Il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2014
È la “deroga Leopolda” e viene concessa all’unanimità. Funziona così. Il governo presenta il decreto Sblocca Italia il 12 settembre: un mischione di pessime norme che dovrebbero rilanciare la crescita. La Camera, dove il testo è in discussione, riesce persino a peggiorarlo: oltre agli orrori del governo, la commissione Ambiente inserisce tutta una serie di emendamenti non coperti durante una seduta notturna della scorsa settimana. Il testo arriva in aula mercoledì e subito la discussione viene stoppata: mancano i pareri del ministero dell’Economia proprio sulle coperture. La commissione Bilancio lavora tutta la sera di giovedì e finisce per bocciare la bellezza di 50 emendamenti. Ieri mattina, il testo torna di nuovo in aula per essere rispedito in commissione Ambiente: lì si provvede a escludere formalmente le norme scoperte.
A mezzogiorno il decreto è pronto per la discussione in Assemblea e il governo pone subito la fiducia sul testo. Pausa. Si va in Conferenza dei capigruppo per stabilire il calendario dei lavori e Maria Elena Boschi chiede ai gruppi “il favore” di non aspettare 24 ore per votare, come prevede il Regolamento, ma di concedere una deroga e iniziare la chiama fin dal pomeriggio: «Domani inizia la Leopolda», spiega la ministro. Tradotto: mica ci vorrete far stare qua invece che a Firenze? Le opposizioni lasciano fare: certe gentilezze una volta erano riservate ai congressi di partito, oggi basta una convention non ufficiale.
Lega e M5S si sono accontentate, considerandolo un successo, di trattenere due giorni in più il provvedimento a Montecitorio: il voto finale avverrà giovedì anziché martedì. Il risultato sarà che il Senato avrà ancora meno tempo per discutere il decreto e zero possibilità di modificarlo: il testo, infatti, scade l'11 novembre e arriverà a Palazzo Madama solo il 31 ottobre. Neanche due settimane in cui andrà approvato senza emendamenti con la probabile nuova fiducia.
Passa in carrozza, insomma, lo Sblocca Italia – testo peraltro su cui si formalizza l’ingresso in maggioranza degli ex vendoliani di Gennaro Migliore, che ieri hanno votato la fiducia – di gran lunga il peggior decreto dell’era Renzi. Un breve riassunto aiuterà a capire: lo Sblocca Italia contiene un incredibile prolungamento delle concessioni autostradali fino al 2038 (in cambio di 10 miliardi di investimenti che avrebbero dovuto essere già realizzati) criticato tanto dall’Autorità Antitrust che da quella dei Trasporti; restano nel testo pure tutte quelle semplificazioni autorizzative negli appalti che hanno spinto Bankitalia e l’Autorità Anticorruzione a parlare di un rischio di aumento delle mazzette; il ministero delle Infrastrutture (ai danni di Ambiente e Beni culturali) avrà l’ultima parola sul via libera ai cantieri in aree archeologiche (la Metro C di Roma); i controlli ambientali e i vincoli paesaggistici vengono indeboliti; si affida ai fondi immobiliari la cementificazione del demanio pubblico inutilizzato; si incentiva la trivellazione dello Stivale per raddoppiare la produzione di petrolio; si dichiarano tanto le trivelle che gli inceneritori “opere strategiche di interesse nazionale” ; si concede al Tesoro il potere di indicare le linee guida per investire i 20 miliardi di risparmio postale amministrati da Cassa depositi e prestiti (in “opere strategiche” peraltro). L’elenco potrebbe continuare, ma anche questo basta a dar ragione al portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli: “Se questo decreto l’avesse firmato Berlusconi, il Pd sarebbe sceso in piazza”. Ma l’uomo nero non c’è più, sono rimasti quelli grigi.