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Giangiacomo Schiavi
Salvaguardia del territorio: il Paese dei rattoppi
17 Marzo 2011
Articoli del 2011
Di nuovo, e di nuovo prevedibilmente inascoltato, un appello a considerare seriamente il problema del dissesto idrogeologico. Corriere della Sera, 17 marzo 2011 (f.b.)

La solita pioggia, i soliti fiumi, le solite frane riaprono le ferite mai chiuse di un Veneto fragile e vulnerabile nel suo territorio. E ancora una volta il bollettino dell’emergenza allarma cittadini, sindaci e Protezione civile, rigettando in faccia a tutti la contabilità di una vecchia incuria che presenta il conto. Sono passati appena quattro mesi dalla disastrosa alluvione di novembre e il terreno sottratto a fatica dalla furia delle acque sembra ancora indifeso come allora.

Che cosa è stato fatto e che cosa invece ancora manca per mettere in sicurezza un’area così vasta e importante del Paese, per dare garanzie alle popolazioni, alle imprese, alle fabbriche e alle attività commerciali, e come sono stati spesi i fondi stanziati per l’alluvione, quei 300 milioni che il governo ha messo a disposizione del governatore Zaia per ingabbiare i fiumi o creare bacini di sfogo?

Non è facile ricostruire in poco tempo quello che l’incuria e la mancanza di fondi finalizzati alle opere di difesa hanno contribuito ad abbattere, ma è evidente che nel nostro Paese dai disastri ambientali non si impara mai niente. La manutenzione del territorio, la sua salvaguardia, la tutela dei paesaggi dalla cementificazione, la buona gestione dei boschi come dei parchi, sono un impegno costante nel tempo e anche un onere finanziario che non si può scaricare solo su questa o quella Regione: non bastano l’orgoglio veneto, o quello di altre popolazioni colpite dalle avversità della natura, a costruire robusti argini di autodifesa alla furia delle acque.

Sono necessari un coordinamento, una pianificazione e anche una sensibilità ambientale che purtroppo oggi latita in Italia. Senza essere ingenerosi con gli uomini che in queste ore si danno da fare per evitare danni maggiori alle persone e alle cose, nella tutela delle risorse naturali continuiamo ad essere il Paese delle toppe e dei rattoppi. Dal Veneto alla Calabria, da Vicenza, a Messina a Milano (dove ancora il Seveso fa paura), la lentezza degli interventi è direttamente proporzionale all’intensità dei fenomeni atmosferici.

E se una regione come il Veneto, considerata da Legambiente ad alto standard per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, rischia di andare sott’acqua quattro mesi dopo un’alluvione, immaginate che cosa può succedere nelle zone in cui il dissesto è alto e conclamato. Con tutto il bene che si merita, l’Italia dovrebbe imparare a tutelarsi meglio, dando all’Ambiente il peso (e anche i fondi) che si merita. Senza aspettare la (solita) prossima emergenza.

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