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Adriana Goni Mazzitelli
Rosario, vince il movimento per il diritto alla città
29 Maggio 2012
Dalla stampa
Argentina: un’esperienza di partecipazione per l’abolizione delle barriere all’accesso al bene comune urbano. Un convegno a Roma. Dal sito Comune.info 28 maggio 2012

La privatizzazione della città è un fenomeno con molte sfaccettature, diffuso in tutto il mondo. A proposito dell’aumento del cemento e del traffico nell’hinterland romano, dove migliaia di cittadini si sono spostati negli ultimi anni a causa del prezzo delle case,Paolo Berdini su «Comune» scrive: «Al danno di essere stati costretti a trasferirsi lontano dalla capitale si aggiunge dunque anche la beffa di vedere aggravate le proprie condizioni di vita … Questo sconvolgente risultato è stato causato dalla cancellazione di qualsiasi regola: ci hanno raccontato che lasciando mano libera all’iniziativa privata tutto sarebbe stato risolto. Era vero il contrario e oggi scopriamo il terribile imbroglio. Dobbiamo invertire la rotta e investire risorse economiche nelle città e nei sistemi di trasporto collettivi. Soltanto con la mano pubblica si creano migliori condizioni di vita e di uguaglianza tra i cittadini».

Anche a Rosario, città argentina di un milione e mezzo di abitanti, la privatizzazione della città è palese e fino a pochi giorni fa era legale. Poi è accaduto qualcosa che in molti altri luoghi appare impensabile: il consiglio comunale ha approvato all’unanimità la legge contro la privatizzazione della città, dei suoi spazi e dei suoi servizi. Una legge che ha alle spalle un lungo e complesso percorso promosso da movimenti sociali, come Giros. Quelli di Giros appartengono alla generazione nata negli anni ’70, quando la dittatura militare argentina, cosi come in Cile, Uruguay e Brasile, è stata la porta d’ingresso per una selvaggia privatizzazione dei servizi pubblici. La normativa per la privatizzazione delle terre con la finalità di creare «barrios privados» (quartieri chiusi), nasce proprio nel ’76. Ci sono voluti più di trent’anni per superare le profonde e diverse ferite della dittatura, ed è forse per questo che il lavoro di un movimento come Giros ha un carico particolare di «giustizia storica sociale».

Nel discorso dei consiglieri comunali di Rosario, durante la seduta che ha approvata la legge contro la privatizzazione della città, c’era un chiaro messaggio di ringraziamento ai giovani che hanno saputo riportare in primo piano i temi dell’«uguaglianza» e quello del «diritto alla città», ricostruendo un ponte importante di memoria con la generazione precedente.

Dal punto di vista urbanistico, i «barrios privados» sono veri e propri ostacoli alla costruzione di una città aperta, accessibile, e connessa tra le sue parti. Se si considera che intere porzioni della città sono chiuse e recintate, è evidente l’enorme disagio pratico per chi gli spostamenti in queste aree. Diagio che riguarda non solo per i mezzi privati, ma soprattutto le ambulanze e i mezzi pubblici. La città si riempie di «buchi», di aree fantasma: in uno dei quartieri privati più grandi, la concessione di terre arrivava a cento ettari, e nel piano dei costruttori i diversi quartieri privati venivano collegati da ponti e strade. In questi quartieri, inoltre, sono stati costruti servizi come asili nido e campi sportivi che hanno favorito la riduzione della comunicazione degli abitanti con quelli dei quartieri circondanti, portando anche a un impoverimento delle micro-economie locali. Dal punto di vista sociale, il fenomeno della segregazione fisica è stato molto studiato, e si è arrivati alla conclusione che la divisione in quatieri chiusi e la privatizzazione della città creano favoriscono l’immobilità degli status sociali: i pari vivono tra loro e si difendono, trincerandosi dentro quelle cittadelle fortificate dall’esterno e dall’interno.

Il movimento Giros in questi anni ha denunciato tutto questo, ma ha anche dimostrato che la pianificazione urbanistica era economicamente insostenibile, segnalando come questi quartieri sono un vero spreco di risorse pubbliche: da una parte, si mangiano la poca terra disponibile per le urbanizzazioni della città, e da un’altra parte non portano alla città beni e servizi pubblici, nonostante abbiano goduto dell’urbanizzazione comunale. Questo trasferimento di fondi pubblici a interessi privati viene definito da Giros in questo modo: «Esiste un interesse di speculazione e di trasferimento di plusvalore pubblico a interessi privati, dalla rete delle fognature alle strade, passando per i mezzi pubblici di trasporto. Si calcola un passaggio di 32 milioni di dollari dal comune ai monopoli». A questo si aggiungono tutte le modifiche al piano regolatore, con il cambio di destinazione d’uso di terreni rurali a terreni urbani edificabili che rircoda quello di moda in molte altra città, ad esempio Roma.

