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Sandro Roggio
Sardegna: sta morendo per soffocamento una buona pratica per le nostre coste?
19 Settembre 2016
Sardegna
Commentando un recente articolo sulla privatizzazione dei fari costiere abbiamo citato una buona pratica di segno opposto, quello delle distinzioni dei demani pubblici: la Conservatoria delle coste sarde. Abbiamo chiesto al nostro corrispondente di informarci. Ecco le news: non siamo sereni

Sardegna. Tra le cose buone volute dal governo di Renato Soru c'è (c'era una volta?) la Conservatoria delle Coste. La decisione di istituirla (a partire dal 2005 e completata con tutti gli atti nel giro di due anni) sta in quel momento magico di speciale attenzione per il paesaggio dell'isola, di cui le coste – circa 2mila km – sono la componente essenziale. A rischio di gravi manomissioni, numerosi e clamorosi gli esempi in grandi parti del territorio litoraneo. Il Piano paesaggistico (2004- 2006) costituiva il quadro di riferimento indispensabile per la tutela dei litorali, la Conservatoria uno degli strumenti per dimostrare le possibili alternative alle speculazioni dissennate attraverso ragionevoli politiche di gestione su aree affidate alle cure del nuovo istituto.

L'obbiettivo fondamentale: realizzare esperienze coerenti con il Ppr in grado di produrre occupazione, buoni esempi da diffondere. In particolare su quelle già di proprietà pubblica, alcune migliaia di ettari (ad esempio nelle riviere di Alghero, Muravera, Buggerru, Castiadas ). Si guardava ai migliori modelli europei ( le esperienze di “Conservatoire du littoral” francese e del “National Trust” inglese) avendo ben presenti la storia e i caratteri delle spiagge e delle scogliere sarde da trattare in modo originale.
Nel 2007, con la nomina del direttore Alessio Satta e del comitato scientifico si avviava l'attività e si definiva la strategia dell'istituzione con l' approvazione (febbraio 2009) della relazione tecnico-scientifica dell’Agenzia, l'unico documento d’indirizzo prodotto con riferimento al caso sardo. Da allora non sono mancati i risultati, alcuni di grande interesse: specialmente nella attività di progettazione per procurare risorse e infatti sono arrivati i finanziamenti europei per iniziative di rilievo. Buono il bilancio delle collaborazioni con i comuni e le amministrazioni delle aree protette ( soprattutto con il Parco Nazionale dell'Asinara). E messe a punto previsioni da verificare caso per caso. Penso al programma di restauro di antiche torri costiere e di numerosi fari abbandonati e degradati, da mantenere all'interno delle proprietà demaniali. Ma ammettendo il concorso di privati per il loro recupero funzionale e l'apertura al pubblico, attraverso concessioni per tempi commisurati agli investimenti.

La Conservatoria ha operato per circa sei anni, un tempo troppo breve per consentire un giudizio; dimostrando comunque capacità di buona amministrazione e tempestività nell'azione, nonostante la limitatezza del personale in ruolo, per cui si sopperiva con l'entusiasmo di bravi giovani collaboratori ( che peccato avere disperso quelle competenze e quella esperienza !).

Una realtà dinamica. Tant'è che dopo la caduta del governo Soru, il presidente Cappellacci, a capo di una maggioranza di destra, non si sa con quanta convinzione, manteneva in vita la struttura decisa del suo predecessore. Per questo quando la nuova giunta di sinistra ha deliberato (giugno 2014) di commissariare la Conservatoria riducendone l'autonomia ( l'idea di scorporare le sue funzioni n più assessorati), c'è stata una reazione di contrarietà da parte dell'opinione pubblica più attenta ai temi della tutela del territorio.

Una scelta ancora dai contorni incerti, nel nome della riduzione della spesa, un obiettivo mancato, parrebbe.

Un'incertezza di fondo: via via confermata da altalenanti dichiarazioni sulle reali intenzioni, atteggiamento peculiare della politica di dire/non dire. Per quanto siano sempre più insistenti le voci sul ripudio dello strumento voluto da Soru e senza che nessuno chieda conto a chi prometteva che la Conservatoria sarebbe rinata più forte di prima. Conta oggi la sua sostanziale inattività, un'inerzia da cui si può dedurre facilmente la mancanza di volontà di rilanciarla. Nonostante la dimostrazione della convenienza a rafforzarla, come ha ben scritto Stefano Deliperi (Gruppo d'intervento giuridico) riferendosi all’indice di rendimento “dato dal rapporto fondi comunitari + investimenti / spese correnti, è per l'Agenzia mediamente di 2,7: in sostanza, per ogni euro di stanziamento proveniente dal bilancio regionale l’Agenzia ne produce 2,7”. Argomenti non trascurabili come altri evidenziati in un appello di autorevoli intellettuali rivolto al presidente Francesco Pigliaru, con una petizione in rete rimasta senza risposta.

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