«Berlusconi ha dato l'input presentando il suo pacchetto sull'edilizia, non potevamo rimanere passivi. Così abbiamo legiferato dal basso». Paolo Di Vetta, portavoce dei Blocchi Precari Metropolitani, è uno dei promotori, insieme agli altri movimenti per la casa capitolini (Coordinamento di lotta, Action, Comitato e Asia Rdb), della proposta di legge «sul diritto all'abitare» presentata ieri all'ex teatro Volturno di Roma. Sotto gli occhi degli assessori regionali Luigi Nieri e Mario Di Carlo.
Come è nato il percorso?
Prima erano coinvolti solo i movimenti e comitati di quartiere poi si sono aggiunti urbanisti e architetti. La nostra non è solo una proposta sull'emergenza abitativa ma parla di una nuova idea di città, intesa come bene comune.
Cosa avete proposto alla Regione?
Il ritorno del pubblico. Chiediamo che la giunta costruisca 100mila alloggi di edilizia sovvenzionata e che destini una somma non inferiore a 1,3 miliardi di euro per programmi mirati al diritto all'abitare. Poi, tra le proposte, ci sono il recupero del patrimonio dismesso e il vincolo per la realizzazione di nuove cubature edilizie solo alle aree nelle quali esistono già opere di urbanizzazione.
L'incontro com'è andato?
Il giudizio è positivo. Sia Di Carlo che Nieri hanno valutato seriamente la proposta di legge d'iniziativa popolare prendendo sul serio soprattutto l'impianto. Qualche attrito con Di Carlo è nato sulle vendite delle case popolari, scelta che lui vuole perseguire. Ma a fronte di una situazione in cui non vengono costruiti alloggi, mettere in vendita il poco patrimonio pubblico esistente è criminale.
Cartolarizzazioni, housing-sociale, svendita del demanio pubblico... l'emergenza casa in questi anni è stata sempre delegata ai privati.
La rendita fondiara è un potere forte che sta ingabbiando la politica e ha modificato la governance. Il loro interesse a speculare prevale su tutto. Con il gioco delle new-town che si ripete: il pubblico mette l'area, il privato porta i soldi e i palazzinari costruiscono con grandi profitti. Il prodotto finale guarda solo ad inquilini solvibili che si possono permettere di pagare 500-600 euro al mese. Prima di nuovo cemento, di cui una parte rimane inutilizzato, esigiamo il recupero degli immobili esistenti. Sia pubblici che privati. La casa è un pezzo importante del reddito di una persona, lo pretendiamo a scapito della rendita.
Non credi che Veltroni abbia aperto la strada ad Alemanno lasciando Roma con un piano regolatore che di fatto regalava la capitale agli speculatori?
Non proprio. Veltroni ha di certo sottovalutato il problema casa e sopravvalutato i "furbetti del quartierino" facendo prevalere i loro interessi. Alemanno invece porta avanti, in maniera ambigua, un ragionamento sociale. A parole si dimostra sensibile e promette alloggi popolari. Nei fatti, a differenza del minimo tentativo di Veltroni, non ha un piano. Come se non capisse l'emergenza. C'è una fascia di persone che non riesce ad accedere né al mercato dell'affitto né a quello delle vendite. E gli ultimi dati sugli sfratti parlano di proprietari che, non fidandosi più del pagamento, decidono preventivamente di rescindere il contratto.
E il governo nicchia sugli sfratti.
Stiamo arrivando alla fine della proroga per le categorie protette. Dopo la situazione sarà esplosiva, a Roma e non solo. Per questo i movimenti lanciano una campagna radicale per il blocco degli sfratti. Ci vediamo nella città.
Nota: sul medesimo tema si veda qui anche l'articolo di Eddyburg per Carta (f.b.)