Il dibattito pubblico che poco a poco Giros ha proposto alla città, facendolo entrare nel confronto diretto con i monopoli e con molte forze politiche, si può sintetizzare con queste domande: «Chi ha diritto alle terre urbane rimaste nella città di Rosario, i mega-progetti privati oppure le vere emergenze abitative e sociali della città?». Quello che colpisce di più di questa storia, è stato il risvegliarsi da una situazione paradossale in cui più del 80 per cento di quello che restava della città edificabile andava a soddisfare standard di vita dei benestanti, con altissimo consumo di suolo. E tutto questo nell’assoluto silenzio dei media e delle parti politiche. Nello stesso tempo, più di 40.000 nuclei familiari erano in emergenza abitativa, e altrettanti erano costretti a vivere in insediamenti semi-rurali su terre destinate alla privatizzazione e quindi allo sgombero senza alternative. La straordinaria campagna pacifica di informazione promossa da Giros contro la privatizzazione ha coinvolto vari pezzi della società civile, ma anche artisti, giornalisti, studenti di tutta la città. Rosario ha alle spalle già altre battaglie vinte per i beni comuni, basta ricordare i progetti di agricoltura urbana a grande scala durante la crisi del 2001, diventati oggi realtà consolidate di micro- reddito e di riconversione ecologica e sociale dell’occupazione per migliaia di cittadini, che hanno contribuito a mettere al centro il problema della sovranità alimentare dell’Argentina. Ma Rosario è stata anche una delle prime città a promuovere la partecipazione dal basso attraverso i bilanci partecipativi o i piani di comunità, oltre a essere piuttosto vivace nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua.

E mentre i cittadini riscoprivano e reinventavano l’idea dei beni comuni, cresceva la consapevolezza nei movimenti (con un forte impegno del movimento studentesco universitario) che ogni settore della vita pubblica e privata nell’Argentina era gradualmente consegnato ai monopoli economici, e che la politica restava paralizzata o complice di questo processo. Poco a poco i movimenti sono passati dalla consapevolezza alla protesta e dalla protesta alla sperimentazione della «Città Futura», attrverso un percorso di costruzione partecipativo (sul modello diffuso in altre città latinoamericane) promosso soprattutto dal movimento Giros. La prima tappa di questo percorso di partecipazione è stata la condivisione di tutte le dettagliate informazioni raccolte sulla speculazione urbana e sulla situazione di emergenza abitaviva di migliaia di famiglie. Subito dopo, il movimento ha proposto un percorso per «sognare», ovvero un percorso partecipativo che parte dal «desiderio» dalla «ciudad de nuestros sueños» (la città dei nostri sogni) per arrivare alla «Città Futura» (a proposito di città inedite, suggeriamo la lettura diquesto articolo).

Con le proposte emerse, e grazie al sostegno degli studenti universitari il movimento Giros è stato in grado di fare una controproposta urbana articolata. Per ogni «barrio privado» è stata studiata una formula alternativa di città aperta, ricca di spazi pubblici di qualità e legata al resto del territorio. Qualche esempio: il «barrio privado» Palos verdes nel progetto originario prevede l’edificazioe di 40 ettari per 160 famiglie, con progetto di Giros prevede 40 ettari per 960 famiglie più spazio pubblico; «barrio privado» Nuevo Alberdi, 260 ettari per 1.000 famiglie, con il progetto di Giros, 260 ettari per 6.000 famiglie più spazi pubblici di qualità. Il movimento ha così dimostrato che è possibile ricavare da ogni «barrio privado» interi quartieri di edilizia popolare, in grado di accogliere in modo dignitoso più di diecimila famiglie che vivono in emergenza abitativa.

Chiaramente l’impatto simbolico di questa legge, segna un cambio di rotta storico perché la città dal basso, coinvolta dai giovani di Giros, grida «Ya basta» («Adesso basta»), e chiede non solo una redistribuzione di terre per l’emergenza casa, ma di avere voce in capitolo contro le prepotenze dei poteri forti in molti altri ambiti. I percorsi avviati dai movimenti di Rosario sono piuttosto chiari: dalla terra come merce alla terra come bene comune inalienabile, dal mercato dei monopoli al diritto all’abitare, dai latifondi speculativi alla democratizzazione della terra con finalità produttive, dai centralismi tecnocratici alla pianificazione partecipativa.



Su questi temi viene promosso l’incontro sulla difesa del «Diritto alla Città. Argentina/Rosario contro le “Gated communities”. Quando le strategie di resistenza della società civile diventano Legge comunale».

Lunedì 28 Maggio ore 17,30 presso il dipartimento di Studi Urbani – Aula Ponzio – via Madonna dei Monti 40, Roma

Moderatrice, Adriana Goni Mazzitelli, Laboratorio di Arte Civica, Università Roma Tre.

ore 17.30 Saluti e Introduzione

Marco Cremaschi- DipSU –Roma Tre

ore 17:40 Il contributo del CISP all’articolazione tra movimenti, università e istituzioni locali per uno sviluppo urbano inclusivo

Claudia Gatti – CISP-Sviluppo dei Popoli

ore 18: Dalla proibizione normativa dei quartieri privati alla costruzione della “Città Futura”

L’esperienza del Movimento GIROS nella città di Rosario (Argentina)

Tomás Monteverde- Movimiento GIROS

(http://www.girosrosario.org/ – girosrosario [at] gmail [dot] com)

ore 19 Dibattito, Scambio con i movimenti di lotta per il diritto alla Città in Italia e a Roma, introduce, Sofia Sebastianelli, DipSU Roma Tre.

Serena Tarabini Roma in ACTION, Irene Di Noto, Blocchi Precari Metropolitani, Roberto Suarez, Porto Fluviale-Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Francesco Careri DipSU Roma Tre.

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