Dinanzi all´ordine di rimuovere le bacheche che espongono l´Unità, sulle prime uno pensa che Fiat abbia deciso di estromettere la democrazia dai suoi stabilimenti. Un segno non da poco. Il cammino era già tracciato con i contratti ferrei di Pomigliano e Mirafiori, il licenziamento di alcuni operai che avrebbero disturbato la produzione a Melfi, infine l´esclusione della Fiom dai reparti. Ora si aggiunge il divieto di esporre un quotidiano. Il che fa pensare ad altro. Infatti la democrazia non è morta sempre con un gran botto. In diversi casi è morta anche a piccoli passi, compiuti nelle fabbriche, nelle scuole, in piccole città, fino a che ci si è accorti che era scomparsa in un intero Paese. Per questo motivo il segnale che arriva da Bologna e altrove preoccupa sotto il profilo politico più che sotto quello delle relazioni industriali.
D´altra parte è possibile che Fiat non abbia affatto intrapreso i passi anzidetti per cancellare la democrazia industriale. Magari ha già deciso di lasciare l´Italia, come parrebbe anche dai contraddittori annunci circa i modelli da costruire o forse no nel quadro del fantomatico piano Fabbrica Italia e dai milioni di ore di CIG a Torino e Pomigliano. E vuol mostrare che vi è costretta perché con la Fiom non si ragiona, troppi osano criticare il Piano che non c´è mentre gli americani lo ammirano, e qualcuno pretendeva pure di esporre nei suoi impianti un quotidiano che in un angolo reca tuttora la scritta "fondato da Antonio Gramsci nel 1924".