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Andrea Fabozzi
Ritocchino a due piazze
30 Gennaio 2014
Articoli del 2014
Ecco la legge con cui si preparano a farci votare.Un abito cucito addosso ai partiti della prima e delle seconda repubblica, una camicia di forza per il Parlamento della terza. Passa anche la norma Salva-Lega, altro omaggio a Forza Italia. Ma nel Pd l’opposizione si restringe alla "minoranza della minoranza".Il
Ecco la legge con cui si preparano a farci votare.Un abito cucito addosso ai partiti della prima e delle seconda repubblica, una camicia di forza per il Parlamento della terza. Passa anche la norma Salva-Lega, altro omaggio a Forza Italia. Ma nel Pd l’opposizione si restringe alla "minoranza della minoranza".Il

manifesto, 30 gennaio 2014

Tre sole modi­fi­che, la legge elet­to­rale rimane sostan­zial­mente quella sot­to­scritta da Renzi e Ber­lu­sconi nello sto­rico incon­tro in casa Pd. La prima modi­fica è quella sulla quale il Cava­liere ha resi­stito di più, dando il via libera finale solo ieri, a ridosso del pranzo. Sale di due punti per­cen­tuali la soglia da rag­giun­gere per chiu­dere le ele­zioni al primo turno: con il 37% e oltre (era il 35%) la prima coa­li­zione si aggiu­dica un 15% omag­gio (era il 18%). Altri­menti bal­lot­tag­gio. La seconda modi­fica è solo un ritoc­chino: scende di 0,5 punti per­cen­tuali la soglia di sbar­ra­mento per i par­titi coa­liz­zati. Prima erano esclusi tutti quelli sotto il 5%, adesso «solo» quelli sotto il 4,5%. Anche secondo l’ultimo son­dag­gio dif­fuso dalle tele­vi­sioni Media­set, ieri sera, è una modi­fica inu­tile. Non c’è nes­sun par­tito che sta sotto il 5% che rie­sce però a rag­giun­gere il 4,5%. Sareb­bero comun­que esclusi Scelta civica, Sel, Udc, Fra­telli d’Italia e Lega. Per la Lega però si farà un’eccezione. Gra­zie alla terza modi­fica. Bat­tez­zata appunto «salva Lega» per­ché apre le porte della camera a quei par­titi che, pur restando sotto la soglia del 5% pre­vi­sta per i par­titi coa­liz­zati, si pre­sen­tano in non più di sette regioni (ad esem­pio quelle del Nord) rag­giun­gendo il 9% in almeno tre.

La dop­pia mano­vra sul pre­mio di mag­gio­ranza, ispi­rata dal Qui­ri­nale, è il risul­tato che porta a casa Renzi dopo una set­ti­mana di trat­ta­tive. Adesso c’è una soglia, il 37% appunto, e anche un limite al pre­mio, il 15%. Sono due rispo­ste a due dei pro­blemi indi­vi­duati dalla Corte Costi­tu­zio­nale nel Por­cel­lum. Pec­cato però che si tratti di limiti solo for­mali. Per­ché nella legge Renzi-Berlusconi è rima­sto il «baco» dei par­titi fan­ta­sma. Cioè tutti quelli che con i loro voti per­met­te­ranno alla coa­li­zione di aggiu­di­carsi il pre­mio, ma non avranno diritto a nean­che un depu­tato per­ché reste­ranno sotto lo sbar­ra­mento del 5%. Più di 150 depu­tati saranno così eletti con i voti dei pic­coli par­titi, ma nelle liste del par­tito più grande che vin­cerà le ele­zioni. Par­tito (Forza Ita­lia o Pd) che a conti fatti avrà un pre­mio di mag­gio­ranza di nuovo poten­zial­mente illi­mi­tato (in linea teo­rica fino al 49,9%, ma è rea­li­stico che si avvi­cini al 30%). Un mec­ca­ni­smo di «scor­poro» dei voti dei par­titi rima­sti sotto la soglia dal con­teg­gio per il pre­mio di mag­gio­ranza era stato pro­po­sto da più parti, ma sul punto né Renzi né Ber­lu­sconi hanno sen­tito ragioni. A loro inte­res­sava espli­ci­ta­mente «met­tere fine al ricatto dei par­titi minori». In par­ti­co­lare a Ber­lu­sconi stava a cuore impe­dire la pos­si­bi­lità che Alfano e Casini ten­tino la strada di una lista o di una coa­li­zione auto­noma. Ed ecco che la soglia, mostruosa, per un par­tito non coa­liz­zato non è stata nem­meno messa in discus­sione: resta all’8% (e al 12% per la coa­li­zione). Un anno fa, pur in pre­senza di un forte asten­sio­ni­smo, l’8% dei voti validi cor­ri­spon­deva a poco meno di tre milioni di elet­tori: con il nuovo sistema saranno com­ple­ta­mente esclusi dalla rap­pre­sen­tanza parlamentare.

