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Sapete cos'é BorSetTo?
11 Maggio 2004
Sapete cos'é BorSet
Raffele Radicioni ha mandato a Eddyburg, il 10 maggio 2004, l'introduzione a un libro bianco che uscirà fra breve, a firma del "Coordinamento per la difesa delle aree Bor.Set.To." di cui fa parte un insieme molto composito di forze politiche e gruppi locali, espressione della realtà sociale, facente capo ai Comuni di Borgaro, Settimo, Torino; Mi sembra una storia interessante, degna di aprire la nuova cartella SOS Padania.

Il Libro Bianco tratta della vicenda che va sotto il nome di Bor.Set.To. (acronimo per Borgaro. Settimo. Torino); esso vuole raccontare innanzi tutto “agli uomini e alle donne di buona volontà” di come si stia compiendo un ulteriore attentato di grandi dimensioni contro il governo democratico del territorio.

La vicenda, che verte sul destino da assegnare a 3,5 milioni di metri quadrati, non è né unica né isolata; se ne potrebbero raccontare molte altre: da “Millenium Canavese” a “Mondo Juve”, ai vari episodi di prevaricazione (il Piano Regolatore di Torino è assai ricco in proposito), attuati dai grandi e medi potentati della proprietà immobiliare, che in un crescendo continuo da ormai quindici, venti anni tendono ad imporre alle assemblee elettive degli enti locali decisioni di propria convenienza, prima o piuttosto che di interesse generale, in merito a qualità, forma, contenuto della città postindustriale.

Nell’operare in tale direzione i nuovi padroni della città non hanno neppure più la necessità di presentarsi in prima persona, con il proprio profilo imprenditoriale, tecnico, finanziario, come avveniva in qualche modo negli anni ruggenti del boom economico italiano (si veda la ricostruzione storica della vicenda Bor.Set.To. contenuta nel Libro Bianco). No, non è più così.

Attraverso una lunga stagione di confronto politico culturale, avviata a partire dagli anni ’80 (svolta significativa è stata la Sentenza della Corte Costituzionale del febbraio ’80, che ha colpito al cuore la riforma urbanistica del 1977) gran parte della cultura urbanistica e delle forze politiche anche della sinistra si sono assunte il compito teorico pratico di smantellare via via le basi culturali ed amministrative, che assegnavano unicamente al sistema democratico delle autonomie locali il compito e la responsabilità di decidere dove, come, quando trasformare l’ambiente urbano e rurale del territorio. Così ora è esclusivamente la cultura urbanistica, talvolta con la complicità del sistema delle autonomie, che consente alla proprietà immobiliare di defilarsi e quindi si assume il compito di smentire le prerogative di governo, che la legge (fino a quando?) ancora assegna agli enti locali.

Il Libro Bianco intende entrare nel merito della vicenda Bor.Set.To. tuttavia qui, in apertura, è delineato il profilo più generale, il filo conduttore della vicenda, che, nel susseguirsi di atti, ignoti o comunque poco comprensibili ai più, conduce invece ad importanti decisioni, destinate a condizionare per lunghi anni a venire la vita dei cittadini più o meno direttamente interessati.

Atto importante, si potrebbe dire di apertura della scena, che dà la misura del significato e della posta in gioco con la vicenda Bor.Set.To., è rappresentato dalla adozione, avvenuta in Consiglio Provinciale di Torino in data 28 aprile 1999, del Piano Territoriale di Coordinamento, che, per entrare in vigore, abbisogna per legge della approvazione della Amministrazione Regionale.

Quel piano aveva il compito (così definito dalla legislazione in materia) di indicare le linee di sviluppo o comunque di trasformazione del territorio provinciale a valere per gli anni successivi. Esso giungeva in Consiglio Provinciale dopo un susseguirsi complesso di fasi di informazione e di confronto con i Comuni, con le Comunità Montane, con le più significative forze sociali ed economiche della provincia torinese.

