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Andrea Fabozzi
Retromarcia del bullo
28 Gennaio 2014
Articoli del 2014
Ogni giorno ci domandiamo se è peggio essere comandati dal Caimano direttamente o attraverso il suo pupazzo. Il
Ogni giorno ci domandiamo se è peggio essere comandati dal Caimano direttamente o attraverso il suo pupazzo. Il

manifesto, 27 gennaio 2014

Ver­dini e Ber­lu­sconi li ha ascol­tati volen­tieri, ma le osser­va­zioni cri­ti­che dei mag­giori costi­tu­zio­na­li­sti ita­liani no: quelle lo hanno fatto inner­vo­sire. Mat­teo Renzi ha preso male l’appello dei giu­ri­sti con­tro il suo pro­getto di riforma elet­to­rale; lo hanno fir­mato da Azza­riti a Car­las­sare, da Fer­ra­joli a Fer­rara, da Rodotà a Vil­lone e il mani­fe­sto lo ha pub­bli­cato dome­nica. «Un mani­polo di scien­ziati del diritto», li ha defi­niti sprez­zante il segre­ta­rio del Pd, usando il lin­guag­gio che gli serve a inten­dersi con il Cava­liere.
Cava­liere che per le sue «por­cate» elet­to­rali o ad per­so­nam del resto faceva lo stesso. Tirava avanti comun­que, per poi sbat­tere rego­lar­mente con­tro la Corte Costi­tu­zio­nale. A quel punto, però, quelle leggi ave­vano già fatto danni. Per l’Italicum si intra­vede un destino simile. In effetti è ancora una legge fir­mata Berlusconi.

Chi avesse preso sul serio gli infi­niti discorsi di Renzi sull’importanza del «merito», con­trap­po­sto al par­lar vano della poli­tica, avrebbe di che sor­pren­dersi ascol­tan­dolo adesso inso­len­tirsi per le cri­ti­che nel merito dei giu­ri­sti. «Se non si fa que­sta legge elet­to­rale ci tocca il governo con Ber­lu­sconi», spiega spic­cio il segre­ta­rio. A guar­dare sotto la spoc­chia les­si­cale que­sto è il suo unico argo­mento. Cioè, una riforma che ampli­fica i disa­stri della legge Cal­de­roli, ignora le osser­va­zioni della Con­sulta e regala a una mino­ranza un pre­mio spro­po­si­tato è una neces­sità poli­tica? Tac­cia allora chi si pre­oc­cupa dei prin­cipi costi­tu­zio­nali. Ma se al sin­daco di Firenze inte­ressa que­sto e basta, vin­cere il famoso giorno dopo le ele­zioni, o meglio ancora quello prima, se il rispetto della volontà popo­lare è solo una fisima degli «scien­ziati del diritto», allora ha pos­si­bi­lità infi­ni­ta­mente mag­giori. Ver­dini è un buon gio­ca­tore ma Ber­lu­sconi è un po’ appan­nato, per­ché Renzi non se la gioca a poker?

La Corte Costi­tu­zio­nale ha appena scritto che «le assem­blee par­la­men­tari si fon­dano sull’espressione del voto e quindi della sovra­nità popo­lare». Renzi risponde pro­po­nendo un senato di ammi­ni­stra­tori locali non eletti ma coop­tati e una camera dove appli­cando l’Italicum all’ultimo son­dag­gio viene fuori che con il 22% dei voti al primo turno, e tutti i suoi alleati sotto la soglia, Forza Ita­lia può pren­dere il 52% dei seggi.

Un pre­mio del 30% che tra­sforma in cigno anche il Por­cel­lum, che in fondo non è andato oltre un più 25% (comun­que troppo per la Con­sulta). Così almeno era la legge che il segre­ta­rio del Pd ha pre­sen­tato al suo par­tito, accom­pa­gnan­dola con un peren­to­rio «pren­dere o lasciare». Un ulti­ma­tum che ha già dovuto riti­rare. Le soglie assurde che pos­sono lasciar fuori par­titi con due milioni e mezzo di voti si vanno abbas­sando. L’editto che riscrive l’aritmetica tra­sfor­mando per legge il 35% in mag­gio­ranza si può cor­reg­gere. Anche quel Ghino di Tacco tro­vava i suoi osta­coli e Renzi, bul­li­smi a parte, deve ras­se­gnarsi a ridurre almeno un po’ il suo danno.

Ma il danno resta. Soprat­tutto per­ché alla crisi della rap­pre­sen­tanza, al mon­tare dei popu­li­smi e all’esplosione dell’astensionismo, Renzi con­ti­nua a rispon­dere con la droga tutta ita­liana del mag­gio­ri­ta­rio spinto. Non cam­bia verso, torna indie­tro. Ci riporta all’inizio del tun­nel ber­lu­sco­niano. Disprezza le ragioni del diritto e della Costi­tu­zione, que­sto è chiaro. Ma con la poli­tica non va meglio.

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