Il manifesto, 12 agosto 2016 (c.m.c.)
«Il 72 percento dei geni dell’uomo è identico a quello dei maiali. Ma noi a differenza dei maiali siamo la specie vivente che ha la coscienza di essere responsabile della vita sul pianeta. Facciamo parte della vita, siamo il prodotto della storia della vita. Per questo possiamo coltivare la possibilità di un’alternativa», così Riccardo Petrella in una delle lecture di apertura del Forum Sociale Mondiale che si è aperto ufficialmente ieri l’altro con una marcia per il centro di Montreal.
Un Forum che potrebbe rappresentare uno spartiacque nella storia di un appuntamento che da tempo appare avvitato su se stesso. È la prima volta che un Forum si tiene in un paese del Nord del mondo. Ed è la prima volta che, non appoggiandosi a partiti o sindacati locali, un gruppo di persone a titolo individuale ha formulato la proposta al Comitato internazionale che ha accettato. Ad oggi questo Forum è stato caratterizzato da una serie di problemi organizzativi che in parte costituiscono un tema politico. È il caso della scarsa partecipazione di rappresentanti del cosiddetto «Sud del Mondo» inficiata da una rigida politica di concessione di visti da parte del governo canadese.
Il Forum potrebbe comunque vivere l’inizio di una nuova fase, centrata sulle metodologie di lavoro, workshop autogestiti, assemblee di convergenza su temi quali la militarizzazione, il clima, i diritti umani e la democrazia, i migranti, e cosiddette «Grand Conferences», dibattiti di alto livello su questioni «chiave».
Un incontro assembleare definirà poi il calendario di attività ed iniziative future. Altra innovazione quella di «decentrare» il forum con collegamenti con varie città e realtà in ogni parte del mondo, a significarne il carattere orizzontale globale. Che lo spirito di Nuit Debout e degli Indignados sia arrivato anche qua? Un tema ricorrente, non a caso essendo in Quebec terra attraversata dalla questione nazionale ed identitaria, è quello delle lotte per l’autodeterminazione dei popoli, dai Sahrawi, alla Siria, alla Palestina (un tema di polemica pre-Forum è stato quello del sostegno o meno alla campagna Boycott Disinvestments Sanctions) il confederalismo democratico in Rojava, i movimenti per la democrazia in Egitto, la resistenza alle multinazionali.
Eppoi i temi ambientali, della giustizia climatica, della resistenza alla liberalizzazione del commercio. Una delle principali assemblee di convergenza dei primi giorni dedicata al tema della guerra ha prodotto proposte di mobilitazione a sostegno del Forum Sociale Iracheno che si terrà a fine settembre a Baghdad, terzo appuntamento dedicato alla Pace ed a Diritti dei Popoli.
Sempre nei prossimi mesi si terrà il primo Forum Sociale Kurdo, mentre a Berlino a fine settembre sarà la volta della conferenza pacifista contro il commercio di armi e le spese militari dell’International Peace Bureau. A rappresentare il Forum Sociale Iracheno Yassim al-Helfi, presidente del Information Center for Research and Development, accompagnato da Un Ponte Per, ed intervenuto alla Grand Conference sulla Siria, per portare la solidarietà ai movimenti della società civile siriana che tentano di resistere alla logica delle armi , e praticando mutualismo ed autogestione lavorano per la Siria del futuro.
Un paese oggi teatro di uno scontro tra due «mostri» armati, attori di un conflitto ormai internazionale. Prima la testimonianza della scrittrice siriana Samar Zazbek e poi le parole di Gilbert Achcar docente al Soas di Londra sono chiare. In Siria la rivoluzione pacifica contro il regime di Assad ed alimentata – sulla scia delle primavere arabe – da una situazione socio-economica disastrosa è stata repressa in maniera brutale ed ha lasciato il passo ad uno scontro armato, ad un’involuzione di tipo islamista.
Una guerra per procura contro il popolo siriano, dalla quale si deve uscire solo con la forza della politica, oggi assente colpevole. Parla anche Leo Gabriel, promotore assieme ad un gruppo di grandi padri del Fsm, da Ignacio Ramonet a Francois Houtart, a Adolfo Perez Esquivel, di un’iniziativa per una soluzione politica al conflitto siriano, attraverso il dialogo tra i vari rappresentanti della società civile siriana.
La Siria qua a Montreal è vista come uno dei casi estremi della logica pervasiva della guerra e delle conseguenze nefaste del neoliberismo. «In nome di Dio, in nome della nazione o in nome del profitto», per parafrasare le parole di Petrella. Questi i tre mantra da sconfiggere per continuare sulla la via dell’alternativa, di un altro mondo possibile, della solidarietà internazionale con popoli che oggi sembrano condannati alla guerra ed alla distruzione.