Titolo originale: Bound to charm, if only it gets done – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini
Chiamatela presunzione, o incrollabile ottimismo . Quando abbiamo comprato la casa, in Italia, dove aveva abitato il compositore Arturo Toscanini negli anni ‘30, speravo di trasformare questo un tempo elegante palazzo in un’affascinante locanda a nove camere con comodità high-tech e un ristorante, nel giro di un anno.
Dopo due anni non c’è ancora una data fissata, per la grande inaugurazione della Locanda Toscanini. Forse all’inizio della prossima estate: se tutto va bene.
Sarebbe facile dare la colpa dei rinvii al mio architetto. Ma non sarebbe giusto. È anche il mio caro marito, amorevole padre dei nostri tre figli. E deve fare molto. Non sono una cliente facile.
Abbiamo attraversato il nostro primo “inferno del restauro” dieci anni fa, quando scoprimmo una casa di campagna abbandonata a Palazzone, un incantevole angolo del Chianti meridionale, a metà strada fra Roma e Firenze, e decidemmo di farne la nostra seconda casa.
Una settimana dopo aver firmato il compromesso, ovvero l’impegno a comprare, e versato il 30% del prezzo d’acquisto concordato, crollò il tetto. Ed era solo l’inizio.
Nonostante una serie di rinvii, la casa fu terminata – in tempo – un anno più tardi. E, a rischio di esagerare, è semplicemente uno dei più adorabili posti i questo pianeta.
Il nostro nuovo progetto, il palazzo nel villaggio di Piazze, era in condizioni migliori della casa di campagna quando l’abbiamo comprata, con acqua corrente ed elettricità. Vero, il tetto perdeva, non c’era un vero e proprio sistema di tubi dell’acqua, e nell’edificio abitavano più gatti randagi che esseri umani. Ma non c’era niente con cui non potessimo confrontarci.
Gli italiani hanno un detto che recita, i ciabattini spesso hanno le suole bucate. E in realtà il mio architetto da’ grandi consigli, ma non sempre li segue.
Nella scelta dell’impresa di costruzione, per esempio, dice ai clienti di chiedere tre preventivi e scegliere quello intermedio. I contratti, insiste, devono comprendere forti penali per i ritardi (a differenza di altri architetti italiani, i suoi progetti sono completati in tempo). E quando le coppie clienti litigano su un progetto, saggiamente consiglia ai mariti di delegare alle mogli.
Per gli interventi sul palazzo abbiamo avuto due preventivi più o meno con la stessa cifra, e abbiamo passato i mesi successivi a bisticciarci sopra.
Un’impresa, guidata dall’energico Signor Angelo, coi baffi nerissimi, veniva dal nostro primo villaggio, o paese. L’altra, dell’anziano e affabile Signor Giovanni, è il costruttore principale di Piazze, il nostro nuovo paese.
In italiano, la parola paese significa sia la nazione che la cittadina natale. Se si pensa che l’Italia non è stata unita con Roma capitale sino al 1870, non sorprende che molte persone si identifichino più con la cittadina di quanto non facciano con lo stato.
Nel nostro tranquillo angolo di Toscana vicino al confine con l’Umbria, le rivalità scorrono profonde, accenti e addirittura nomi di pietanze cambiano da villaggio a villaggio, un paio di collinette più in là. Ma una cosa è universale: si favorisce sempre il paesano, il concittadino.
In quanto americana trapiantata, con un marito romano, ma di estrazione tedesca e italiana del nord, credevo che queste regole non scritte non valessero nel nostro caso. Ma alla fine, dopo molto digrignare di denti e vari appelli da parte di entrambi, abbiamo scelto il nostro paesano, Signor Angelo. È partito alla velocità del fulmine.
Grazie alle norme recenti, le riparazioni di urgenza possono cominciare 30 giorni dopo aver presentato un documento chiamato DIA all’ufficio tecnico locale, anche se i progetti definitivi di restauro non sono stati ancora approvati.
Angelo ha sostituito il tetto prima della scadenza prevista, così quando abbiamo firmato l’altra serie di contratti non abbiamo inserito la penale per i ritardi. Francamente a quel punto la nostra preoccupazione era di trovare i soldi per pagare i lavori completati in anticipo: a pensarci ora non c’era niente di cui preoccuparsi, visto cha Angelo si è impegnato in due altri grossi lavori oltre al nostro.
Ci sono altre ragioni per i rinvii. Io sono una di quelle. Quando il nuovo camino ha iniziato ad assomigliare a quello di una casetta svizzera dozzinale, ho insistito per rifarlo. Poi, e qui confesso di essere una tossica dell’informazione, le spesse pareti di pietra hanno dovuto essere cablate per internet ad alta velocità, televisione satellitare, e naturalmente l’aria condizionata.
E ci sono stati altri eventi fuori dal nostro controllo: la scomparsa di un parente, la morte di un papa, i problemi di un nuovo bambino e la necessità di trovare un’altra casa più grande a Roma. Nonostante il mio brontolare, il mio architetto ha dispiegato la solita pazienza: quasi sempre.
Una delle imprese più difficili è stato convincerlo che gli ospiti avrebbero avuto bisogno sia di una lavatrice che di un asciugatore. Per qualche motivo (sciovinista, secondo me) gli uomini italiani nutrono un’avversione per queste cose. Ma quando ho storto il naso davanti a certi muri di pietra e mattoni, il mio architetto è stato irremovibile. Era lui l’esperto di progetti, ha detto, e sarebbero andati benissimo.
Probabilmente sarà così. Vedremo. Cominciamo ad arredare il mese prossimo.