamente migliore. Come spiega Marilù, 31 anni, attrice di Taranto. «Abito da sola, in un monolocale a Malasagna, e pago 300 euro al mese, tutto in regola. Qui in Spagna le condizioni di vita per i giovani sono ideali Sto qui da tre anni e non ho mai avuto problemi a mantenermi. Quando abitavo a Roma era tutto più difficile».