Due le con­se­guenze imme­dia­ta­mente pre­ve­di­bili. Nasce­ranno tanti finti par­titi e liste di comodo desti­nati solo a rac­co­gliere voti per il par­tito capo­gruppo, che corre per rag­giun­gere il pre­mio di mag­gio­ranza. E gli elet­tori dei pic­coli par­titi coa­liz­zati, quelli che non hanno spe­ranze di rag­giun­gere il 4,5%, saranno incen­ti­vati a restare a casa se non vogliono rega­lare i loro voti al par­tito ege­mone. L’effetto del riparto nazio­nale dei voti, poi, rega­lerà la sor­presa di eleg­gere con il pro­prio voto non uno dei can­di­dati (da tre a cin­que) che si tro­ve­ranno sulla pro­pria lista cir­co­scri­zio­nale, ma magari uno sco­no­sciuto a cen­ti­naia di chi­lo­me­tri di distanza. Il tutto è stato se pos­si­bile peg­gio­rato ieri, quando Ber­lu­sconi ha dato via libera alle rein­tro­du­zione delle plu­ri­can­di­da­ture chie­ste da Alfano. Alla fine saranno sem­pre i capi­li­sta a sce­gliere chi far entrare in par­la­mento. E infine è rima­sta l’assurda pos­si­bi­lità di can­di­dare alla testa di ogni lista due can­di­dati dello stesso sesso (indo­vi­nate quale), pre­ve­dendo l’alternanza solo a par­tire dalla terza posizione.

Renzi e Ber­lu­sconi si gio­che­ranno così la loro par­tita, nel 2015. Il Cava­liere può ten­tare di vin­cere al primo turno, ma ha biso­gno di tempo per risa­lire nei son­daggi. Il segre­ta­rio del Pd esclude qual­siasi alleanza e dun­que punta da subito al bal­lot­tag­gio. E non ha mai messo in discus­sione la con­ces­sione più grande fatta a Ber­lu­sconi: la rinun­cia alle pre­fe­renze, mal­grado la sen­tenza della Con­sulta dicesse l’opposto, e mal­grado il Pd avrebbe tutto da gua­da­gnarci (non il suo nuovo lea­der che così nomi­nerà i depu­tati). Le terze forze sono tutte sul piede di guerra, dai gril­lini che ieri sera hanno occu­pato anche la prima com­mis­sione ai cen­tri­sti a Sel. Anche il par­tito di Alfano ha qual­che riserva. Ma la mino­ranza Pd ha già fatto sapere che non creerà pro­blemi a Renzi. Il rego­la­mento con­cede però il voto segreto in aula, dove la legge, ancora da emen­dare, arriva oggi pome­rig­gio. Ma è solo una for­ma­lità che serve per accor­ciare i tempi quando si comin­cerà a votare, a feb­braio. «Rapi­dis­si­ma­mente», dice Renzi.

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