I contenuti di tale piano pertanto erano ben noti quanto meno nelle linee generali, ancora prima che il piano stesso venisse presentato al Consiglio per l’adozione. Detti contenuti in sintesi e nella sostanza, per quanto qui interessa, riguardavano:

1. la tutela assai puntuale, quanto meno all’interno dell’area metropolitana torinese e dunque in particolare anche sulle aree Bor.Set.To., del territorio destinato dai piani regolatori in vigore all’attività agricola, specie di quelle porzioni di maggiore fertilità, al fine di preservare le poche potenzialità ancora presenti in un intorno territoriale, soggetto da lungo tempo ai processi di trasformazione in senso urbano, che tanti problemi, ora di dominio pubblico, hanno creato in ordine all’ambiente per ragioni di inquinamento dell’aria e delle acque, di riduzione degli spazi aperti, di congestione. Le aree della Bor.Set.To. figuravano fra quelle oggetto di tutela più stringente per la ragione di essere riconosciute per la quasi totalità di elevato valore dal punto di vista agricolo;

2. l’indicazione delle direttrici di ulteriore sviluppo in termini di insediamenti residenziali ed industriali, in primo luogo nell’area metropolitana. Questa scelta intendeva fornire ai comuni linee guida per orientare le scelte dei piani regolatori verso direttrici opportune per ragioni climatiche, ambientali, per l’esistenza o l’opportunità di nuove relazioni funzionali, per la ricerca di più adeguati collegamenti viari e di trasporto collettivo a scala territoriale. Coerentemente con quanto al primo punto, il settore urbano di Borgaro – Settimo (e dunque le aree Bor.Set.To.) non era affatto compreso fra le direttrici di ulteriore espansione sia per le residenze che per le attività produttive.

3. il Piano, adottato dal Consiglio provinciale nella primavera del 1999, in conformità alle disposizioni di legge (la legge regionale urbanistica in primo luogo) nei confronti dei propri dettati istituiva una cautela fondamentale (la cosiddetta salvaguardia), in base alla quale fino alla approvazione da parte della Regione o almeno per tre anni dalla data di adozione i comuni non potessero formare piani regolatori contenenti indicazioni contrastanti con le linee del Piano Provinciale.

In ogni caso l’Amministrazione Provinciale, adottato nell’aprile del 1999 il Piano Territoriale di Coordinamento, lo inviò alla Regione per l’esame e per l’eventuale approvazione.

E qui incominciano a sorgere problemi e difficoltà, che renderanno possibili fra altre decisioni la “soluzione” della vicenda Bor.Set.To.

I

ntanto si scopre che per un banale refuso dell’articolo di legge (la legge regionale urbanistica), riguardante la salvaguardia, non è possibile applicare quella cautela a favore delle indicazioni del Piano territoriale provinciale nei confronti delle decisioni dei comuni in ordine ai Piani regolatori. Ne deriva dunque che i comuni, ove l’intendano, possono tranquillamente adottare e farsi approvare varianti o nuovi piani regolatori anche contrastanti con quanto indicato dal Piano territoriale provinciale. Così, invece di risolvere l’errore (perché di questo si trattava e si tratta) mediante semplice ed immediata correzione dell’articolo della legge regionale, la questione rimane a marcire senza soluzione, tanto da non essere risolta neppure ora, a distanza di cinque anni dal suo appalesarsi.

Ciò non basta a contrastare il disturbo arrecato dal Piano provinciale; all’interno della Regione, nella Commissione a ciò preposta ed in generale lungo l’iter di approvazione del documento in questione (il Piano Provinciale adottato nel 1999), prende avvio la discussione in merito, con tutta calma ed a partire da una questione interpretativa.

Si può dire “con tutta calma” perché mentre la legge regionale fissa 90 giorni, affinché la Regione approvi ovvero respinga il Piano Territoriale, la decisione formale è stata assunta nel volgere di tempo di oltre 4 anni (vale a dire in oltre 1.460 giorni).

Si può dire altresì che è stata sollevata una questione interpretativa assolutamente pretestuosa, che ha condotto a consentire alla Regione di entrare nel merito delle scelte del Piano Provinciale (prerogativa che la legge non le dava) e quindi di stravolgere e di sterilizzare i contenuti fondamentali del Piano Territoriale, quelli per intendersi, richiamati sopra in estrema sintesi.

Ma mentre la Regione “valuta” e comunque prende tempo per modificare i contenuti meno graditi del Piano Territoriale, alcuni comuni del settore nord dell’area torinese, per altro con il conforto sia della Regione che della Provincia di Torino, avviano alcuni provvedimenti di programmazione territoriale (formalmente di programmazione si badi bene e non di pianificazione), che porteranno a devitalizzare i contenuti del Piano Territoriale Provinciale ed a porre le basi per l’operazione Bor.Set.To.

