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Curzio Maltese
Se conquistare la televisione è l’ossessione della politica
10 Marzo 2011
Articoli del 2011
Idee perverse per far diventare più stupidi gli stupidi con lo stupidogeno (e con i nostri soldi). Idee da Caimano. La Repubblica, 10 marzo 2011

La controriforma della Rai, lanciata da Berlusconi in contemporanea alla controriforma della giustizia e dopo quella della scuola, è a modo suo altrettanto «epocale». Ferrara, Sgarbi e Vespa in prima serata sono infatti roba da anni Ottanta. Vespa, per la verità, anche di epoche precedenti. Giuliano Ferrara, a suo tempo il più interessante del trio, riprenderà il format di Radio Londra, che è appunto del 1988, ma fu presto accantonato da Canale 5 per i bassi ascolti. L’idea di portare Sgarbi e Vespa in prima serata sulle reti Mediaset fu bocciata vent’anni fa da Berlusconi, che non è un pirla, come direbbe Mourinho. Ma il bello di governare l’Italia è che con i soldi pubblici si può fare di tutto e senza problemi. Nominare direttore del Tg1 Augusto Minzolini, al quale un editore sano di mente non affiderebbe una gazzetta locale, per non parlare della carta di credito. Garantire dodicimila euro al mese e un vitalizio a Nicole Minetti, piazzare in Parlamento e ai ministeri le amiche, eccetera. Dunque anche far sprecare alla Rai qualche decina di milioni subito, e molti altri in prospettiva, per garantire un megafono elettorale in prima serata al proprietario dell’azienda concorrente. A Cologno Monzese si saranno sbellicati dalle risa.

Il fallimento economico dell’operazione, in termini di ascolti e pubblicità, è fin d’ora ovvio per chiunque capisca di televisione. Lo scriviamo anche a futura memoria, per quando la magistratura e la Corte dei Conti decideranno d’indagare sul perché la Rai sfrutti i precari per poi buttare centinaia di milioni nei cessi della politica. È vero che l’Italia non è cambiata molto dagli anni Ottanta, ma perfino i gusti televisivi si sono evoluti. Soprattutto nell’ultima stagione, come dimostrano il successo di Vieni via con me e della lezione di Benigni a Sanremo. Calare in questa rivoluzione del gusto televisivo le prevedibili invettive anti magistrati, già ascoltate un milione di volte, di due intellettuali che giocano da trent’anni a fare gli anticonformisti di corte rappresenta un suicidio aziendale. Non bastasse, l’elefantino Ferrara ha annunciato che, negli intervalli fra una bastonata e l’altra al pool di Milano, discetterà anche di teologia. Tema di gran richiamo per le platee di Raiuno, tanto più dal pulpito di un ateo clericale. Sgarbi minaccia di occuparsi di cultura («stronzo», «cornuto», «troia», «vaff…» e così via), estetica e ambiente, ad esempio sui danni artistici e al paesaggio di intercettazioni e inchieste dei pm milanesi. La terza punta dello spuntato tridente è il ciambellano Vespa, vale a dire la messa in latino per celebrare il potere.

A garantire la catastrofe è del resto la stessa firma dello stratega, il direttore generale Mauro Masi. L’unico fra i personaggi coinvolti, tutti evocativi di gravi mestizie, che al solo nominarlo infonda una lieve ilarità. Il dg di viale Mazzini è un bel figuro da commedia dell’arte, tanto guascone quanto maldestro e sfortunato. Ha perso tutte le guerre possibili, ma in maniera spettacolare. Era stato inviato con la missione di chiudere Annozero e ha trasformato Santoro in un intoccabile, beatificandolo anche agli occhi di chi lo trovava ambiguo e scontato. La sua guerra preventiva a Roberto Saviano si è trasformata nel più formidabile lancio pubblicitario della storia televisiva. In compenso è bastata una sua sola telefonata di auguri in diretta a Simona Ventura per far precipitare finalmente, dopo anni, gli ascolti dell’Isola dei Famosi. Un mito, già fonte di leggende. Qualcuno comincia a sospettare che il dg sia un eroe della resistenza berlusconiana infiltrato. Di certo, ha fatto più Masi per dar voce all’opposizione di tutti i segretari del Pd, Ds, Rc, Idv e beppegrilli messi insieme (a proposito: secondo l’Osservatorio di Pavia a gennaio nei tg Rai il premier ha totalizzato 402 minuti di presenza contro i 72 di Bersani, i 48 di Fini e i 12 di Vendola). I soliti pessimisti di sinistra temono però che in primavera, con la ghiotta ondata di nomine agli enti pubblici, Masi possa essere dirottato a far danni altrove.

Perché un uomo di televisione come Berlusconi si lancia in un’impresa tanto anacronistica come la controriforma Rai? Ragioni sentimentali, psicologiche, miste come sempre a convenienze economiche e politiche. Le seconde sono talmente banali da poter essere liquidate in breve. In primavera ricominciano i processi e forse si andrà a elezioni anticipate, il premier ha dunque bisogno di alzare il tiro sui magistrati e contro l’opposizione. La controriforma Rai è un laboratorio per sperimentare il «metodo Boffo» contro Bocassini e colleghi, stavolta su vasta scala, dai canali della tv pubblica e non dai giornali di famiglia. Comunque vada, un po’ di fango addosso alle toghe rimarrà. L’inabissamento di ascolti della rete ammiraglia Rai offre un gradito effetto collaterale sui bilanci di Mediaset, già risollevati quest’anno dalla cura Minzolini. In attesa di tempi migliori in cui si potrà procedere al vecchio progetto piduista della «dissoluzione del servizio pubblico». Non più attraverso la privatizzazione, perché a Mediaset non conviene introdurre nel sistema un altro Murdoch, ma togliendo la risorsa pubblicitaria.

I motivi psicologici sono più sottili. L’anziano premier è sempre più nostalgico dei gloriosi (per lui) anni Ottanta, sfociati nella «discesa in campo» del ‘93, l’apice della parabola. Vespa, Ferrara e Sgarbi fanno parte dell’album d’epoca. Nel declino, il Caimano torna all’ossessione di sempre. La televisione, origine della fortuna, è diventata alla fine l’ultima trincea, il suo bunker tripolino, un modo di rifiutare la resa che il resto del mondo si aspetta.

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