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Sandro Roggio
Sardegna. Con il ddl Erriu il paesaggio rischia modifiche irreversibili
13 Agosto 2017
Sardegna
Ancora incerto il destino degli articoli della nuova legge urbanistica regionale con cui si tenta di svuotare la protezione delle coste garantita dal PPR della giunta Soru.

la Nuova Sardegna, 13 agosto 2017

Travolto da critiche autorevoli, il Ddl Erriu [assessore della giunta Pigliaru] perderà pezzi? Chissà se reggerà il famigerato art. 43, promotore dei “grandi progetti” a sportello; o se farà – com'è probabile – la brutta fine dell'articolo 6 della LR 23/93 sugli “accordi di programma” immaginati allora. Più difficile prevedere la sorte dell'art. 31. Perché c'è chi ci crede agli alberghi più 25%, che “in fondo non fa male” – ci spiegano: pure sommando deroghe a deroghe. E nonostante il PPR lo impedisca: senza alcun dubbio nella fascia di massima tutela (altrimenti a che servirebbe l'art.31?).

Trascuro di dire sulle discutibili scappatoie pensate dagli azzeccagarbugli per dare il via alle giostra delle eccezioni. Mi interrogo invece sul senso di questa proposta, sul clima politico nel quale è maturata (copyright Berlusconi&Cappellacci ), e sul rilancio da parte della coalizione a guida PD che ne aveva preso le distanze. Le temibili larghe intese contro visioni progredite, in Sardegna, guarda caso, contro il PPR.

In questo solco la deroga per gli alberghi, pure a due passi dal mare: nati al tempo della vacanza per pochi, zero tutele e quindi in posizioni di grande privilegio. Poi il turismo di massa e la coscienza di luogo, quindi l'obbligo di fare altri conti. Le conclusioni nel Codice dei Beni Culturali, da cui discende pure il sardo PPR inaspettatamente all'avanguardia. Troppo intransigente crede il governo Pigliaru, convinto di contenere il malumore degli imprenditori azzoppandolo. Per quanto le attese degli operatori del turismo siano altre ( più aerei, ad esempio); e sia forte l'impressione che il Ddl non piaccia ai sardi preoccupati di mettere a rischio le coste più belle del Mediterraneo. Ma non solo gli ambientalisti temono per la risorsa paesaggistica, come dimostrano le analisi intelligenti e coraggiose di Cgil e Cna a proposito del nodo lavoro - ambiente. Nello sfondo lo stupore che le disposizioni dell'art. 31 non siano supportate da uno studio che assicuri il lieto fine: alberghi più grandi = stagione più lunga o che spieghi almeno com'è che albergoni superdotati aprano solo tre mesi all'anno.

I più informati attribuiscono ai litorali sardi un valore pari a quello delle città d'arte e non sbagliano, basta guardare l'attenzione verso gli habitat più intatti dell'isola. Ecco, tra i beni paesaggistici del Paese ci sono la fasce costiere sarde: non solo perché lo dice la dura lex (già le due leggi Bottai del 1939 riguardavano “bellezze naturali” e “cose d'arte”). La Sardegna è nel cuore di tanti continentali che verrebbero ritrovare integri i suoi paesaggi in ogni dettaglio, come dimostra l'interesse della stampa nazionale. Quindi c'è qualcosa che non torna se temerariamente si consentono protuberanze di un albergo nelle rive sarde.

Nessuno ammetterebbe che per fare crescere il turismo a Venezia, Firenze, Roma si possano elevare di mezzo piano i palazzi adibiti ad alberghi nel Canal Grande, in via dei Calzaiuoli, in Campo dei Fiori. Vale in questi casi la consapevolezza che il vincolo paesaggistico e monumentale prevale sull'interesse economico. E non solo perché lo ripete da un po' la Consulta. Ma in quanto il danno sarebbe insostenibile: assurdo che per migliorare gli standard ricettivi si possa modificare il profilo di una strada nei libri di storia. E allora si tratta di spiegare perché gli alberghi negli scenari sardi più tutelati, possano crescere in altezza o allargarsi di lato, modificando la percezione di uno scorcio, straziando una duna, minando rocce o eliminando vegetazione; e quindi alterando un assetto consolidato. Nessuno stop all'impresa, però. Nei luoghi sottoposti a vincolo l'accoglienza si può migliorare riqualificando l' esistente, con le integrazioni per assicurare standard di sicurezza e delle dotazioni impiantistiche. E la ricettività si può incrementare nelle aree urbane trasformabili, secondo il modello indicato dal PPR.

A queste conclusioni sono arrivati da tanto gli economisti più accorti e impegnati a mettere a punto formule per rafforzare le ”motivazioni economiche per un uso conservativo della risorsa”. Tra gli studiosi più determinati, occorre riconoscerlo, il prof. Francesco Pigliaru che già alla fine degli anni Novanta (UniCa- Crenos) scriveva a proposito del paesaggio richiamo di turisti. Esauribile ci avvisava, ricordandoci che “... ogni investimento effettuato per aumentare il grado di sfruttamento turistico della risorsa (strutture ricettive, per esempio), ne determina un 'consumo' irreversibile, e di conseguenza la qualità ambientale, l’attrattività del suo scenario naturale diminuisce". Ero e sono d'accordo con lui e non con il presidente Pigliaru.

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