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Laura Larcan
“Salvate la Villa di Massenzio da palazzi e centri commerciali”
1 Luglio 2012
Beni culturali
Un nuovo caso, l’ennesimo, di degrado del nostro patrimonio archeologico, dovuto all’inerzia del Mibac. La Repubblica, ed. Roma, 1° luglio 2012 (m.p.g.)

Strano il caso della Villa di Cesare-Massenzio nel comune di San Cesareo alle porte di Roma. Una delle scoperte più straordinarie degli ultimi vent'anni, dove i quasi 20mila metri quadri di strutture antiche, databili dalla fine dell'età repubblicana al IV secolo d.C. hanno restituito mosaici policromi con paste vitree, marmi pregiati, ambienti affrescati, un sontuoso ninfeo e un complesso termale monumentale con una vasca da 600 metri quadri. Una dimora imperiale riconosciuta dagli studiosi come la villa di Cesare, che qui avrebbe dettato il suo testamento adottando Ottaviano, ma anche la stessa residenza che avrebbe accolto Massenzio il giorno in cui fu acclamato Augusto (306 d.C.). Ebbene, invece di essere musealizzata con un destino 'franco' da parco archeologico, rimane ancora in balia dello spettro del piano integrato edilizio 'Parco della Pietraia' voluto dal comune di San Cesareo e realizzato dalla DueG immobiliare srl.

«L'area archeologica versa oggi in uno stato di totale abbandono. I mosaici e le murature nono sono stati adeguatamente protetti e la neve, il gelo e le piogge dei mesi scorsi hanno fatto uno scempio, oltre alle erbacce che ora stanno infestando le strutture», denuncia Paolo Scacco del Comitato Salviamo la Villa di Cesare. Un'incuria che ha spinto Marianna Madia (Pd) a presentare il 22 giugno scorso una nuova interrogazione

alla Camera per chiedere un intervento del ministro per i beni culturali Lorenzo Ornaghi. Una prima conquista la Villa di Cesare-Massenzio l'aveva portata a casa a luglio 2011 grazie all'intervento dell'ex sottosegretario Francesco Giro che si era attivato per l'apposizione del vincolo diretto. «La mobilitazione popolare nasce ora proprio dal fatto che la soprintendenza non ha ancora apposto il vincolo indiretto, non facendo chiarezza su quella che è l'area di rispetto della villa», dichiara Emilio Ferracci esponente del comitato e per 15 anni ispettore onorario della Soprintendenza. «Ad oggi - insiste Ferracci - non abbiamo alcuna informazione su quale piano edilizio sia effettivamente da considerarsi in itinere, visto che il piano approvato dal comune aveva ricevuto solo un parere di massima dalla sovrintendenza e non definitivo».

In ballo, ben 54mila metri quadrati tra palazzine residenziali, un centro commerciale e la nuova chiesa parrocchiale di San Giuseppe. «Mentre non si sa ancora dove arriverà il vincolo indiretto, l'impresa ha acquisito la disponibilità di aree attigue e sta facendo nuovi sondaggi per verificare ulteriori reperti», avvisa Paolo Scacco. Indagini che hanno riportato alla luce un muro perimetrale della villa e l'antico tracciato della Via Labicana. Alla preoccupazione dei cittadini di veder tramontato l'idea di un parco archeologico, si aggiunge la beffa dell'orologio di Giulio Cesare. Nel corso degli scavi è stata ritrovata una meridiana marmorea di epoca cesarea, che invece di rimanere a San Cesareo è stata trasferita lo scorso anno presso il museo archeologico di Sperlonga, di cui direttore Marisa De Spagnolis, funzionario della soprintendenza, risulta responsabile degli scavi della villa a San Cesareo. L'interrogazione della Madia chiede anche la restituzione della meridiana, tanto per ridare a Cesare quel che è di Cesare.

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