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Andrea Fabozzi
Riforme
13 Maggio 2015
Articoli del 2015
«Riforme.

«Riforme. Ottenuto l’Italicum, il segretario del Pd ritira la sua offerta alle minoranze. E Civati presenta i referendum che potrebbero smontare la nuova legge elettorale. Contro i pluricandidati che "turbano" Prodi». Il manifesto, 13 maggio 2015


«A me sem­bra molto com­pli­cato tor­nare all’eleggibilità del senato, sia da un punto di vista tec­nico che poli­tico. L’articolo due della riforma sostan­zial­mente è chiuso». Così diceva ieri mat­tina Mat­teo Renzi. Ed era lo stesso che un mese fa assi­cu­rava: «Cam­biare la riforma costi­tu­zio­nale? Tor­nare al senato elet­tivo? Per me si può fare». Anche il suo inter­vi­sta­tore era lo stesso, il gior­na­li­sta di Repub­blica Clau­dio Tito — allora su carta, ieri in video. Cos’è cam­biato nel frat­tempo? Il primo Renzi, quello di un mese fa, parla alla vigi­lia del voto finale sull’Italicum. «Il lea­der del Pd gioca la carta della trat­ta­tiva sulla riforma costi­tu­zio­nale», è la sin­tesi del gior­nale amico. Nel frat­tempo il voto c’è stato, qual­cuno ha cre­duto alla pro­messa e i dis­sensi non sono bastati a fer­mare la nuova legge elettorale.
Il para­dosso è che ha più ragione il Renzi di oggi che quello di metà aprile. Come sanno bene i depu­tati della mino­ranza Pd che ave­vano pro­vato a cam­biare l’articolo 2 della riforma costi­tu­zio­nale, ma erano stati bat­tuti (da un contro-emendamento del futuro capo­gruppo Rosato) pro­prio per­ché al governo inte­res­sava appro­vare la legge in un testo «blin­dato», non più modi­fi­ca­bile al senato. A que­sto punto un ripen­sa­mento sull’eleggibilità dei sena­tori, per quanto auspi­ca­bile, dovrebbe poter con­tare su un’interpretazione disin­volta del rego­la­mento da parte del pre­si­dente Grasso. Che non è impos­si­bile, come dimo­strano i pre­ce­denti dei «can­guri», tutti però con­so­nanti ai desi­deri del governo. La con­tra­rietà del pre­si­dente del Con­si­glio fa pen­sare che quella strada debba con­si­de­rarsi chiusa.

Anche il piano B che Renzi e i ren­ziani stanno offrendo ai soste­ni­tori del senato elet­tivo può risol­versi in una falsa pro­messa. Dicono che, blin­data la riforma, si potrà agire sulla legge attua­tiva, quella che a regime det­terà le regole per la sele­zione dei nuovi sena­tori da parte dei con­si­gli regio­nali. La pro­po­sta è quella di ren­dere rico­no­sci­bili i consiglieri-senatori già nel corso delle ele­zioni regio­nali, o in alter­na­tiva di pre­miare i più votati. Ma c’è un pro­blema: il nuovo senato sarà organo per­pe­tuo, che si rin­nova senza pas­sare per lo scio­gli­mento. L’eventuale nuova legge si appli­che­rebbe dalle ele­zioni regio­nali del 2020 e prima di allora (e anche dopo) dovreb­bero coe­si­stere sena­tori con due diverse legit­ti­ma­zioni.

La con­fu­sione è pro­ba­bil­mente un indice delle dif­fi­coltà che Renzi vede davanti a sé, dal momento che al senato la mag­gio­ranza può con­tare su un van­tag­gio assai ristretto. È vero che Forza Ita­lia è ormai ter­reno di con­qui­sta, ma dall’altra parte si pre­senta deter­mi­nata la pat­tu­glia di venti sena­tori dis­si­denti del Pd. Renzi mette già in conto qual­che modi­fica alla riforma costi­tu­zio­nale (magari le stesse che alla camera è stato impos­si­bile discu­tere), pur­ché il per­corso della revi­sione sia com­ple­tato entro quest’anno. Eppure ieri ha voluto pre­ci­sare che «l’Italicum è effi­cace anche senza riforma costi­tu­zio­nale» — quindi anche se il senato rimarrà elet­tivo — mal­grado si tratti di una legge elet­to­rale riser­vata alla sola camera.

Ita­li­cum che è stato pub­bli­cato in Gaz­zetta uffi­ciale, ma che sarà valido, –per la «clau­sola di sal­va­guar­dia» — solo dal luglio 2016. I suoi avver­sari nel frat­tempo si orga­niz­zano e Pippo Civati pre­sen­terà oggi due que­siti refe­ren­dari con i quali si pos­sono smon­tare alcuni degli aspetti più cri­tici della legge: i capi­li­sta bloc­cati e le plu­ri­can­di­da­ture; «aspetti che tur­bano», ha detto ieri Romano Prodi, per­ché «in que­sto modo si gesti­scono dall’alto un numero rile­van­tis­simo di par­la­men­tari». Con il refe­ren­dum si potrebbe anche pen­sare di far cadere il turno di bal­lot­tag­gio, tra­sfor­mando così l’Italicum in una legge pro­por­zio­nale nel caso nes­suna lista rag­giun­gesse il 40%, soglia pre­vi­sta per il pre­mio di mag­gio­ranza. Ma sono aspetti che andranno appro­fon­diti, dal momento che la giu­ri­spru­denza della Corte costi­tu­zio­nale in mate­ria di refe­ren­dum elet­to­rali è assai rigo­rosa. Non si può rischiare di rac­co­gliere le firme invano.Riforme. Ottenuto l’Italicum, il segretario del Pd ritira la sua offerta alle minoranze. E Civati presenta i referendum che potrebbero smontare la nuova legge elettorale. Contro i pluri candidati che †turbano» Prodi