Da alcuni anni infatti sono disponibili a livello nazionale strumenti di programmazione territoriale assai equivoci, creati formalmente per finanziare l’attuazione delle indicazioni dei Piani Regolatori, sostanzialmente in grado di stravolgere i piani stessi, quando essi si frappongano alla volontà o dei comuni stessi o degli operatori privati, che intendono intervenire con finalità assolutamente di parte. Attraverso l’uso di tali strumenti con un perverso connubio fra forze private ed enti pubblici si manifesta in tutta la sua estensione la cultura del caso per caso, della negazione cioè di ogni e qualunque forma di programmazione, in ragione della volontà di intervenire a breve, dove, come e quando si manifestino interessi corposi, capaci di rimuovere i “lacci e laccioli”, costituiti dai programmi di medio o lungo periodo.

Così su proposta del Comune di Settimo Torinese, assieme ai Comuni di Borgaro Torinese, Leinì e Volpiano, prende avvio il cosiddetto URBAN Italia. I programmi URBAN sono finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale, a favore dello sviluppo sostenibile (termine assai abusato) di città e quartieri soggetti a crisi appartenenti all’Unione Europea.

Quello strumento, nato in generale per programmare e per finanziare gli interventi previsti nei piani, è di fatto utilizzato per modificare anche profondamente i piani in vigore. Nel caso specifico di URBAN Italia le indicazioni in esso contenute infatti mutano e smentiscono totalmente i principi e le linee, sulle quali poggiava il Piano Territoriale di Coordinamento provinciale, quello stesso che nel frattempo, privo di salvaguardia, dall’ormai lontano 1999 langue tranquillamente presso la Regione, in attesa di una qualche eventuale decisione.

In questo modo URBAN Italia ha tutto il tempo di essere approvato in data 27 maggio 2002 con Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 settembre 2002.

In sintesi i contenuti di URBAN Italia sono:

1. l’indicazione per la formazione di una conurbazione a corona da Volpiano a Leinì, nel settore territoriale più esterno, rispetto all’area torinese, con protendimenti in direzione di Caselle. Tale direttrice si appoggia ad una infrastruttura di carattere superstradale, o “Asse distributore n. 2”, diretto a levante a connettersi con la cosiddetta “tangenziale est”, in attraversamento del Po a valle di Gassino ed a ponente verso la Strada Statale n. 460 a nord di Leinì, con prosecuzione verso Ciriè Lanzo;

2. l’indicazione per la formazione di una conurbazione a corona più interna, rispetto all’area torinese, sostenuta da un tracciato stradale o “Asse distributore n.1”, da Settimo a Borgaro. A detto tracciato sono assegnate funzioni di alleggerimento del sistema tangenziale torinese ed inoltre di sostegno alla “tangenziale verde” (di cui alle considerazioni svolte più oltre a proposito dell’altro strumento PRUSST 2010 Plan) e di servizio per gli insediamenti produttivi, fra i quali anche quelli previsti sulle aree Bor.Set.To.

3. un insieme di indicazioni riguardanti il sistema dei trasporti e delle comunicazioni, fra cui:

·l’intersezione delle due corone di sviluppo urbano sopra menzionate con tutte le componenti radiali viarie e ferroviarie di fuoriuscita da Torino, ivi compresa la prosecuzione verso Leinì della linea tranviaria torinese n. 4;

·una navetta di collegamento anulare dei centri urbani collocati sulle due corone con connessione attraverso la strada della Cebrosa verso il centro di interscambio della Stazione Torino – Stura;

·un sistema di trasporto pubblico dalla Mandria in Venaria alle sponde del Po ed alla collina di Torino, con tracciato affiancato al lato nord della Tangenziale autostradale torinese, a servizio della “tangenziale verde” e delle aree per lo svago;

4. l’individuazione di numerosi e quantitativamente rilevanti insediamenti produttivi a favore di un non meglio definito “riequilibrio territoriale” (riequilibrio di che, rispetto a cosa?). Fra tali insediamenti si evidenziano:

·la particolare consistenza urbanistico – territoriale, che presenta l’insediamento indicato fra l’autostrada A5 (per Aosta) e la Strada Provinciale n. 3 della Cebrosa, della estensione di 125 ettari circa;

·la zona di Leinì – Mappano, a ponente dell’Autostrada A5, di cui si prevede un consistente completamento;

·a ponente di Mappano gli insediamenti produttivi: tra la frazione e la superstrada per Caselle, sulle aree Bor.Set.To (denominate parco tecnologico) ed inoltre a ponente della superstrada stessa, in prossimità della Centrale di compostaggio dell’AMIAT (ovvero PIP di Borgaro).

