Il paesaggio mantovano di Andrea Mantegna è salvo. Non finirà sotto il cemento la sponda del fiume Mincio che il maestro raffigurò nella Morte della vergine, un dipinto del 1462, ora al Prado di Madrid: il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con la quale dichiara validi i vincoli posti dalla Soprintendenza e dalla Direzione regionale dei beni culturali della Lombardia, vincoli che rendono inedificabile l’area. E ha rigettato il ricorso di una società immobiliare, la Lagocastello, che lì voleva costruire un quartiere di centottantamila metri cubi - duecento villette, alberghi e altri edifici per milleduecento abitanti.
Si chiude con una sentenza lunga e argomentata, firmata dal presidente della VI sezione Giuseppe Severini, una storia tortuosa che ha diviso Mantova, condizionando anche le vicende politiche e amministrative della città (un sindaco di centrosinistra, Gianfranco Burchiellaro, autorizzò l’intervento, il successivo sindaco, sempre di centrosinistra, Fiorenza Brioni, lo bloccò). L’area interessata dal progetto è proprio di fronte alle mura della città, di fronte al Palazzo Ducale e al Castello di San Giorgio, in un contesto di paesaggio naturale e urbano che racchiude i valori del Rinascimento italiano.
Ed è proprio sulla presenza di questo doppio elemento - natura ed edifici - che si sono
fondati i vincoli posti dalla Soprintendenza e dalla Direzione regionale dei Beni culturali. Anche le sponde del fiume Mincio, che in quel punto si allarga diventando un lago, sono opera dell'uomo e sono modellate in maniera da costituire un sistema che va conservato nella sua interezza, come se fosse un monumento: questo è scritto nel decreto di vincolo.
E a questo elemento il Consiglio di Stato ha dato molta importanza. L'integrità del complesso paesaggistico e la sua percezione verrebbero stravolte dalle costruzioni. Dunque i vincoli vanno mantenuti, scrivono i giudici. Ora i proprietari dell’area annunciano ricorso alla Corte Europea. Ma intanto il paesaggio di Mantegna non verrà intaccato da nessuna villetta.