«A me sem­bra molto com­pli­cato tor­nare all’eleggibilità del senato, sia da un punto di vista tec­nico che poli­tico. L’articolo due della riforma sostan­zial­mente è chiuso». Così diceva ieri mat­tina Mat­teo Renzi. Ed era lo stesso che un mese fa assi­cu­rava: «Cam­biare la riforma costi­tu­zio­nale? Tor­nare al senato elet­tivo? Per me si può fare». Anche il suo inter­vi­sta­tore era lo stesso, il gior­na­li­sta di Repub­blica Clau­dio Tito — allora su carta, ieri in video. Cos’è cam­biato nel frat­tempo? Il primo Renzi, quello di un mese fa, parla alla vigi­lia del voto finale sull’Italicum. «Il lea­der del Pd gioca la carta della trat­ta­tiva sulla riforma costi­tu­zio­nale», è la sin­tesi del gior­nale amico. Nel frat­tempo il voto c’è stato, qual­cuno ha cre­duto alla pro­messa e i dis­sensi non sono bastati a fer­mare la nuova legge elettorale.

Il para­dosso è che ha più ragione il Renzi di oggi che quello di metà aprile. Come sanno bene i depu­tati della mino­ranza Pd che ave­vano pro­vato a cam­biare l’articolo 2 della riforma costi­tu­zio­nale, ma erano stati bat­tuti (da un contro-emendamento del futuro capo­gruppo Rosato) pro­prio per­ché al governo inte­res­sava appro­vare la legge in un testo «blin­dato», non più modi­fi­ca­bile al senato. A que­sto punto un ripen­sa­mento sull’eleggibilità dei sena­tori, per quanto auspi­ca­bile, dovrebbe poter con­tare su un’interpretazione disin­volta del rego­la­mento da parte del pre­si­dente Grasso. Che non è impos­si­bile, come dimo­strano i pre­ce­denti dei «can­guri», tutti però con­so­nanti ai desi­deri del governo. La con­tra­rietà del pre­si­dente del Con­si­glio fa pen­sare che quella strada debba con­si­de­rarsi chiusa.

Anche il piano B che Renzi e i ren­ziani stanno offrendo ai soste­ni­tori del senato elet­tivo può risol­versi in una falsa pro­messa. Dicono che, blin­data la riforma, si potrà agire sulla legge attua­tiva, quella che a regime det­terà le regole per la sele­zione dei nuovi sena­tori da parte dei con­si­gli regio­nali. La pro­po­sta è quella di ren­dere rico­no­sci­bili i consiglieri-senatori già nel corso delle ele­zioni regio­nali, o in alter­na­tiva di pre­miare i più votati. Ma c’è un pro­blema: il nuovo senato sarà organo per­pe­tuo, che si rin­nova senza pas­sare per lo scio­gli­mento. L’eventuale nuova legge si appli­che­rebbe dalle ele­zioni regio­nali del 2020 e prima di allora (e anche dopo) dovreb­bero coe­si­stere sena­tori con due diverse legit­ti­ma­zioni.

La con­fu­sione è pro­ba­bil­mente un indice delle dif­fi­coltà che Renzi vede davanti a sé, dal momento che al senato la mag­gio­ranza può con­tare su un van­tag­gio assai ristretto. È vero che Forza Ita­lia è ormai ter­reno di con­qui­sta, ma dall’altra parte si pre­senta deter­mi­nata la pat­tu­glia di venti sena­tori dis­si­denti del Pd. Renzi mette già in conto qual­che modi­fica alla riforma costi­tu­zio­nale (magari le stesse che alla camera è stato impos­si­bile discu­tere), pur­ché il per­corso della revi­sione sia com­ple­tato entro quest’anno. Eppure ieri ha voluto pre­ci­sare che «l’Italicum è effi­cace anche senza riforma costi­tu­zio­nale» — quindi anche se il senato rimarrà elet­tivo — mal­grado si tratti di una legge elet­to­rale riser­vata alla sola camera.

Ita­li­cum che è stato pub­bli­cato in Gaz­zetta uffi­ciale, ma che sarà valido, –per la «clau­sola di sal­va­guar­dia» — solo dal luglio 2016. I suoi avver­sari nel frat­tempo si orga­niz­zano e Pippo Civati pre­sen­terà oggi due que­siti refe­ren­dari con i quali si pos­sono smon­tare alcuni degli aspetti più cri­tici della legge: i capi­li­sta bloc­cati e le plu­ri­can­di­da­ture; «aspetti che tur­bano», ha detto ieri Romano Prodi, per­ché «in que­sto modo si gesti­scono dall’alto un numero rile­van­tis­simo di par­la­men­tari». Con il refe­ren­dum si potrebbe anche pen­sare di far cadere il turno di bal­lot­tag­gio, tra­sfor­mando così l’Italicum in una legge pro­por­zio­nale nel caso nes­suna lista rag­giun­gesse il 40%, soglia pre­vi­sta per il pre­mio di mag­gio­ranza. Ma sono aspetti che andranno appro­fon­diti, dal momento che la giu­ri­spru­denza della Corte costi­tu­zio­nale in mate­ria di refe­ren­dum elet­to­rali è assai rigo­rosa. Non si può rischiare di rac­co­gliere le firme invano.

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