In complesso dunque URBAN Italia, in assoluto contrasto con le indicazioni del Piano Territoriale di Coordinamento formato legittimamente dalla Provincia di Torino, configura un comprensorio industriale compatto di centinaia di ettari, vale a dire una barriera senza soluzione di continuità, attraverso la quale filtrano senza misure di tutela e di valorizzazione ambientale due direttrici di accesso a Torino: la superstrada di Caselle e l’autostrada A5 di Aosta.

Se URBAN Italia costituisce lo strumento (il bastone), che sconvolge con le proprie indicazioni i contenuti del Piano Territoriale di Coordinamento, pressoché nello stesso periodo viene formato il provvedimento di rilievo intercomunale, che si propone come l’iniziativa buona (la carota), tendente a qualificare il territorio prossimo alle grandi infrastrutture stradali di Torino, denominato con termine suggestivo “tangenziale verde”. Dal punto di vista formale esso è parte di uno dei nuovi strumenti promossi dallo Stato: il PRUSST (Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio).

Detto strumento in generale, con il compito di promuovere lo sviluppo “sostenibile” sotto l’aspetto sociale, economico ed ambientale, ha per oggetto un insieme di interventi, rivolto a settori territoriali estesi, comprendenti preferibilmente più comuni.

Nel caso specifico nel novembre del 2000 con il nome di PRUSST 2010 Plan è stipulato un protocollo d’intesa fra I Comuni di Settimo T.se, Borgaro T.se, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, con l’adesione del Comune di Torino. Nel maggio del 2002 con il Ministero Infrastrutture e Trasporti è stipulato un accordo quadro per la riqualificazione di aree, comprese nel territorio dei comuni menzionati, per la realizzazione e lo sviluppo di un vasto parco intercomunale di connessione tra parchi urbani e regionali, denominato “Tangenziale verde”.

Esso rappresenta un’anticipazione ed uno sviluppo settoriale di URBAN Italia, in quanto è volto ad intervenire sulla fascia adiacente al lato nord della Tangenziale torinese, da Borgaro a Settimo, con propaggini riguardanti:

·il Parco della Stura ad ovest, con riferimento in particolare al cosiddetto ed assai funambolico “parco Chico Mendes”;

·la zona dei laghetti di Falchera a sud, in territorio di Torino;

·ad ovest, sebbene in termini assai frammentari, il parco fluviale del Po.

Il PRUSST 2010 Plan, oltre ad istituire una sorta di fascia di rispetto nei confronti della Tangenziale (tratto nord di Torino), con compiti di attenuazione degli effetti acustici e visivi, intende altresì individuare occasioni e luoghi adatti per l’uso del tempo libero e dello svago, elementi di qualificazione lungo la linea di connessione fra Torino e le nuove aree di espansione indicate da URBAN Italia.

Per questo motivo, per il fatto cioè che le aree interessate dal PRUSST (in particolare quelle appartenenti alla proprietà Bor.Set.To.) in seguito alle indicazioni del programma URBAN Italia sono divenute residuali in quanto collocate fra Torino e la prima corona di espansione, compresa fra Borgaro e Settimo, quelle stesse aree vanno perdendo forzatamente la loro originaria destinazione agricola, ormai superata dal nuovo ruolo di aree per lo svago, e quindi “assurgono” ad aree da destinare a parchi urbani e territoriali.

Conseguentemente il Comune di Borgaro con “lungimiranza” (e si vedrà perché) approva una variante al proprio Piano Regolatore Generale, finalizzata a destinare a servizi pubblici di rilievo urbano e territoriale quella porzione della proprietà Bor.Set.To., indicata a parco dal PRUSST 2010 Plan, soggetta pertanto ad esproprio.

A questo punto, fine 2002 primo scorcio del 2003, mentre il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia continua ad attendere l’approvazione da parte della Amministrazione Regionale, senza che si possa in alcun modo riconoscere una qualche mano invisibile, volta a tirare le fila di una qualche operazione men che plausibile, tuttavia si danno oggettivamente le condizioni perché finalmente, dopo oltre 40 anni di traversie, si possa giungere alla soluzione dell’annosa vicenda delle aree, che, dalla denominazione originaria in qualche modo autorevole e prestigiosa di Società Generale Immobiliare nel frattempo attraverso varie sigle (e passaggi di mano) hanno assunto quella incolore di Bor.Set.To.

