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Giorgio Nebbia
Risorse forestali
28 Febbraio 2014
Giorgio Nebbia
“Tua per sempre”. E’ il messaggio che ci arriva da ciascuna delle conseguenze negative, durature, di tante violenze ambientali cui sono esposte ...>>>

“Tua per sempre”. E’ il messaggio che ci arriva da ciascuna delle conseguenze negative, durature, di tante violenze ambientali cui sono esposte ...>>>

“Tua per sempre”. E’ il messaggio che ci arriva da ciascuna delle conseguenze negative, durature, di tante violenze ambientali cui sono esposte la nostra, e molte future generazioni. Molti anni fa negli Stati Uniti un gruppo di studiosi pubblicò un libro intitolato: ”Il ruolo dell’uomo nel cambiare la faccia della Terra”, una storia delle modificazioni a lungo termine provocate dalle attività umane sulla natura, e quindi sulla salute e sul benessere umano. Diecimila anni fa gran parte della superficie del pianeta era coperta da foreste; i nostri antenati hanno imparato presto a trarre dal bosco legna per scaldarsi o per ricavare metalli dai minerali, per costruire solidi edifici o navi con cui solcare i mari e estendere i commerci.

L’impoverimento delle risorse forestali è stato tuttavia lento; ancora nel Medioevo era possibile andare da Roma a Parigi senza uscire mai dalle foreste; Federico II poteva andare a caccia nei boschi della Puglia. L’industrializzazione e l’aumento della popolazione e dei bisogni materiali hanno accelerato la distruzione di crescenti superfici dei boschi per conquistare campi coltivabili e per costruire grandi città; spazi di suolo sempre più grandi sono rimasti nudi, esposti alle piogge e all’erosione. Queste azioni sono la causa delle frane e alluvioni e dei relativi costi e dolori della nostra e delle future generazioni, eredità lasciataci da centinaia di generazioni del passato.

Peraltro non possiamo prendercela con i nostri predecessori perché (eccetto pochi filosofi o naturalisti inascoltati) non potevano prevedere la violenza a cui avrebbero condannato noi. Noi invece oggi sappiamo bene che molte nostre azioni avranno effetti negativi duraturi su quelli che verranno in futuro, eppure non smettiamo di compierle e anzi di aggravarle. Un breve elenco di queste violenze è contenuto in un recente numero della rivista “Resources”. Intanto continuiamo anche noi nella distruzione delle foreste per accedere ai preziosi minerali nascosti nel loro sottosuolo, o per avere spazi liberi da coltivare con una agricoltura intensiva, pur sapendo che questo modo di produrre piante economiche alimentari, o destinate alla trasformazione in carburanti “biologici”, provoca altre alluvioni, e sapendo che molti dei terreni strappati alle foreste, dopo poco tempo, diventano inadatti alla coltivazione di qualsiasi cosa da parte nostra e di chi verrà dopo di noi.

Altre modificazioni, durature nel futuro, della Terra sono provocate dall’inquinamento dell’atmosfera, dovuto al consumo di combustibili fossili e a molti processi industriali e responsabile del lento inarrestabile riscaldamento globale; è questa la causa delle improvvise tempeste, dei periodi di freddi intensi, dell’avanzata dei deserti e di mesi di siccità, spesso nelle stesse zone che poco prima erano state afflitte da devastanti piogge. I governanti dei vari paesi del mondo si affannano nel proporre di rallentare tale inquinamento, cioè di inquinare ogni anno un po’ meno dell’anno precedente, facendo finta di dimenticare che i disastri climatici sono dovuti alla continua aggiunta di nuove masse di gas a quelli ormai esistenti e permanenti per secoli futuri.

Altri effetti e pericoli duraturi sono dovuti ai rifiuti solidi e liquidi che vengono immessi nell’ambiente; ci si scandalizza, giustamente, per quelli che bruciano all’aria aperta, ma si dimentica che altrettanto grave e inarrestabile è il danno potenziale anche di tutti i rifiuti che sono sepolti nel sottosuolo in innumerevoli luoghi sconosciuti, in Italia e in tutti i paesi; gli agenti chimici presenti, di cui nessuno conosce natura o composizione o quantità, lentamente si disperdono nelle acque sotterranee e finiscono nei fiumi e nelle falde idriche che forniscono acqua per l’irrigazione e per le città. Anche in questo caso i governi, dopo breve indignazione, propongono bonifiche che non vengono portate a termine, o neanche avviate, sia perché costano, sia perché richiederebbero analisi e trattamenti a cui le Università e le industrie sono impreparati. Si pensi soltanto che la mortale “diossina”, oggi sulla bocca di tutti benché presente da secoli nell’ambiente, quarant’anni fa era quasi sconosciuta.

E fra i rifiuti una posizione specialissima, per i duraturi pericoli e danni futuri, hanno quelli radioattivi, i residui delle attività di preparazione dell’uranio e del plutonio impiegati nelle bombe nucleari e nelle centrali nucleari commerciali. Le oltre quattrocento centrali nucleari che nel mondo ogni anno producono 2600 miliardi di chilowattore, il 12 % dell’elettricità totale, generano ogni anno come sottoprodotti centinaia di migliaia di tonnellate di elementi, radioattivi per secoli, che lasciamo come eredità a centinaia di future generazioni. Senza contare che sulle nostre teste il cielo è affollato da “spazzatura” costituita da pezzi dei satelliti artificiali che non funzionano più, e che spazzatura spaziale eterna, fino a quando non ci cascherà sulla testa, diventeranno in pochi decenni le migliaia di satelliti che oggi ci rendono felici con le trasmissioni televisive, o i collegamenti telefonici, o ci spiano anche quando andiamo a fare la spesa.

Voi direte che questo è il progresso, ma si potrà ben pensare un “progresso”, una “civiltà”, meno violenti per coloro che verranno. Se esiste (si fa per dire) una etica che impone rispetto del prossimo, vicino e contemporaneo, non sarà il caso di elaborare una etica che induca a rispettare il “prossimo del futuro” ?

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