Le condizioni oggettive, al contorno, sono le seguenti:

1. il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino attende tranquillamente l’approvazione regionale; comunque a scanso di sorprese la regione ha “consigliato” (in modo assolutamente illegittimo) e la Provincia ha accettato di fare proprie correzioni al Piano, che rendono assai meno incisivi i vincoli originari in particolare sulle aree Bor.Set.To.;

2. sono diventati documenti operanti URBAN Italia e PRUSST 2010 Plan, che danno alle operazioni previste di espansione e di utilizzo delle aree Bor.Set.To. il carattere dell’ufficialità e del prestigio: PRUSST 2010 Plan, promosso dal Comune di Settimo T.se con l’adesione dei Comuni di Borgaro T.se e di Torino si è classificato al secondo posto nella graduatoria nazionale e primo in Piemonte, accedendo ai finanziamenti previsti dal Bando del Ministero LL.PP.;

3. il Comune di Borgaro T.se ha approvato una variante al proprio Piano Regolatore, che trasforma la destinazione di parte delle aree Bor.Set.To. da agricola a servizi per parchi urbani e territoriali. Questa destinazione, in base alla legge, dovrebbe comportare l’esproprio delle aree relative; ma da tempo grazie all’apporto qualificato della migliore cultura urbanistica vige la linea generale, il costume che a fronte di esproprio, costoso in genere per la collettività e inviso alle proprietà, si può praticare una strada più “civile”: concordare con la proprietà una sorta di “do ut des”, in base al quale il Comune concede possibilità di costruire su parte dei terreni oggetto di esproprio in cambio della cessione gratuita della restante proprietà. Questa è la strada che si profila come migliore e più conveniente anche per le aree Bor.Set.To., dato che sarebbe proprio una incongruenza, figlia ormai di un passato lontano e superato, imboccare la strada dell’esproprio sulle aree destinate a parco.

Queste dunque sono le condizioni, che, al termine della vicenda qui esposta, in un susseguirsi di atti, che certo, come si può evincere dalla vicenda, non hanno fra loro alcunché di preordinato, rendono tuttavia possibile ed opportuno il Protocollo d’intesa fra i Comuni di Borgaro T.se, Settimo T.se, e Torino (Comuni nei quali si estendono le proprietà Bor.Set.To. per un totale di circa 3,5 milioni di metri quadrati) con la partecipazione della Provincia di Torino e della Regione Piemonte.

Il Protocollo d’intesa (si veda al proposito la trattazione specifica, contenuta all’interno del Libro Bianco), seppure non ancora fatto proprio dalle diverse assemblee elettive interessate, stabilisce con assoluta precisione cosa si debba fare in termini di edificabilità per le diverse destinazioni e di contro quali e quante aree si debbano cedere come contropartita ai rispettivi Comuni (Borgaro, Settimo, Torino), nei quali ricadono le aree di proprietà Bor.Set.To.

Il Comune di Borgaro il 6 febbraio 2003 fa propri i contenuti del Protocollo d’intesa e successivamente il 24 luglio 2003 adotta la variante di Piano Regolatore, che consacra destinazioni e quantità edificabili conseguenti a quanto definito dal Protocollo d’intesa stesso.

In data 1 agosto 2003 finalmente, dopo oltre quattro anni di elaborazioni e verifiche assai impegnative, la Regione approva con propria delibera di Consiglio il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino, la quale riconoscente ringrazia.

Post scriptum.

Alla data di pubblicazione del Libro Bianco tutte le cinque assemblee elettive interessate hanno fatto propri i contenuti del Protocollo d’intesa, anche se in forme non propriamente allineate.

La Variante del Piano Regolatore di Borgaro non è stata ancora approvata dalla Amministrazione Regionale ed è forse per questo che le aree destinate a servizi pubblici ed a parchi urbani e territoriali indicate dal Protocollo d’intesa non sono ancora passate in proprietà ai rispettivi Comuni (Borgaro, Settimo, Torino), fatto di cui nessuno ha motivo di dubitare.

Resta tuttavia un aspetto della vicenda non chiarito. Le aree destinate a parchi urbani e territoriali dal Protocollo d’intesa (e ad esempio dalla variante di Piano Regolatore di Borgaro) sulla base del progetto fino ad ora conosciuto, riguardante la linea ferroviaria di Alta Velocità o Capacità che dir si voglia, sono interessate dal tracciato relativo e da alcuni cantieri di estese dimensioni, previsti per la realizzazione della stessa.

Non si vorrebbe che la mancanza di pianificazione o meglio il disprezzo, dimostrato per tutta la vicenda del Piano Territoriale di Coordinamento, possa trasformare in crusca la farina del diavolo.

Nota: le due immagini sono state inserite ex-post nel testo di Raffaele Radicioni solo per inquadrare l'area di cui si parla. Sono una scansione di una mappa stradale e un estratto del Piano Intercomunale del 1967 (fb)

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